Da questa sera è il nuovo cappellano del carcere: "Saranno i reclusi a insegnarmi cos'è. Per me è una missione tra gli ultimi, i poveri, gli stranieri"
Si chiama Stefano Zuin e questa sera celebrerà la messa della Vigilia di Natale con l'arcivescovo a Spini di Gardolo. E' un padre combiniano. Arriva dalle missioni africane, ha fatto esperienza in Sud America. "Sono un missionario, ho sempre la valigia pronta. Tisi mi ha detto 'vai lì dentro che c'è tanto Sud del mondo'"

TRENTO. Si chiama Stefano Zuin il padre comboniano che prenderà possesso del suo nuovo incarico proprio nel giorno della vigilia di Natale. Stasera celebrerà la messa nella casa circondariale di Spini di Gardolo assieme al vescovo Lauro Tisi. Sarà il nuovo cappellano del carcere di Trento.
Lui è un missionario, “uno con la valigia in mano, pronto a partire in ogni momento”. Sessantasette anni, di esperienze ne ha fatte da vendere: America Latina, “la mia prima missione, 10 anni in Equador”, poi in Africa, “sono stato 19 anni tra il Malawi e l'o Zambia”.
Quando mi offre un caffè e dico no perché mi fa venire il mal di stomaco mi guarda e dice: “Avrai la gastrite, e darai la colpa allo stress. Ma lo sai che in Africa lo stress no ce l'ha nessuno? Solo qui in Europa. I poveri non hanno tempo per lo stress”.
Padre Stefano, lei sarà il nuovo cappellano del carcere.
Ho ricevuto la nomina solo qualche giorno fa. Sono stato indicato dal vescovo Tisi ma poi la 'benedizione' me la dovevano dare anche dal Ministero di Grazia e Giustizia. Ed è arrivata pochi giorni fa, oggi è il mio primo giorno.
E quando il vescovo le ha chiesto la disponibilità cosa ha fatto, ci ha pensato molto prima di accettare?
Ad essere sincero credo che questa sia stata una delle obbedienze più veloci della mia vita. 'Ho pensato a te', mi ha detto il vescovo. Ho risposto che non ho nessuna esperienza, che imparerò strada facendo, ma ho detto subito di sì. Ma l'ho anche avvertito che sono un missionario.
In che senso?
Che la mia valigia è sempre pronta, che il mio modo di vedere la missione è quello comboniano, America Latina, Africa. Ma in fondo...
… in fondo anche questa è una missione.
Infatti condivido il punto di vista del vescovo, anche qui c'è da fare, anche nella ricca Europa ci sono poveri e ultimi, e in carcere ci sono ultimi, poveri e stranieri.
Chissà perché il vescovo ha pensato proprio a lei.
Me l'ha detto: 'Ci sono tante persone del Sud del mondo in carcere, più della metà, e anche lì potrai mettere al servizio il tuo carisma di padre comboniano'. Il carisma di essere 'per i più poveri e per i più abbandonati', come diceva il nostro fondatore.
Lei sostituirà padre Fabrizio Forti che è morto pochi mesi fa.
Sì, una persona che non conoscevo in modo approfondito ma di cui si sente il forte carisma da come ne parlano i carcerati e le persone che in carcere ci lavorano. Una persona diretta, mi dicono, anche rude a volte. Ai detenuti diceva questo: 'Devi chiedere scusa di quello che hai fatto. A Dio, alla tua famiglia. E devi ricominciare una vita nuova'.
Sarà difficile sostituirlo, lui che aveva una così grande esperienza del mondo della povertà e dell'esclusione trentina.
Per me il carcere è un mondo tutto da scoprire. Ci vado in punta di piedi, mettendo in pratica la frase che più mi è rimasta impressa fin da quando ero bambino: 'I sentieri si aprono camminando'. E voglio camminare con loro, saranno i carcerati stessi a insegnarmi il carcere.
Il carcere si scopre anche leggendo il Vangelo: le Beatitudini lo dicono chiaramente: “Beati i poveri, i perseguitati dalla legge, gli stranieri, gli assetati e gli affamati di giustizia”
Piano piano, ma il Signore non dice beati voi che avete fatto tutte queste cose e magari anche violenza e altri reati. Non si tratta di una giustificazione, la beatitudine per un carcerato sta nella capacità di pentirsi, di vivere il perdono, di convertirsi, nel cambiare vita e nel non perdere la speranza. Ma di certo qualcuno ci precederà...
Verso il Regno dei Cieli dice?
Ah sì, qualche ricco, anche qualche cardinale si vedrà passare avanti una povera vecchietta sulla via verso il Cielo, o un carcerato, o perché no una prostituta. Perché noi ora misuriamo le persone con la legge, ma Dio tiene conto di molte altre cose per giudicarci.
Anche questo dice Matteo: “Ero prigioniero e mi avete visitato”... Ma il carcere è messo ai margini della comunità, il detenuto è un emarginato, una persona a cui spesso non viene data un'altra chance.
Ci sono cristiani che si sentono già arrivati e giudicano. Ma non giudicate, spetta al Signore questo. Dobbiamo invece perdonare, e dare a tutti la possibilità di cambiare. E la comunità deve dare sostegno al cambiamento, deve accogliere. So che ci sono volontari, cooperative, insegnanti che operano a Spini.
Questo è il senso del carcere con finalità rieducative e non di pura condanna.
Chi lavora all'interno deve avere uno sguardo di misericordia. A differenza che altrove, rispetto ad altre realtà la struttura di Trento è bella, è nuova, ma non basta. Bisogna animarla tutti i giorni con un'umanità autentica. A questo sono chiamati anche i lavoratori che operano all'interno, i dirigenti che guidano la struttura.
Come sono le carceri nel mondo, lei avrà visto tante situazioni nei suoi anni di missione?
In alcune parti del mondo il carcere è un castigo, oppure tortura continua, oppure fame e sete. Ho visto le carceri sudamericane, africane. In Europa per fortuna vale ancora l'insegnamento di Cesare Beccaria. E questo è un vantaggio per improntare un percorso di correzione e di cambiamento.