I Letrari di Rovereto premiati a Roma, una famiglia trentina simbolo della rinascita del vino italiano
La realtà roveretana è operativa dal 1647 e l'emblema della azienda è lo spumante metodo classico. La scommessa del vino per il turismo del futuro tra cultura, integrazione, salute e sostenibilità

ROMA. Trent'anni, per brindisi non solo augurali. Sei lustri che danno davvero lustro al vino, a quello che lega alla sua vocazione il nome del comune dove vite e vino hanno la stessa sintonia. Roma, nella suggestiva sala Protomoteca del Campidoglio sono stati premiati i protagonisti della rinascita del vino italiano. Nomi forse meno eclatanti, ma aziende fondamentali nella promozione del legame territorio con il valore enologico.
Produzioni che diventano cultura borghigiana, integrazione, salute e facile sostenibilità. Aziende che hanno abbandonato facili individualismi e puntato sulla promozione corale del buon bere. Tra la ventina di personaggi simbolo ecco una famiglia trentina che davvero ha scritto la recente evoluzione enoica delle Dolomiti: i Letrari di Rovereto.
Il patriaca, l'indomito Nello, oggi non era presente al Campidoglio, ma c'era con lo spirito: la sua grinta purtroppo è minata da alcuni problemi di vista, ma Lucia, sua figlia, ha degnamente rappresentato non solo l'impegno dinastico - fanno vino dal 1647, prima in quel di Avio, poi al servizio del Bossi Fedrigotti e da oltre 40 anni nella loro cantina roveretana, lo spumante classico come emblema - ma pure i tanti comuni trentini che sono parte integrante dell'associazione città del vino. Trento, Rovereto,solo per citare le maggiori, ma anche Aldeno, Isera, Avio, Cembra, Ala, Faedo, Brentonico, Mori, Madruzzo e tante altri ancora, senza dimenticare Bolzano e alcuni comuni dolomitici.
Comuni enoici, oltre 400 in Italia, aree dove la cultura del vino diventa sostegno ambientale, rispetto urbanistico, valori e pure occupazione. Lo hanno ribadito i dirigenti dell'associazione, constatando come il tasso di disoccupazione nei comuni enoici sia di oltre tre punti per cento inferiore alla media italiana.
Convention romana per dare spazio a mercati lontani, ospite la Corea, ma anche il Portogallo e delegazioni di alcuni paesi viticoli europei. Tutti decisi a mettere in rete il valore del vino, concentrando progetti di finanziamento e strategie unitarie di sviluppo. Spronando le amministrazioni comunali - in Trentino bisognerebbe forse insistere maggiormente - a investire sul turismo enogastronomico, a scommettere sul vino come valore territoriale.
Vino che deve recuperare il fascino del mito e il valore storico. Tra fascino ed economia. Come magistralmente ribadito nella sua lezione dal professore Attilio Scienza, massimo esperto mondiale della vite, docente universitario e trentino doc. Per proseguire ben oltre il traguardo (autorevole) dei trent'anni dell'associazione. Puntando sulla genetica - avere viti sane per vini decisamente al servizio sia del vignaiolo che di noi consumatori - senza alcuna modificazione transgenica. Usando la scienza, contro paure e falsi concetti, proprio per bere bene e con ulteriori garanzie salutistiche.