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Hasta la victoria, Fidel Castro lascia partire i titoli di coda sul '900. Associazione Italia-Cuba Trento: "I valori della rivoluzione restano"

Il lìder maximo è scomparso all'età di 90 anni. Alle 4.29 ora italiana di sabato 26 novembre, il saluto "Hasta la victoria, siempre" pronunciato da Raul Castro al fratello maggiore Fidel, lascia partire i titoli di coda su un pezzo importante del secolo breve: una figura che ha fatto la storia e diviso il mondo. I funerali il 4 dicembre

Di Luca Andreazza - 27 novembre 2016 - 18:00

TRENTO. O la ami o la odi. Cuba ha rappresentato per molti un modello e una luce nel vuoto dell'imperialismo dilagante, per tanti altri invece una dittatura in piena regola. E dalle 4.29 ora italiana di sabato 26 novembre, il saluto "Hasta la victoria, siempre" pronunciato da Raul Castro al fratello maggiore Fidel, lascia partire i titoli di coda su un pezzo importante del secolo breve e un suo indiscusso gigante.

 

Si inizia dalla fine. E forse il primo assaggio dello scorrere del tempo  avviene prima nel 2010 con il passaggio di consegne al fratello Raul e quindi nel 2014 con la normalizzazione nei rapporti con gli Stati Uniti. "Un percorso di disgelo iniziato sotto traccia già da Fidel Castro - spiega Silvano Tartarotti, segretario dell'Associazione Italia-Cuba Trento - e concluso dal fratello Raul. In realtà si tratta comunque più di un'operazione di facciata che di sostanza, la vita dei cubani ha visto delle aperture, ma Obama non ha tolto l'embargo". 

 

L'ingresso sul palcoscenico mondiale quell'8 gennaio 1959 è da rock star: volto trionfante, in piedi sulla jeep, una lunga barba e una divisa militare verde oliva. Un lampo nella 'monotonia' della guerra fredda, una variabile che getterà il mondo sull'orlo della tanto temuta guerra nucleare per 13 giorni.

 

"Fidel Castro e il Che - continua Silvano - sono stati l'emblema della rivoluzione, per tanti un ideale da seguire. Un faro della liberazione: Cuba è intervenuta nel 1975 in Angola, mentre è stata il primo paese visitato da Nelson Mandela, quando è uscito dal carcere, per le azioni intraprese in Sud Africa e contro l'apartheid".

 

La morte di Fidel Castro, il lìder maximo, all'età di 90 anni e dopo essere stato lentamente fiaccato dalla diverticolite all'intestino, chiude un'epoca che ha diviso e condizionato. Un'icona mondiale positiva e negativa. Una figura capace di calamitare l'attenzione internazionale sull'Avana e posizionare geograficamente l'isola al grido di quell'Hasta la victoria, siempre.

 

"L'isola viene dipinta nel mondo occidentale come una dittatura, ma Cuba è una realtà sviluppata sugli ideali di casa, istruzione e sanità. Non è un paese ricco, ma nulla a che vedere con la povertà e i sistemi istituzionali di Haiti, Panama oppure Porto Rico per citarne alcuni".

 

"La popolazione lo considera il papà di tutti i cubani: ha ridato libertà, riforme e dignità, contro la mercificazione dell'imperialismo. E' stato il primo paese alfabetizzato del Sudamerica, passando dal 30% al 97% in appena due anni. Forse sparisce un po' di magia - conclude - ma il percorso della rivoluzione continuerà. Fidel Castro diceva che un altro paese non avrebbe potuto porre fine al socialismo di Cuba, solamente un'implosione dei suoi cittadini".

 

Riavvolgiamo il nastro. Nato il 13 agosto 1926 e laureato in legge, Fidel Castro assapora il carcere per aver guidato nel 1953 un disastroso assalto di ribelli al cuartel Moncada, una caserma dell'esercito vicino a Santiago, la seconda città dell'isola. Arrestato, viene condannato a 15 anni: dopo aver scontato poco più di un anno della pena, passerà in esilio diciotto mesi spostandosi fra Messico e Stati Uniti.

 

Il 2 dicembre del '56 torna clandestinamente nella sua Cuba a bordo del "Granma" in compagnia di 88 compagni. La maggior parte dei ribelli morirà subito dopo lo sbarco ma una quindicina (dodici come gli apostoli secondo la leggenda, ndr) di uomini riuscirà a raggiungere le montagne della Sierra Maestra, il quartier generale da dove partirà la guerriglia.
 

Fidel Castro è il capo indiscusso della Revolucion che libera Cuba dal dittatore Fulgencio Batista, figura legata alla Mafia italo-americana e al boss Lucky Luciano, che nella notte di Capodanno del 1959 vola via con 100 milioni di dollari e pochi fedelissimi per rifugiarsi nella Repubblica Dominicana. 

 

Nonostante quanto i rapporti odierni facciano supporre, gli americani furono i primi a riconoscere il nuovo governo e il lìder maximo viene accolto fra gli onori alla Casa Bianca. Nel frattempo Cuba vive mesi caotici e si trova al bivio per la via socialista oppure l'ascesa della democrazia e delle libere elezioni. Il fronte interno si spacca, i dissidenti e i non allineati seguono il destino della frangia che aveva appoggiato la dittatura di Batista: processi sommari e carcere, in alcuni casi anche la condanna morte

 

La trama è intensa e nel 1960 avviene la svolta: il primo ministro sovietico, Anastas Mikojan, atterra all'Avana e firma l'accordo commerciale che provocherà la definitiva rottura delle relazioni con Washington. Questa tensione si traduce nella spedizione della Baia dei Porci. E' il 17 aprile 1961 e un piccolo esercito d'invasione composto da 1.500 esuli cubani, addestrati e finanziati dalla Cia, proverà a sbarcare sull'isola per rovesciare il nuovo governo (il primo di oltre 600 tentativi, ndr). Gli Stati Uniti naufragano però in un impasse: John Kennedy, succeduto a Nixon e Eisenhower, si rifiuterà di timbrare come sua un'operazione decisa da altri e impedirà ai caccia dell'aviazione Usa di appoggiare lo sbarco, sabotando di fatto la spedizione.

 

Nell'ottobre 1962 la guerra fredda rischia di diventare incandescente, i rapporti Stati Uniti e Unione Sovietica vivono una crisi di nervi e il mondo impallidisce: siamo all'episodio della crisi dei missili. Gli americani scoprono l'installazione di rampe di lancio sovietiche per testate nucleari e per 13 giorni si prospetta una guerra atomica. Quindi giunge il compromesso: gli States promettono di non promuovere invasioni dell'isola e Mosca di non armarla con testate nucleari. 

 

A cavallo fra il 1963 e il 1964 i rapporti fra il lìder maximo e il Che si deteriorano e il copione vede uscire di scena una punta di diamante della Rivoluzione: Cuba entra nel Patto di Varsavia e si colloca definitivamente nell'orbita dei paesi socialisti, ma il Che Guevara è deluso dalla scelta, la sua opinione è che l'Urss sia per il Terzo mondo una potenza imperialista come gli Stati Uniti e per questo motivo si allontanerà progressivamente dal gruppo dirigente fino alla tragica fine in Bolivia dove verrà assassinato nell'ottobre del 1967.

 

L'Unione Sovietica investirà miliardi e aiuti tutti i generi per conservare l'avamposto strategico di Cuba a 90 miglia dagli Stati Uniti. Sono anni d'oro per Cuba che però si trova nel guado: da un lato un esempio per la qualità del suo socialismo nell'ambito dell'istruzione scuole e della sanità, ma dall'altro gli ideali rivoluzionari finiscono in parte nel cassetto.

Nel 1980 si registra l'esodo del Mariel: migliaia di cubani raggiungono gli Stati Uniti, quindi tutto rientra nella normalità fino alla Caduta del Muro di Berlino Fidel Castro inizia a non guardare più verso Mosca. La Russia implode, si converte e il Comecon sfuma, mentre a Cuba il tempo si ferma, così come i finanziamenti del gigante euroasiatico: è l'inizio di una crisi economica fortissima e la scoperta del turismo e dell'alleanza con il Venezuela nel 1998.

 

Tra il 1992 e il 2006 Fidel Castro ha due gravissime crisi per la diverticolite all'intestino, quindi piano piano esce di scena, fino a sabato 26 novembre. Ora è tempo di lasciare alla storia che lo giudicherà.

 

 

 

 

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