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Diritti del fanciullo, scendono in campo i mediatori: "Anche nelle scuole serve più dialogo per superare i conflitti"

Oggi è l'anniversario della Convenzione dei diritti del Fanciullo che ha cambiato la visione che il mondo aveva del bambino. E tra divorzi, bullismo, questioni relazionali legati anche al tema dell'immigrazione le sfide per garantire loro la felicità sono sempre più difficili. Ne abbiamo parlato con la presidente di Medes 

Di Luca Pianesi - 20 novembre 2016 - 15:23

TRENTO. Ventisette anni che si sono rivelati essere una piccola rivoluzione. Ventisette anni che hanno fatto cambiare tutto nella percezione comune della gente, nei costumi, nel modo di pensare e soprattutto nel modo di approcciarsi, ai bambini. Il 20 novembre 1989, infatti, veniva approvata la Convenzione dei diritti del Fanciullo da parte dell'Assemblea generale delle Nazioni unite. Un momento epocale perché da quel momento in poi il bambino è diventato qualcosa di diverso da prima. Da "piccolo uomo" o "piccola donna" di "proprietà" dei genitori ha cominciato ad assumere una sua soggettività. Si è cominciato ad ascoltare la sua voce nelle cause di separazione, a mettere davanti a tutto la sua sicurezza, i suoi diritti. Tra questi anche e soprattutto il diritto ad essere un bambino, pure a scapito di potestà genitoriali o egoismi familiari.

 

Oggi si celebra quella data, in un momento storico di grande confusione anche per quanto riguarda i minori. Sul tavolo ci sono tantissimi temi: su tutti quello dei bambini che scompaiono, uno ogni due minuti in Europa, secondo i dati di Europol, mentre sono 10 mila i minorenni stranieri non accompagnati che solo nel 2015 sono svaniti nel nulla dopo il loro arrivo in Europa (e del tema ce ne siamo occupati anche noi). E poi ci sono le scuole, i nuovi rapporti che si instaurano nel mondo multi etnico e multi culturale tra bambini provenienti da Stati diversi. C'è il bullismo. E ci sono i problemi legati ai "nuovi genitori". Per celebrare quel 20 novembre 1989 abbiamo, allora, deciso di guardare avanti. Cosa si potrebbe fare in ottica futura? Una risposta viene dal mondo della mediazione. Abbiamo intervistato la presidente dell'associazione nazionale di mediazione e di solidarietà per la famiglia e la comunità (Medes) Lalla Facco. Un ente nato nel 2006 ad opera di un gruppo di mediatori familiari e comunitari, dopo aver concluso il master di II livello dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, che oggi vanta operatori in quasi tutta Italia (Trento compresa).

 

"C'è un problema di emancipazione intesa anche come assunzione di responsabilità nei diversi ruoli - ci spiega -. I confini, infatti, non esistono più e spesso genitori e figli finiscono per fare le stesse cose. Quanti papà passano più tempo alla PlayStation dei loro figli oggi? E poi i genitori non riconoscono il ruolo degli insegnanti e di conseguenza i bambini faticano a portargli rispetto. Insomma c'è una grossa confusione che si può tentare di superare con la mediazione e con i mediatori, figure altamente specializzate che cercano di affrontare i problemi in maniera diversa dal contenzioso".   

 

Il contenzioso, come detto, entra anche a scuola (non solo tra adulti, tra vicini di casa, tra concittadini, tra residenti e immigrati). "E la scuola deve cominciare a prendersi qualche responsabilità - prosegue Facco - proprio per far fare un passo in avanti alla società nel suo relazionarsi con i bambini. Che poi saranno gli adulti di domani, non dimentichiamolo. La scuola non può insegnare solo la geografia e la matematica ma deve prendersi anche la responsabilità di insegnare ai bambini come si diventa grandi. Come si affrontano gli scontri, i problemi. La scuola deve essere un luogo dove i giovani imparano a relazionarsi e che ogni contenzioso si può risolvere con il dialogo. Oggi, invece, - prosegue la presidente di Medes - la scuola è completamente avulsa da qualsiasi percorso di confronto. A scuola si va a lezione, punto. Se ci sono dei problemi, le soluzioni si lascia sia il mondo esterno a cercarle. Invece andrebbero affrontate anche in classe cercando di capire i perché e i percome. E noi come mediatori nasciamo proprio per questo. Per fare cultura del confronto. Ma serve un progetto politico che metta al centro dell'attenzione anche questi aspetti dell'educazione del fanciullo". 

 


 

E poi ci sono i bambini delle coppie che si separano. Cinque giorni fa l'Istat ha comunicato i dati sui divorzi nel 2015 che ammontano a 82.469 (+57% sul 2014). Più contenuto è l'aumento delle separazioni, pari a 91.706 (+2,7% rispetto al 2014). Nel 2015, poi, le separazioni con figli in affido condiviso sono stati circa l'89% di tutte le separazioni con affido. Soltanto l'8,9% dei figli è affidato esclusivamente alla madre. "Dal 2006 anche l'opinione del bambino va ascoltata nelle cause di separazione - conclude Facco - ed ecco allora che anche in questo caso diventano molto importanti i gruppi di parola con i fanciulli che li aiutano, da un lato a metabolizzare quanto sta accadendo (quante volte capita che il bimbo si senta responsabile della separazione dei genitori? Tantissime) e dall'altro a spiegare lui cosa vuole per sé. Perché i fanciulli, per fortuna, da 27 anni hanno veri e propri diritti. Su tutti quello di essere felici. Impariamo ad ascoltarli e a dargli la possibilità di parlare".

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