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Carcere, il sindacato delle guardie penitenziarie: "Serve personale", Unione dei lavoratori di polizia: "Bisogna aprire un Cie"

Il personale della casa circondariale di Trento ha manifestato contro la carenza di unità lavorative e sicurezza a fronte del sovraffollamento di detenuti. L'Unione dei lavoratori di polizia: "Manca un ricambio generazionale"

Di Luca Andreazza - 17 febbraio 2017 - 21:58

TRENTO. "Il protocollo Stato-Provincia è stato disatteso - dice Giovanni Vona, segretario nazionale del Seppe, il sindacato autonomo di polizia penitenziaria - chiediamo provvedimenti eccezionali e straordinari per integrare immediatamente il personale. Vogliamo dignità lavorativa e maggiori sicurezze per persone che garantiscono un servizio importante per la comunità". I detenuti nel carcere di Trento sono 370 (i posti sono 415) a fronte di 130 guardie carcerarie rispetto alle 214 unità previste. "Non è un posto di lavoro normale - incalza il segretario - se una guardia sbaglia, rischia molto: in capo al personale penitenziario ci sono grandi responsabilità, non solo dal punto di vista della carriera e del profilo economico. E' necessario portare il lavoro all'interno della casa circondariale per reinserire i detenuti e accelerare l'inserimento di nuovi operatori".

 

Unità già risicate a luglio 2016, quando il Garante dei detenuti nella sua relazione sulla visita alla casa circondariale di Trento sottolineava che "le guardie sono centotrentasette, ventuno delle quali distaccate, quarantacinque hanno un incarico fisso, mentre solo novantadue unità coprono i turni. Il numero appare ridotto per la dimensione dell'istituto". Il quadro non è cambiato e il concetto ribadito ancora una volta: "Questa situazione - continua Vona - crea tensione e nervosismo all'interno del carcere, il personale si sacrifica, copre diversi turni e adempie a compiti di tre persone: si riesce a portare a casa il minimo, ma un carcerato entra in un modo e può uscire peggio. Il limitato numero del personale, infatti, non crea un clima positivo e alcune zone non sono sorvegliate: il detenuto può avere atteggiamenti aggressivi e prevaricatori, possono nascere faide fra carcerati di culture diverse, circa l'80% dei detenuti è di etnia straniera, e si rischia tanto. L'anno scorso abbiamo avuto quattro episodi violenti e una quindicina di agenti feriti (l'ultima volta a inizio mese)".

 

Davanti alla casa circondariale manifesta anche l'Unione generale lavoratori di polizia per "solidarizzare con i colleghi - dice Antonio Petito - e dare una risposta seria alla richiesta di sicurezza dei cittadini: è necessario aprire un Cie nel capoluogo, dove si possano associare quei cittadini stranieri autori di reati colpiti da pene detentive inferiori ai due anni e per quei detenuti con pena residua inferiore ai due anni: questi potrebbero essere avviati all'espulsione con accompagnamento alla frontiera".

 

"E' giusto che i cittadini debbano essere informati su queste problematiche - aggiunge Petito - perché la difficoltà a operare per tutte le forze di polizia a causa della carenza di organico e del mancato ricambio generazionale sono sempre crescenti: un'età media di 51 anni non assicura quell'azione di prevenzione necessaria a garantire la sicurezza. E' inoltre necessario un ammodernamento dei mezzi e delle dotazioni tecniche, nonché di nuovi dispositivi che consentano a tutti gli operatori di operare in sicurezza . La nostra speranza è che la classe politica possa dare le risposte giuste alla domanda di sicurezza dei cittadini e alla richiesta di attenzione degli operatori". 

 

Non manca una nutrita presenza di esponenti comunali e provinciali di centro-destra e destra per portare la propria solidarietà agli operatori: "Oltre alla carenza di personale e al sovraffollamento del carcere 'modello d'Italia' - dice Maurizio Fugatti della Lega Nord - è presente un forte squilibrio per il quale a Trento mandano i casi peggiori: il Ministero adduce diverse scusa per questo atteggiamento. E'necessario intervenire per bilanciare i numeri: a Verona abbiamo quasi un rapporto di un agente per un detenuto, qui il rapporto è un a tre". 

 

"Dellai all'inaugurazione del 2011 aveva fatto promesse diverse - incalza Claudio Cia di Agire - oggi la giunta e gli assessori di maggioranza sono assenti, un comportamento e una situazione opposta a quanto dichiarano".

 

Dopo il breve interludio di una decina di anarchici per protestare contro le violenze in carcere, per Giacomo Bezzi (Forza Italia) è invece importante sensibilizzare l'opinione pubblica e interessare i referenti di Roma per non abbandonare questi professionisti, mentre "Lavorare in sicurezza è un diritto minimo a beneficio di tutta la comunità - conclude Marika Poletti di Fratelli d'Italia -. La maggioranza dei detenuti è recidiva e uno studio di Confcommercio evidenzia come ci sia uno stretto collegamento fra extracomunitari e l'inclinazione a compiere crimini del 148%".

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