Continue richieste di cittadinanza da discendenti di italiani all'estero, a Zoldo si cerca di mettere un freno. Ecco il balzello da 600 euro: "Sovranità a rischio"
Introdotto un balzello di 600 euro per aprire le pratiche per richiedere la cittadinanza italiana, ma la "tassa" non fermerà gli iter: "Così finiamo per danneggiare anche un residente perché il pagamento è dovuto anche sulle richieste presentate per altri motivi, come una ricerca storica, pratiche successorie o iter per un'adozione. Ma non abbiamo alternative"

VAL DI ZOLDO. Un balzello di 600 euro per chiedere in Comune il riconoscimento della cittadinanza italiana per iure sanguinis, ci si ferma invece a 300 euro per chiedere gli estratti di atti anagrafici risalenti a più di un secolo fa. La nuova finanziaria del governo ha introdotto questa possibilità per far fronte alle richieste degli oriundi, un pagamento che, però, difficilmente fermerà gli iter avviati da parte dei discendenti di emigrati italiani.
La macchina pubblica, soprattutto in Veneto, così come in alcune zone del Trentino anche se in forma più marginale, è ingolfata con gli uffici sommersi dalla burocrazia. L'annuncio del governo è arrivato dopo il caso il caso di Seren del Grappa. Un oriundo ha presentato ricorso contro il Comune e il Tar ha riconosciuto le difficoltà degli enti locali a far fronte nei tempi di legge alle tante, troppe, richieste.
"Alla prima seduta della Giunta procederò a introdurre questa possibilità che, però, è un contentino che non risolvere il problema che è molto profondo", dice Camillo De Pellegrin, sindaco di val di Zoldo. "Un cittadino paga più di 10 mila euro per le pratiche, non sono 600 euro a fermare le richieste e non si rimedia a una carenza ormai strutturale di personale nella pubblica amministrazione".
Sono diverse le criticità che mette in luce il primo cittadino. "Si danneggia anche un cittadino italiano, un residente, perché il pagamento è dovuto anche sulle richieste presentate per altri motivi, come una ricerca storica, pratiche successorie o iter per un'adozione. Diversamente si rischierebbe di discriminare le persone".
Molti uffici comunali, in particolare l'anagrafe, sono subissati dalle richieste e nei mesi scorsi si è chiesto un intervento per riuscire a sperare le rivendicazioni degli oriundi di origine italiana, ma è necessario distinguere tra coloro che hanno un vero interesse a mantenere un legame con la terra dei loro avi e chi vede la cittadinanza solo come un’opportunità per ottenere diritti senza sentirsi parte della comunità italiana. Per ora c'è la "tassa".
"Se c'è un ricorso per i tempi d'attesa - prosegue De Pellegrin - il Comune deve spendere per i legali, ma deve anche accantonare le pratiche correnti, che riguardano i residenti, per la necessità di procedere con quelle legate al ricorso del Tar. Si deve intervenire sulla legge del 1992 che concede la cittadinanza iure sanguinis a chiunque abbia un antenato italiano. Così lo Stato rinuncia alla sovranità, considera cittadini italiani persone che non mettono piede sul territorio. Invece le risorse andrebbero utilizzate per l'integrazione di chi è qui, sulle scuole e sulla sanità". Tecnicamente gli oriundi possono anche votare, una volta iscritti nel sistema Aire.
L'auspicio del primo cittadino è che i Comuni Bellunesi adottino una linea uniforme ma anche che la Provincia si occupi della situazione. "Anche le associazioni dovrebbero esporsi e intervenire in modo chiaro: si dovrebbero esporre anche a rischio di perdere amicizie e legami perché questa materia riguarda il funzionamento di uno Stato", conclude De Pellegrin.