Giorgio Piffer, da 30 anni presidente dell'Azzurra: "E pensare che dovevo restare per soli tre mandati. La più grande soddisfazione? I bimbi che si divertono"
"E' un'immensa gioia vedere quelli che un tempo erano piccolini, tornare anni dopo e portare i figli a giocare nei primi calci. In questi anni abbiamo ottenuto anche grandi vittorie, non lo nego, ma non è mai stato quello l'obiettivo principale, anche se siamo riusciti a portare una piccola società di quartiere dalla Seconda Categoria sino alla Promozione con una squadra formata interamente da ragazzi cresciuti nel nostro settore giovanile"

TRENTO. Era il 1994 quando, dopo essere entrato in società alcuni anni prima per seguire il figlio Tamar (uno dei giocatori con più presenze e reti della storia dell'Azzurra San Bartolameo) come dirigente con compiti, come dice lui, "di manovalanza", Giorgio Piffer arrivò in ritardo all'assemblea per il rinnovo delle cariche, che si svolgeva ogni due anni.
Entrò nella sala e tutti lo applaudirono, dicendogli candidamente: "Complimenti, ti abbiamo eletto presidente".
"Avevo avuto un problema in un cantiere - esordisce - e, dunque, arrivai che la riunione era già iniziata da un po'. Ricevuta la comunicazione, dopo qualche attimo di stupore, dissi ai dirigenti: "Ma non pensateci nemmeno. Io mi chiamo fuori". E, invece, dopo 30 anni sono ancora qui. Proprio in questo momento sono al computer e sto svolgendo alcune pratiche per la società".
All'epoca Giorgio Piffer aveva 43 anni e, dopo aver accettato, si diede comunque una "scadenza".
"Dissi che avrei fatto tre mandati - prosegue il presidente dell'Azzurra - e, dunque, sarei stato in carica sei anni e non di più, visto che lo statuto prevede il rinnovo ogni due anni. Il primo mandato fu un mezzo disastro, perché la società non era strutturata al meglio: le iscrizioni e i tesseramenti venivano fatti all'ultimo momento e c'erano tante lacune. Mi ritrovai da solo, cominciai a coinvolgere nuovi dirigenti e genitori di ragazzi che giocavano lì e ripartimmo. Tra l'altro il mio primo anno da presidente coincise con la retrocessione in Terza Categoria. Tornammo subito in "Seconda" con un altro spirito e cercando di migliorare in ogni ambito".
Trent'anni dopo è ancora al comando della società biancazzurra, che conta oltre 250 tesserati tra la prima squadra, che oggi milita in Prima Categoria, la formazione femminile, che guida il campionato d'Eccellenza e punta alla promozione nella serie C nazionale e il settore giovanile.
"E la scorsa estate abbiamo dovuto dire "no" a 35 - 40 ragazzini - spiega - per mancanza di strutture e istruttori, altrimenti i numeri sarebbero ancora più "grandi". La squadra femminile è un orgoglio per la dirigenza e non solamente per i risultati sportivi: nelle ragazze vedo lo stesso spirito che avevamo noi, che oggi abbiamo i capelli bianchi, quando giocavamo. Fanno sacrifici, giocano per il piacere di scendere in campo, si divertono, fanno gruppo. Sono in testa al campionato e a loro abbiamo detto: fate tutto quello che potete per vincere. Al resto ci pensiamo noi. E, infatti, siamo già alla ricerca di sponsor in vista di un'eventuale promozione. Non è certamente semplice, cerchiamo di risparmiare, ma non dirò mai ad una squadra di non giocare per vincere, anche se le vere soddisfazioni di questi anni non sono i successi sportivi".
L'Azzurra è una società strutturata, ma prima di tutto una grande famiglia. Chi veste la maglia biancazzurra, poi "resta" per dare una mano o torna, anni dopo, magari in qualità di genitore.
"La più grande soddisfazione - racconta Piffer - è quella che i bambini imparino ad amare lo sport. Ed è un'immensa gioia vedere quelli che un tempo erano piccolini, tornare anni dopo e portare i figli a giocare nei primi calci. In questi anni abbiamo ottenuto anche grandi vittorie, non lo nego, ma non è mai stato quello l'obiettivo principale anche se siamo riusciti a portare una piccola società di quartiere dalla Seconda Categoria sino alla Promozione con una squadra formata interamente da ragazzi cresciuti nel nostro vivaio.
Appunto l'Azzurra ha militato per diversi anche in Promozione, in due riprese: la "prima volta" era arrivata dopo un'irresistibile cavalcata biennale, passando dalla "Seconda" alla massima categoria provinciale, la seconda dopo una retrocessione in Prima Categoria immeritata e amarissima per un secondo "ciclo". Con due comuni denominatori: la valorizzazione dei ragazzi cresciuti in "casa" e i conti sempre a posto.
"Sono stati anni bellissimi che ci hanno portato a confrontarci con le realtà più blasonate della Provincia - ricorda il presidente dell'Azzurra - durante i quali non ci siamo assolutamente snaturati e anche questo è motivo di grande orgoglio. Cosa non rifarei? Ah rifarei tutto. Qualche risultato in più avremmo potuto farlo, ma non ho rimpianti e non credo di aver commesso grandi errori. L'unico "cruccio" è quello di non aver avuto abbastanza dirigenti coinvolti. In questo senso voglio ringraziare Diego, Massimo e Claudio per tutto quello che hanno fatto".
Ci sarà un momento in cui dirà "basta"?
"La scorsa estate - conclude - ho avuto un problemino di salute e, dunque, sarebbe stato il momento di farsi da parte. E' finita che ho dato "ordini" a tutti per telefono, compreso a mio figlio Tamar e ad ottobre sono stato rieletto. Non c'è grande concorrenza per la poltrona di presidente - se la ride il presidente biancazzurro -. Il week end, anche adesso, mi "trasferisco" al campo perché tra i nipotini che giocano, le squadre giovanili, la squadra femminile e quella maschile c'è sempre da fare. E pensare che io non "nasco" come uomo di calcio. Però, ormai, l'Azzurra è una seconda famiglia".