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Cannabis e nuovo codice della strada, "una follia". Le associazioni protestano. L'avvocato Canestrini: "Populismo penale. Confido in sussulto di dignità dell'opinione pubblica"

L'avvocato trentino Nicola Canestrini: "Guidare sotto l’effetto di sostanze, cioè in stato di alterazione, era già un reato dal 1992. La novità è che ora il requisito dell’alterazione è stato eliminato: basta la presenza di tracce di sostanze nel corpo, anche se non si è in alcun modo alterati. Questo rischia di aprire una breccia deleteria nel sistema giuridico". E Mattia Cusani, presidente dell’Associazione Nazionale Canapa Sativa Italia, rincara la dose: "I test delle forze dell'ordine non sono sempre affidabili: e così il settore della canapa legale rischia di essere ulteriormente penalizzato"

Di Marcello Oberosler - 17 dicembre 2024 - 05:01

TRENTO. In Italia, sempre più spesso, il dibattito politico passa dai social e si infiamma quando entrano in gioco vip, influencer e “personaggi”.

 

L’ultima polemica, strettamente in ordine cronologico, riguarda il nuovo codice della strada, e ha visto fronteggiarsi a colpi di “stories” e “reel” il ministro delle infrastrutture Matteo Salvini e… Vasco Rossi.

 

Una discussione che ha così acceso i riflettori sul nuovo codice e sulle sue implicazioni: già, perché il nuovo codice è in vigore (senza grandi squilli di tromba se non quelle schermaglie social di cui sopra) già da sabato 14 dicembre. Tra sostenitori (pochi) e detrattori (moltissimi), resta da chiedersi: queste norme sono davvero efficaci per prevenire gli incidenti e aumentare la sicurezza stradale? Sembra a tutti gli effetti una domanda retorica.

 

"FOLLIA"

 

Secondo l'avvocato trentino Nicola Canestrini, questa riforma fa anche di peggio: introduce norme che rischiano di stravolgere i principi fondamentali del diritto penale e di sminuire i diritti dei cittadini, privilegiando un approccio giustizialista e autoritario.

 

“È una follia - dice Canestrini a Il Dolomiti -. Questo governo procede nella lunga tradizione di quello che ormai è noto come 'populismo penale'. Non è il primo esecutivo che ci casca, sia ben chiaro. Ma questa vicenda ha dell'incredibile. Guidare sotto l’effetto di sostanze, cioè in stato di alterazione, era già un reato dal 1992. La novità è che ora il requisito dell’alterazione è stato eliminato: basta la presenza di tracce di sostanze nel corpo, anche se non si è in alcun modo alterati. Questo rischia di aprire una breccia deleteria nel sistema giuridico. Tracce di stupefacenti, tecnicamente i metaboliti, possono rimanere nelle urine per giorni, nel sangue per settimane e nei capelli addirittura per sempre: non si punisce più un comportamento pericoloso, ma uno stile di vita non condiviso”.

 

"Il diritto penale invece servirebbe a incriminare ciò che è dannoso, ciò che realizza una offesa concreta al bene giuridico protetto dalla norma. Ma è evidente che, se non guido in stato di alterazione, non vi è alcuna offesa. Questa riforma elimina il principio di offensività e anticipa la punibilità, sganciandolo da qualsiasi offesa o pericolo”. Inoltre cambiano radicalmente anche le modalità dei controlli: “Prima un agente - prosegue Canestrini - doveva riscontrare nei guidatori sintomi di alterazione (occhi arrossati, comportamento incoerente, sbalzi d’umore) per poter procedere al test: se il test confermava, scattava la denuncia. Ora, invece, chiunque venga trovato con tracce di sostanze nel corpo rischia il ritiro immediato, la sospensione e la revoca della patente, che andrà rifatta dopo un periodo di tre anni. Attenzione, non è quindi una 'semplice' sospensione, ma una revoca. Non importa se quelle sostanze non hanno alcun effetto sul comportamento alla guida al momento del controllo. Pensiamo a chi ha assunto cannabis settimane prima: queste persone, e in Italia secondo gli ultimi studi sono centinaia di migliaia, potrebbero trovarsi senza patente, con conseguenze pesantissime sulla vita quotidiana”.

 

E c'è il problema dei pazienti in cura farmacologica che rischiano di essere "penalizzati". “Gli psicofarmaci, che sono in costante aumento soprattutto tra i giovani, contengono principi attivi che possono lasciare tracce nel corpo per giorni o settimane. Psichiatri e medici si stanno già rivolgendo a noi avvocati esprimendo enormi preoccupazioni: questa norma rischia di mettere nei guai molti pazienti che fanno uso di terapie assolutamente legittime. Anche una semplice anestesia dal dentista potrebbe portare a conseguenze impreviste. Si crea una pericolosissima contrapposizione tra diritti costituzionali e tutela della salute pubblica. Come si può chiedere a un cittadino di scegliere una delle due cose a discapito dell'altra?”.

 

Verrebbe da chiedersi quindi quale sia la logica dietro a questa norma. L'avvocato Canestrini non usa giri di parole. “Una logica populista e autoritaria. Si vuole dare un segnale di ‘rigore’, ma è solo un provvedimento manifesto, utile per fare titoli sui giornali. Il ministro Salvini ha detto in sede di presentazione del disegno di legge che molte denunce per guida sotto l’effetto di sostanze si risolvevano in assoluzioni, e che questo frustrava le necessità di prevenzione: ma non si risolve il problema eliminando il requisito dell’alterazione e punendo chiunque abbia tracce nel corpo. Questo approccio aumenta il peso del potere dell’autorità, comprimendo sempre più i diritti dei cittadini. Siamo di fronte a un fenomeno preoccupante: il diritto cede il passo al giustizialismo. Di più: quando l’autorità conta più dei diritti individuali, è caratteristica comune ai fascismi”.

 

Poi c'è un ulteriore paradosso: alcol e stupefacenti vengono trattati in modo completamente diverso senza apparenti motivazioni. “Addirittura anzi passa il messaggio che una 'leggera ebbrezza alcolica' produca meno pericolo di 'nessuna ebbrezza per sostanze psicotrope'. L’alcol produce effetti solo finché è presente nel corpo, mentre molte sostanze stupefacenti rilasciano metaboliti che non hanno alcun effetto psicoattivo ma rimangono rintracciabili per giorni o settimane. Se davvero si volesse essere coerenti, si dovrebbe imporre il limite 'zero' anche per l’alcol, ma questo non avviene. Insomma, evidentemente c’è un pregiudizio culturale piuttosto che una reale volontà di tutelare la sicurezza stradale”.

 

“Prima che la Corte costituzionale possa pronunciarsi, centinaia o migliaia di persone rischiano di perdere la patente e subire gravi conseguenze. Questo causerà un aumento di ricorsi e costi per la giustizia penale. Per certi versi noi avvocati dovremmo essere felici, potremmo considerarlo un regalo di Natale in anticipo. E invece è solo una norma mal concepita, che creerà enormi problemi senza incidere sul problema della insicurezza stradale. Ho però una speranza – conclude Canestrini -: confido in un sussulto di dignità dell’opinione pubblica. È ora di dire basta a norme manifestamente ingiuste e mal concepite. Servono politici capaci di ammettere gli errori e di rimediare, piuttosto che insistere su idee che dal punto di vista del diritto sono quantomeno strampalate. La sicurezza stradale è fondamentale, ma non si ottiene comprimendo i diritti e criminalizzando stili di vita. La parola andrà poi inevitabilmente alla Corte Costituzionale: scommettiamo che quando verrà demolita questa stupidaggine il Ministro si lamenterà della magistratura?"

 

E COME SE NON BASTASSE, I TEST NON SONO AFFIDABILI

 

Anche Mattia Cusani, presidente dell’Associazione Nazionale Canapa Sativa Italia, esprime forti perplessità sulle conseguenze della nuova formulazione del codice.

 

E la cosa non sorprende. “Il problema principale – racconta Cusani a Il Dolomiti - è che non viene stabilito un nesso oggettivo tra il consumo di sostanze e la pericolosità alla guida: questo tipo di rigidità sembra in pieno contrasto con i principi costituzionali, come il diritto alla salute e alla libertà di movimento. La norma si basa esclusivamente sulla presenza chimica di THC o altre sostanze nel corpo, senza considerare l’effettiva alterazione psicofisica del conducente. E questo è un punto critico, perché i test attualmente utilizzati non sono precisi e anzi, spesso producono falsi positivi”.

 

Insomma, serpeggia qualche dubbio sull'efficacia stessa dei test. “Abbiamo approfondito la questione con alcune aziende che collaborano con le forze dell'ordine per condurre i test: quello che emerge è che sebbene prodotti di canapa legale, con un contenuto di THC a norma di legge, risultino normalmente negativi e i consumatori non dovrebbero temere nulla, in caso di uso improprio o abuso prossimo ad un controllo, a causa dei test molto sensibili si possono avere risultati positivi nei test salivari, seppur senza alcun effetto psicotropo. Secondo uno studio il consumo di cannabis light in una sessione intensiva ha prodotto in alcuni soggetti un contenuto di THC nel sangue di 2 nanogrammi per millilitro, valori al di sotto di quelli registrabili dalla strumentazione utilizzata da polizia e carabinieri. Tuttavia l’inaffidabilità dei test, senza una adeguata difesa potrebbe condurre a conseguenze nefaste come anche segnalate con altri farmaci”.

 

Uno scenario poco incoraggiante considerando che per chi viene trovato positivo le conseguenze sono pesanti. “Le conseguenze sono gravissime. Sproporzionate. Un impatto devastante sulla vita personale e lavorativa. La legge prevede che la positività ai primi test venga accertata con successive analisi del sangue e delle urine, ma anche queste non sono sempre affidabili. Inoltre, il THC ad esempio ha una struttura lipidica che può farne rimanere tracce nell’organismo per giorni o addirittura settimane, anche se non ha più alcun effetto psicotropo. Una situazione anche più complessa di così perché poi da persona a persona cambia il modo in cui viene ‘assorbito’ e poi smaltito. Questo significa che chi, per esempio, ha consumato cannabis terapeutica o ha fumato uno spinello legalmente durante un viaggio all’estero, rischia di essere punito in maniera sproporzionata giorni dopo l’assunzione”.

 

Non mancheranno le ricadute anche sul già tartassato settore della canapa legale. “Il settore della canapa legale, che a livello nazionale vale circa un miliardo di euro, rischia di essere ulteriormente penalizzato: noi come associazione ci sentiamo presi di mira da queste normative, perché alimentano una cultura proibizionista che non considera le differenze tra i prodotti a norma di legge e le sostanze realmente alteranti. Purtroppo siamo alle solite, verrebbe da dire: le istituzioni vogliono usare il giustizialismo come legittimazione del loro potere, e a livello politico nessuno si prende responsabilità. Questi temi vengono affrontati superficialmente, per slogan, e nessuno regolamenta questi settori: poi, quando le lacune e i vuoti della politica vengono colmati dagli interventi della corte costituzionale, si attaccano i giudici e le ‘toghe rosse’. Non solo: le persone che risultano ‘falsamente’ positive ai test si trovano spesso senza strumenti adeguati per difendersi, perché non tutti possono permettersi un avvocato. Questo rende la situazione ancora più grave e ingiusta ed è per questo che come Associazione siamo in prima linea per offrire supporto ai cittadini che dovessero trovarsi in difficoltà”.

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