Depressione, 17 mila trentini soffrono del 'male oscuro', gli uomini faticano a parlarne: "Sono più superficiali e meno introspettivi", l'intervista ad Alberto Pacher
Oltre un terzo (34%) di chi presenta sintomi di depressione non ne ha mai parlato con nessuno, il 28% si è rivolto ad un medico o altro operatore sanitario, il 22% ne ha parlato in famiglia o con amici, il 16% ad entrambi (medico e famiglia/amici). L'ex sindaco e l'ex vice presidente della Provincia: "Non bisogna sottovalutare aspetti banali e complessi. Le cure sono efficaci e rapide"

TRENTO. In Provincia sono circa 17 mila le persone, pari al 5% della popolazione, che presentano i sintomi del 'male oscuro', mentre in Italia "sono circa 5 milioni i cittadini affetti da depressione", aggiunge Alberto Pacher, dirigente del reparto di psicologia clinica dell'Azienda sanitaria, che non ha bisogno di tante presentazioni.
Winston Churchill definì il suo male come 'cane nero'. Da Vincent van Gogh a Michelangelo Buonarroti, da Jack Kerouac a Virginia Wolf, da Baudelaire a Ernest Hemingway, da William Blake a Edgar Allan Poe. Queste personalità sono collegate da un filo rosso: una forma depressiva. Una patologia che non si ferma però davanti alle connessioni tra questa malattia e il temperamento artistico. La depressione rappresenta una sfida importante per la sanità pubblica e secondo le stime del 2016 anche il Trentino non è immune a questa patologia.
La prevalenza delle persone con sintomi di depressione non mostra differenze tra gli ambiti territoriali provinciali, né cambiamenti nel tempo (anni 2008-2016). Oltre un terzo (34%) di chi presenta sintomi di depressione non ne ha mai parlato con nessuno, il 28% si è rivolto ad un medico o altro operatore sanitario, il 22% ne ha parlato in famiglia o con amici, il 16% ad entrambi (medico e famiglia/amici).
Un rischio maggiore per le donne, mentre gli uomini hanno più difficoltà a esprimere il proprio disagio. Un disagio importante, delicato e difficile da affrontare. Un problema però da non sottovalutare e da riconoscere.
Gli uomini hanno una minore capacità introspettiva e vive in modo più superficiale questa patologia, anche se magari presenta forme più acute. Le donne invece presentano una maggiore predisposizione all'autoanalisi e quindi si rivolgono più facilmente a qualche esperto. Negli ultimi anni si può notare però un sostanziale bilanciamento delle forme depressive, anche se la maggioranza dei pazienti è ancora femminile, la forbice si è ridotta e ora il 55% sono donne e il restante 45% uomini.
La depressione è una delle malattie più diffuse e difficili da sconfiggere. Una patologia anche non semplice da riconoscere oppure che non si vuole vedere.
Si distinguono due tipologie di depressione. Gli 'episodi depressivi', quegli eventi che rientrano nel ciclo della vita, come può essere un lutto. Attenzione però, per lutto non si intende esclusivamente la scomparsa di un famigliare, ma anche la perdita del lavoro, il mobbing oppure una situazione che può generare un passaggio di difficoltà. Questi sono considerati disturbi reattivi: capitano, si elaborano più o meno velocemente a seconda della singola persona e passano.
Quindi abbiamo la 'depressione maggiore', quello stato depressivo vero e proprio. In questo caso i disturbi si allungano e si protraggono nel tempo, caratterizzando la vita e la capacità di vivere. La depressione diventa una sindrome caratteristica.
Può capitare che anche i lutti possono avere effetti duraturi e quindi è meglio intervenire, in questo caso l'intervento è efficace davvero in un lasso di tempo veloce.
E soprattutto in questo caso è necessario prestare attenzione ai campanelli d’allarme. La perdita di interesse e il piacere della normalità.
Certo, non bisogna sottovalutare aspetti banali e complessi. Crisi di pianto, una generale passività, la perdita dell'interazione sociale, la mancanza di cura personale, ma anche alcuni aspetti cognitivi come i cali di concentrazione, l'attenzione e la memoria. I segnali non mancano. Il corpo e le mente sono collegati: la depressione incide sulla salute, indebolendo il sistema immunitario.
La depressione influisce ovviamente anche sulla sfera famigliare e si riflette sulle persone care: è molto gravoso per amici e parenti gestire queste situazioni, se vengono lasciati soli.
Si deve affrontare la depressione con un approccio multidisciplinare e un lavoro di squadra che coinvolga specialisti e medici di famiglia, pazienti e familiari.
E' necessario intervenire il prima possibile, altrimenti si corre il rischio che questi modelli depressivi si radichino e l'intervento diventa ancora più difficile. Nel dubbio è meglio parlare con il proprio medico di base oppure effettuare uno screening al costo del semplice ticket. Oggi il retaggio culturale sta sfumando e lo psicoterapeuta non è più visto come il medico dei matti, ma viene inteso come un normale servizio. Certo, la strada della piena consapevolezza è però ancora lunga.
Mediamente quali possono essere i tempi di cura dello stato depressivo?
La patologia si riesce a stabilizzare già attraverso un primo ciclo di cure. L'azienda sanitaria oppure i privati si adattano alle modalità comportamentali del paziente. Solitamente si propongono dieci sedute individuali oppure otto incontri di gruppo e i risultati sono già evidenti.
I sistemi di cura integrati attraverso l'utilizzo dei farmaci e dell'attività psicoterapeutica offrono buoni esiti in relativamente poco tempo.
Forse tanti non si rivolgono al medico proprio per la paura nella dipendenza da farmaci.
I farmaci vengono somministrati sotto stretto controllo medico e quelli per curare la depressione non inducono forme di dipendenza, al contrario degli ansiolitici. In molte situazioni i pazienti interrompono l'assunzione dei farmaci già dopo il primo ciclo di cura.
Tutti traggono beneficio e il benessere è fondamentale per tutti. E' importante democratizzare l'utilizzo dello psicoterapeuta. Oggi tante persone accedono a prezzi abbordabili alla cura della depressione. Non tutti sono a conoscenza che l'Azienda sanitaria propone un intero ciclo di cura per 40 euro. La base è un ambiente familiare accogliente, comprensivo, poco giudicante, che non stimoli sentimenti di vergogna, ma che sostenga in tutte le fasi della malattia.