Coronavirus, il Cibio: ''Necessario produrre il vaccino, i richiami andranno fatti per anni. Ancora molto da approfondire sulle mutazioni''
Il Cibio è stato tra i primissimi centri di ricerca in Italia a ipotizzare di sviluppare un vaccino per contrastare Covid-19, la sperimentazione potrebbe riprendere nelle prossime settimane. Alessandro Quattrone: "I risultati sono ottimi e risponde bene alle varianti". I laboratori lavorano anche sui test salivari e sulle strumentazioni per rilevare l'immunità

TRENTO. "L'Italia deve ritornare a produrre i vaccini perché c'è la probabilità di dover effettuare i richiami per diversi anni". Così Alessandro Quattrone, direttore del Dipartimento Cibio dell'Università di Trento. "C'è la certezza che Covid-19 continua a variare: il processo non è così rapido come per altri virus ma mantiene una certa frequenza di mutazione e quindi si rende necessario preparare il campo a ogni soluzione".
Il Cibio è stato tra i primissimi centri di ricerca in Italia a ipotizzare di sviluppare un vaccino per contrastare Covid-19. Si è partiti in modo brillante: i laboratori coordinati dal virologo Massimo Pizzato e dal vaccinologo Guido Grandi erano arrivati, anche piuttosto velocemente, a chiudere la fase pre-clinica, nella quale si sperimenta la capacità del prodotto di proteggere dalla malattia. Poi a luglio ci si è fermati per l'impossibilità di raccogliere un finanziamento di un paio di milioni, questa la cifra che sarebbe necessario per superare la fase 1, quella di valutazione della tossicità su almeno 100 volontari (Qui articolo).
"I risultati sono ottimi - evidenzia Quattrone - nell'ultima versione sperimentale il vaccino induce alti livelli di anticorpi cosiddetti neutralizzanti. Il costo di produzione inoltre non sarebbe esorbitante e la conservazione del prodotto sarebbe anche meno complicata di quanto si pensa in quanto basterebbe un frigo". Se la sperimentazione dovesse ripartire, il siero trentino potrebbe essere pronto, ipoteticamente, entro fine anno, senza escludere accelerazioni se si dovessero presentare le giuste opportunità lungo il percorso.
La speranza del Cibio è quello di chiudere alcuni accordi e riprendere il discorso. Intanto la campagna anti Covid prosegue tra alti e bassi, tagli delle forniture e cambi di programma. "La vaccinazione funziona e il quadro epidemiologico è migliorato. Si può pianificare per i prossimi mesi un progressivo ritorno alla normalità - aggiunge il direttore - ma non c'è dubbio che l'attenzione deve restare alta".
Una volta raggiunta l'immunità di gregge, le misure per contrastare l'epidemia potrebbero durare ancora un po' in via prudenziale. Ma la comunità scientifica sembra concorde sull'importanza di continuare a sviluppare potenziali vaccini da immettere sul mercato.
"Ancora non si conoscono tutte le variabili - dice Quattrone - l'immunità potrebbe durare tra i 6 e i 12 mesi. In questo lasso di tempo la componente scientifica è chiamata a monitorare la situazione epidemiologica e analizzare i dati: la campagna vaccinale potrebbe richiedere dei richiami, almeno per determinate fasce di età, come avviene per l'antinfluenzale. Ci sono ancora tanti aspetti che necessitano i dovuti approfondimenti".
Si è superato un anno particolarmente difficile, un periodo certamente lungo per cittadini e imprese quanto estremamente stretto per la ricerca. Chiaramente gli sforzi sono concentrati quasi esclusivamente in questo settore, ma ci si confronta con un virus sconosciuto fino a 12 mesi fa. "Gli sforzi della comunità scientifica sono stati prodigiosi, abbiamo accumulato in breve tempo una quantità enorme di informazioni, ma per alcuni aspetti solo il tempo può permetterci di raccogliere dati. Si deve soprattutto comprendere la portata delle varianti, anche quelle nuove che potrebbero imporsi, e l'evoluzione della malattia".
Insomma, importante non adagiarsi e continuare a sviluppare ricerca e innovazione, anche nel settore dei vaccini perché la battaglia a coronavirus è destinata a caratterizzare anche i prossimi, seppur si spera in modo meno impattante. "Superata questa fase pandemica e completata la prima copertura di massa - spiega Quattrone - il Covid potrebbe mutare e abbassare ulteriormente il tasso di mortalità, ancora di più se c'è un'adeguata protezione della fascia più fragile e con comorbilità:, come per l'influenza. Questo dipenderà in particolare da quanto il virus impiegherà a diminuire la sua virulenza, ci aspettiamo che questo avvenga ma non sappiamo i tempi. C'è un'evidenza storica - continua il direttore del Cibio - una pandemia con sintomi simili a questa si è verificata nel corso della seconda metà dell'800. Si pensa per vari motivi che il virus che l'ha provocata fosse uno dei quattro coronavirus che ora producono il raffreddore".
Un'altra strada potrebbe essere quella dei farmaci. "Questa soluzione permetterebbe di superare alcuni problemi legati ai costi economici e all'organizzazione logistica. Non abbiamo progetti in questo campo - commenta il direttore del Cibio - anche se siamo a disposizione perché le competenze, il know how e la cultura per lavorare sulla ricerca di molecole".
Dall’inizio della pandemia il Dipartimento di biologia cellulare, computazionale e integrata dell’Università di Trento (Cibio) è stato, infatti, in prima linea per affrontare l’emergenza sanitaria, in particolare mettendo a disposizione laboratorio e personale per le analisi dei tamponi e in una fase successiva concentrando gli sforzi per brevettare i cosiddetti test salivari (un progetto in cui la Pat ha investito circa 850mila euro) che dovrebbero diventare disponibili a breve (Qui articolo).
"Sono davvero un ottimo prodotto, con un'alta sensibilità, e contiamo di poter concludere a breve questo ultimo step sperimentale. Ora la concentrazione generale è sulla vaccinazione, ma la sorveglianza è una strategia da portare ancora avanti e non è assolutamente tardi per utilizzare questo strumento". Ma in Cibio si lavora anche per riuscire a misurare il grado di copertura della popolazione per evitare una recrudescenza dell'epidemia come avvenuto in autunno. "Per questo serve verificare la presenza degli anticorpi neutralizzanti, è il modo più preciso, e il collega Pizzato ha messo a punto un test molto efficace. Poi a breve speriamo di poter riprendere il discorso sul vaccino", conclude Quattrone.