Il Movimento Arturo che parte da Gazebo e sbarca anche in Trentino. Un nuovo (finto ma non troppo) partito di sinistra
L'idea lanciata da Diego Bianchi, in arte Zoro, anima della trasmiossione cult di Rai3. In Trentino nascono i circoli e aumentano i follower, e dilaga l'ironia

TRENTO. Così come può succedere rovistando nei bidoni della “monnezza” capita che anche dalla spazzatura dei “social” escano sorprese. Rare ma, appunto, sorprendenti: piacevoli, divertenti, contagiose. Ed è in questi infrequenti casi che si accantona almeno per un attimo il sogno di buttare lo smartphone per tornare anacronisticamente felici alla cabina telefonica. E al gettone della Sip. Bramando cioè senza speranza alcuna una comunicazione essenziale - (arrivo, butta la pasta, in qualche caso perfino rivestiti) – capace d liberarci da un presente prigioniero dei mille e mille pruriti egocentrici dell’inessenzialità e dell’inutilità.
Certo, perché i “social” guadagnino senso oltre il consenso occorre un trattamento che tenga in un virtuoso equilibrio l’intelligenza, l’ironia e soprattutto l’autoironia. Serve, insomma, piazzarsi sotto un Gazebo che ci ripari dal diluvio di scemenze sintetizzate in un tweet o in un post che spesso di testa non è a posto. Il Gazebo salvifico è quello di Rai Tre. Apre tutte le sere alle otto e spiccioli.
Lo anima Zoro, al secolo Diego Bianchi, professione incursore tra i tanti vizi e le poche virtù dei 30 caratteri con l’hastag prima o dopo. E’ un improbabile ma al tempo probabilissimo Diogene senza lanterna: ogni sera, tema dopo tema di un’attualità troppo spesso inattuale, illumina il peggio per dare luce al meglio di quel che passano i social. Con lui un disegnatore genialmente poetico, Marco Dambrosio, in arte Makkox. Con loro un piccoletto che per intuizioni deve essere il più alto dei tre, Andrea Salerno: di sbieco eppure al centro del programma. E poi altri, nessuno estemporaneo come il tassista che è ovunque meno che sul tassì, ma tutti contemporanei all’idea vincente di un programma finalmente ossigenante.
A Gazebo una ne pensano e cento ne fanno. Se fanno cronaca – e fanno cronaca – è un’altra cronaca: disincantata, scanzonatamente serissima. Se frizzeggiano, è un altro frizzo: godono prima loro e di conseguenza gode il pubblico. Se poi azzardano, a Gazebo azzardano come nessun altro prima. Recentemente lo hanno fatto giochicchiando senza alcuna voglia di banalizzare con il tafazzismo di una sinistra che non si sa mai se vera o presunta ma che indubitabilmente riesce a farsi e far del male ad ogni mossa.
Le mossa ultima si chiama scissione: un Pd che si rompe e rompe ad ogni ululato dalemiano secondo l’antico motto “lasciate ogni Speranza”. Un Pd che nella notte dei tempi era un fatto emiliano e che oggi è Emiliano sì, ma con l’accento furbesco del pugliese. Un Pd che quando si fa in due, o in tre, o chissà quanti altri ancora, non trova altro guizzo – che disgrazia, che disgraziati della creatività – se non quello di invertire le lettere: da Pd a Dp.
Ebbene, i gazebiani non ci sono stati e non ci stanno. Il disegnator cortese – gigante sì inesorabilmente buono anche da sotto la barba – ha spuntato tutte le matite nel suggerire definizioni più comprensibili dell’eterno Articolo1-movimento democratici e progressisti che ha tolto a Bersani anche l’ultima soddisfazione, quella della meta-fora di capa. E alla fine ha buttato lì un nome proprio – Arturo – che in pochissimi giorni è diventato il partito virtuale più affollato e votato d’Italia.
I circoli del Movimento Arturo sono funghi cresciuti con ogni clima – altro che sola umidità – da Livigno a Siracusa. I circoli del Movimento Arturo saranno anche virtuali – un clic- ma sono accomunati da una virtù: prendono in giro e si prendono in giro. Impolitici e al tempo politicissimi, gli ormai centinaia di migliaia di “arturiani” aggrediscono problemi grandi e piccoli con un sorriso che per ora è da tastiera, (ma non è un emoticon) e domani chissà.
I politici in carne ed ossa, specie i sinistri della sinistra, aggrediscono senza nemmeno sorridere chi i problemi, i guai italici, li pone e vorrebbe vederli almeno in parte risolti. Fa specie, anzi per la verità esalta, vedere sul sito di Gazebo la mappa dei circoli che ora dopo ora occupa ogni angolo della nazione e dell’estero financo transoceanico.
E’ un virus del quale non ci vuole davvero liberare – che cresca, che si propaghi – leggere i “programmi” dei circoli Arturo. Programmi concreti nell’inconcretezza ma molto più reali, più veri della sequela di vacuità dispensata dai partiti e dal movimenti che stanno in parlamento o che straparlano dal trespolo di una verità che è sempre e solo la loro.
Poteva il Movimento Arturo non trovare esponenti anche in regione. Certo che no. E infatti nel Trentino in seguaci da mili- pochi sono diventati a tempo record mili-tanti, oltre 500 in pochi giorni. In valle di Ledro – tanto per dire – la “sensazionale sezione trentina del magnifico Arturo è orgogliosamente tra i primi circoli fondatori, in valle di Ledro”. E i Tweet che crescono e si inseguono di minuto in minuto sono l’abecedario di una spiritosaggine che cela insieme malinconia, rabbia e disillusione. Ecco “la sinistra la costruisce il muratore”, oppure “mandateli dai FreudianiArturo, c’è grossa crisi”. E ancora “Il potere di Arturo sta nel dire se è meglio moka o cialda. La politica dovrà tenerne conto”.
Trento o provincia, gli arturiani sono già un mezzo esercito. A Pinzolo festeggiano il raggiungimento in un giorno dei follower del Pd rendenero. Altri propongono: “siam fan del movimento pensionati, casa di riposo gratis per tutti”. Altri ancora tifano per l’orso: “basta raccontare palle sul loro conto”. E c’è chi burocratizza anche l’ironia: “volete iscrivervi? Marca da bollo da 16 euro”.
E c’è chi pubblicizza: “stanchi del vecchio operatore, passa ad Arturo”. Laddove per vecchio operatore non si parla di compagnie telefoniche ma di cattive compagnie che amministrano. Lo slogan più bello “Dobbiamo essere tutti più artuisti”. Sì perché l’Arturità è ormai lo scherzo meno scherzo che c’è. E’ la filosofia due, tre o quattro punto zero che fa del messaggio semplice l’alternativa a chi arzigogola sermoni sull’intero scibile senza sapere mai di che parla ma avendo segnato in rosso sull’agenda il giorno in cui ritirare il lauto stipendio da consigliere di questo o di quello.
Arturo trentino, Arturo in Alto Adige, Bolzano in testa. Arturo di città. Arturo di periferia, anche la più sperduta. Arturo che è una finta. Ma che non fa finta. Tanto che è di queste ore l’indaffararsi di un arturiano avezzo a Google che sta per indire il primo raduno Arturiano in carne ed ossa. Potrebbe tenersi nei prossimi giorni al Andalo, con pattinata e play list arturiana modello Spotify. E se si farà, c’è da scommettere che il promotore avrà problemi di affluenza. E affluente è l’adesione che si registra fin dal primo atto di fondazione al Movimento Arturo Unitrento, quello goliardico ma non troppo degli universitari.
La perla tra le tante? “Ma prima di prendere il diploma di prende la mArturità?”. Nell’attesa della risposta, baviamoci il proclama solidale: “Contro le rivalità tra le facoltà meno liti e più crodini”. Cazzeggio. Cazzeggio a volontà. Ma con la volontà dichiarata fin dalla nascita del Movimento Arturo nazionale – e pure locale – di non mistificare.
Se gli arturiani /gazebiani cazzeggiano, lo fanno con l’umiltà di chi sa di cazzeggiare. E questa potrebbe essere davvero la rivoluzione. Non si sa se una risata riuscirà davvero a seppellire la politica delle vecchie, nuove e nuovissime presunzioni che ammorbano il nostro quotidiano. Ma provarci è un inizio, una speranza senza la S maiuscola di uno dei tanti politici minuscoli.