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Cittadinanza ai discendenti di emigranti italiani, in Veneto troppe richieste e Zaia chiede di rivedere lo ius sanguinis

Sono molte le richieste di cittadinanza da parte dei discendenti di emigrati italiani e la macchina pubblica rischia di ingolfarsi. Una situazione che accende il dibattito sullo ius sanguinis

Di Luca Andreazza - 24 settembre 2024 - 09:25

TRENTO. Troppe richieste di cittadinanza da parte dei discendenti di emigrati italiani e la macchina pubblica che rischia di ingolfarsi con uffici sommersi dalla burocrazia. Una pressione che ha acceso il dibattito sulla questione dello ius sanguinis. In Veneto ci sono Comuni che annaspano mentre in Trentino la situazione è piuttosto tranquilla perché il grosso del lavoro è stato completato negli anni scorsi e le liste Aire sono in linea.

 

L'Italia, con la sua lunga storia di emigrazione, si trova oggi a fronteggiare un fenomeno di ritorno, almeno in senso burocratico, con decine di migliaia di discendenti di emigrati italiani che richiedono la cittadinanza. Questo ha portato a parlare del diritto di cittadinanza basato sulla discendenza.

 

A prendere posizione con fermezza è stato il presidente della Regione VenetoLuca Zaia, che ha messo in luce i problemi legati a "un meccanismo che, se non regolamentato, rischia di appesantire il sistema amministrativo e distorcere il senso di appartenenza all'Italia".

 

Il governatore veneto ha evidenziato che molti richiedenti, discendenti di persone partite alla fine dell'Ottocento o nel secondo Dopoguerra, spesso non abbiano alcun legame con l'Italia se non quello genealogico: non parlano la lingua, non conoscono le leggi o la cultura del Paese.

 

"Non possiamo accettare che il nostro sistema amministrativo venga paralizzato da richieste di persone che non hanno alcun interesse reale per l'Italia, se non quello di ottenere un passaporto", le parole di Zaia, il quale auspica l'introduzione di "requisiti minimi", come la conoscenza della lingua italiana e della storia del Paese, per garantire che la cittadinanza venga concessa solo a chi dimostri un vero legame con la nazione.

 

Un intervento appoggiato da Oscar De Bona, presidente dell'Unaie (Unione nazionale associazioni immigrati e emigrati) e dell'Associazione Bellunesi nel Mondo: "Apprezzo profondamente la riflessione del presidente della Regione Veneto in merito alle modifiche della legge sullo ius sanguinis, modifiche che avevo proposto due anni fa al sottosegretario con delega agli Italiani nel mondo Della Vedova e nel 2023 al sottosegretario, sempre con la stessa delega, Silli, oltre a condividere la necessità con l'Anci Nazionale e Veneto. Mi auguro che, anche grazie all'intervento di Zaia, si possa concretizzare quanto proposto".

 

Per De Bona è fondamentale sostenere le rivendicazioni degli oriundi di origine italiana, ma è necessario distinguere tra coloro che hanno un vero interesse a mantenere un legame con la terra dei loro avi e chi vede la cittadinanza solo come un’opportunità per ottenere diritti senza sentirsi parte della comunità italiana. "Dobbiamo evitare che la cittadinanza italiana venga vista come un documento da ottenere per avere vantaggi, siano legati alla possibilità di viaggiare o all'accesso ai servizi sociali e sanitari".

 

Secondo De Bona, l'introduzione di criteri come la conoscenza della lingua italiana e una vera comprensione della storia e della cultura del Paese sono passi necessari per preservare il valore della cittadinanza italiana.

 

"La nostra cittadinanza non può essere un diritto automatico, va meritata e sentita. I requisiti come la conoscenza della lingua e della storia sono già richiesta da Paesi come la Germania e l’Austria, non vedo perché non possa seguire questi esempi". Il dibattito, che si inserisce anche in un più ampio discorso sulla riforma della cittadinanza in Italia, vede contrapporsi da una parte la tutela dei diritti degli emigrati e dei loro discendenti, dall’altra l’esigenza di garantire che chi ottiene il passaporto italiano abbia una reale connessione con il Paese e i suoi valori. Il processo di acquisizione della cittadinanza deve essere più equo e più rigoroso.

 

Un fenomeno che interessa marginalmente il Trentino. Ci sono iter aperti, ma non così tanti da oberare gli uffici. "Non c'è una richiesta massiccia, quella fase è stata superata negli anni scorsi", commenta Michele Cereghini, sindaco di Pinzolo e vice presidente del Consorzio Autonomie Locali. "C'è stato un lavoro importante portato avanti con l'Associazione dei Trentini nel Mondo, una ricognizione che oggi ci permette di gestire e di rispondere senza affanno".

 

Dal Nord America all'Inghilterra, dal Belgio al Brasile, questi i principali Paesi. A fronte di mezzo milione di cittadini, gli iscritti all'Aire sono poco meno di 50 mila per un'incidenza dell'8%. Un dato che può provocare qualche incertezza alle elezioni comunali, come nel caso di Campodenno all'ultima tornata. 

 

Gli iscritti all'Aire non concorrono al raggiungimento del quorum in caso di corsa in solitaria del candidato sindaco. "E' difficile che gli italiani all'estero rientrino in Italia per queste occasioni - evidenzia Cereghini - già il discorso cambia per le elezioni nazionali o provinciali perché c'è un rimborso elettorale e allora uniscono il voto al ritorno sul territorio per qualche viaggio o visita".

 

"Molto dipende dalle zone e in quei casi in cui percentualmente ci sono numeri importanti il carico di lavoro è gravoso. Ci sono le richieste ma non abbiamo segnali di allarmismo", conclude Paride Gianmoena, sindaco di Ville di Fiemme e presidente del Consorzio delle Autonomie Locali.

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