Facoltà di medicina, il progetto di Fugatti (e come lo spiega) non convince. L'Università di Trento: ''Noi dovremmo gestire la logistica? Forse vogliono farci fare i portinai''
Il prorettore vicario Flavio Deflorian boccia quanto gli è stato presentato lunedì dall'amministrazione: ''Al momento pare una fotocopia di quanto già esistente a Padova. Parlano di coinvolgere le realtà del territorio ma non ci sono stati contatti''. E mentre nemmeno l'assessore all'Università Bisesti aveva partecipato alla presentazione alla stampa del progetto (forse era meglio andare a sciare) ecco perché le parole di Fugatti non hanno convinto (GUARDA IL VIDEO)

TRENTO. ''L'ipotesi sembra essere quella di una laurea fotocopia, un modo per aprire a Trento un nuovo canale per l'Università di Padova. A noi dell'Università di Trento hanno detto che darebbero dei compiti logistici che non capiamo nemmeno bene cosa significhi. Forse vogliono che facciamo da portinai''. E' molto critico il prorettore vicario dell'Università di Trento Flavio Deflorian. A lui il presidente Fugatti con gli assessori Bisesti e Tonina, hanno presentato il progetto dell'Ateneo patavino di aprire a Trento una facoltà di medicina ovviamente, come spiegato anche nel comunicato stampa della Pat, coinvolgendo l'Università di Trento e centri di ricerca quali l'Fbk.
''Un ovviamente non così scontato - spiega Deflorian - perché onestamente sono rimasto sorpreso per come si desse per certa la nostra presenza senza che nessuno fosse mai venuto a coinvolgerci. Sorvolo poi sul fatto che il Cibio nel comunicato della Provincia venga indicato come qualcosa di esterno all'Università mentre è un dipartimento universitario. Insomma al momento sembra un progetto di Padova e per Padova. Se ci sarà almeno un'apertura per quanto riguarda la titolarità dell'iniziativa e su come verranno destinate le risorse allora si potrà quanto meno iniziare a discuterne. Al momento, però, l'iniziativa non sembra vederci partecipi e quindi c'è ben poco altro da commentare''.
Insomma la fragilità del progetto presentato in fretta e furia, lunedì, da Fugatti pare evidente da qualsiasi punto di vista lo si guardi. Un progetto che pare costruito ad uso e consumo dell'Università di Padova (ma non erano quelli della Lega che dicevano ''prima i trentini''?) e che è stato svelato dalla Giunta con una presentazione alla stampa durata, tutto compreso, venti minuti, in maniera molto pasticciata con una conferenza stampa convocata prima alle 12 poi alle 13 e con lo stesso presidente che si è presentato ai giornalisti, alla fine, solo intorno alle 13.45, come vi abbiamo raccontato ieri (''forse pensavano che sarebbero bastati tre minuti con me per mostrarmi il progetto - ha commentato ironicamente lo stesso Deflorian - ed è per questo che sono usciti così tardi'').
Una presentazione alla quale non ha partecipato nemmeno l'assessore all'Istruzione e Università Mirko Bisesti che dopo l'incontro ''a porte chiuse'' con lo stesso Deflorian forse (così si evince dalla sua pagina Facebook ma speriamo risalga a qualche giorno prima) ha pensato fosse meglio correre sulle piste per dedicarsi allo sci che partecipare alla conferenza stampa con i giornalisti e quindi spiegare alla comunità trentina quello che, a tutti gli effetti, potrebbe essere il progetto più qualificante di questa giunta in ambito universitario.

La sensazione è che, in realtà, alla Giunta leghista dell'Università e della ricerca importi veramente poco e che ci sia una forte impreparazione sull'argomento. Questo, per esempio, l'intervento di Fugatti a margine della conferenza stampa: pochi secondi che però mostrano come il tema sia affrontato in maniera approssimativa da chi governa la Provincia e con dei preconcetti fondati su errori clamorosi
Fugatti dice: ''Trento l'ha messa in piedi in tre settimane dopo che per 20 anni non ne aveva mai parlato''. In realtà di una facoltà di medicina a Trento se ne parla da anni, ogni anno, a fasi alterne, sempre e comunque, ma la differenza tra il parlarne e basta, e il poterla realizzare non l'ha fatta il presidente Fugatti (il quale sembra voler significare che se non avesse aperto la discussione lui l'Università non si sarebbe mossa con un suo progetto). In realtà tutto dipende dal ''decreto ministeriale numero 989 del 25/10/2019'' (ALLEGATO 3, lettera a) che ha sbloccato la possibilità di ''istituire, previo accreditamento iniziale, le seguenti tipologie di corsi di studio'' (...) specificando che ''per l'accreditamento dei nuovi corsi di laurea magistrale in medicina e chirurgia, da disporre esclusivamente nell'ambito delle competenti strutture didattiche e di ricerca di area medico sanitaria, va acquisito altresì il parere delle Regione che si esprime avendo valutato le specifiche condizioni dell'offerta formativa nel settore in ambito regionale e la sua interazione con l'assistenza sanitaria''.
Prima, invece, la situazione era bloccata perché valeva quanto previsto dal precedente decreto ministeriale di programmazione triennale (il numero 635 dell'8.8.2016, allegato 3, n. 1, ultimo capoverso) e quindi, tutt'al più, si poteva prevedere una succursale di qualche altra università decentrata (praticamente l'idea di Fugatti). ''Inoltre - completa Deflorian - se come Università si stava lavorando da tempo a strutturare un progetto (almeno da aprile ndr), grazie a voi giornalisti abbiamo scoperto che, evidentemente, erano state trovate delle risorse dalla Provincia per realizzare l'iniziativa e quindi da quel momento si proceduto a chiudere il cerchio e si è andati a concretizzare i rapporti con tutti i soggetti che abbiamo intenzione di coinvolgere per la nostra Scuola di medicina'' (QUI APPROFONDIMENTO).
Tornando al video l'altra incredibile cantonata arriva nella dichiarazione finale quando Fugatti ribadisce che ''la prima cosa da fare è partire a breve perché c'è da rispondere alla carenza dei medici che c'è sul territorio''. Lega, quindi, la carenza di medici a un'ipotetica carenza di laureati cosa smentita da tutti compreso il presidente dell'Ordine dei medici Ioppi che alla presentazione dell'Università aveva ribadito, assieme al rettore Collini, come il vero problema sia l'imbuto che si crea dopo la laurea per accedere alle specializzazioni. Si stima, infatti, che ci siano già circa 20.000 laureati che attendono di accedere alle specializzazioni (e senza aver intrapreso questo percorso non si può operare nelle strutture pubbliche nazionali). Creare medici semplicemente pensando di sfornare laureati senza lavorare a un'offerta strutturata e appetibile per il post laurea non servirebbe a nulla.