Essere maschi in un mondo che è cambiato, serve una leadership capace di creare nuovi riferimenti


Anticipatore sociale, analista di macrotendenze consulente strategico
In un precedente articolo intitolato “La politica trentina sta perdendo di vista le cose che contano” (Dolomiti, 6 maggio 2018) scrivevo che i trentini hanno l’obbligo morale di tornare ad assumersi la responsabilità del proprio futuro come comunità invece di limitarsi a scaricare le colpe sui governanti e che, per far questo, dovranno sviluppare livelli superiori di consapevolezza psico-spirituale rispetto a quanto abbiamo fatto finora. Desidero proseguire questo ragionamento prendendo spunto da una polemica scoppiata intorno all’adunata degli alpini a Trento (Adunata degli Alpini: dalle mani sui fianchi ai ''bela moreta'' dai ''me le fai tocar le tette'' alla reazione scomposta di un fidanzato, il Dolomiti, 16 maggio 2018).
L’evento è stato funestato da episodi che vanno condannati recisamente, ma senza fermarsi allo stadio del rituale biasimo pubblico. Abbiamo bisogno di una politica delle soluzioni e di una cittadinanza che attinga all’intelligenza collettiva per suggerire ai politici delle possibilità, delle opportunità, delle vie di uscita per una comunità in difficoltà. Nel caso specifico ho assistito anch’io ad episodi di razzismo nei confronti di africani e apprezzato lo spirito di ironica tolleranza di una delle vittime: “Un giorno potreste trovarvi a fare l’adunata a Dakar!”.
Come in ogni circostanza in cui, ahimè, l’alcol è un ingrediente considerato indispensabile per passarsela bene, i freni inibitori vengono meno e si supera la soglia della tollerabilità. Sottoscrivo in toto il commento di un testimone: “Sono rimasto profondamente deluso dai giovanotti, trentini per lo più immagino, che hanno approfittato dell'adunata per fare una baldoria senza limiti. Maleducazione, nessuna inibizione, strafottenti e nella distruzione fisica più totale tutta notte. Non tutti certo, c'erano anche molti giovani educati, consapevoli della situazione, che bevevano la loro birra, guardavano, ascoltavano e ogni tanto cantavano. Ma gli altri, una delusione totale…E questo è colpa di una società senza cultura”.
Vorrei dire: senza una cultura della mascolinità. Si è fatto tanto per demonizzare misandricamente la mascolinità, anche su iniziativa di articoli e pagine Fb di denuncia che mettono sotto accusa tutti i maschi, secondo un classico automatismo cognitivo razzista, sabotando involontariamente la causa della pari dignità femminile. Così molti giovani maschi non sanno più come interpretare il proprio ruolo e mettono insieme a casaccio un collage di possibili atteggiamenti estraendoli da fumetti, serie TV, comportamenti delle celebrità (inclusi i politici), videogiochi, coetanei e genitori spesso assenti e stressati. Il genere maschile è confuso ma non viene aiutato. Si segnalano gli abusi, li si condannano e alcuni, impregnati di retorica livorosa, si permettono perfino di attaccare chi cerca spiegazioni e soluzioni, come se questo in qualche modo potesse finire per sminuire le responsabilità dei colpevoli.
Non ci si rende conto che questo può solo amplificare il fenomeno e mettere il bavaglio a chi cerca di individuare le domande giuste e le risposte migliori. In questo momento né la destra né la sinistra hanno trovato la strada per superare questa situazione ma, assieme all'abuso di sostanze intossicanti e alle dipendenze di ogni genere, lo stato confusionale e potenzialmente violento del sesso maschile e l'incapacità di troppe donne di dare una mano per trovare una risposta che non passi per la censura tout court della mascolinità, rappresentano una delle grandi sfide della politica contemporanea.
La nostra società ha bisogno di reindirizzo e rigenerazione e quindi di modelli edificanti. I leader politici, tra altre figure pubbliche molto visibili, si candidano ad essere questo tipo di modello, maschile e femminile. Sta dunque agli elettori scegliere non solo in base a promesse e progetti, ma anche in base al temperamento e alla reputazione umana. Abbiamo bisogno di leader capaci di visioni chiare ed avvincenti, ben ponderate e costruttive del futuro. Debbono essere contemporaneamente capaci di un’ottima messa a fuoco e di prospettive più ampie. Devono essere determinati e non lasciarsi scoraggiare da battute d'arresto, senza essere rigidi, di mentalità chiusa e testardi. Devono essere appassionati senza essere ossessivi, entusiasti ma non zeloti. Devono accrescere la fiducia nelle persone in modo che i cittadini siano motivati e concedano un sostegno duraturo.
Non debbono far leva sulla paura (tipico della destra) o sul senso di colpa (tipico della sinistra) perché in quel caso i cittadini saranno motivati in modo estrinseco e il loro sostegno terminerà quando sentiranno che l’emergenza è terminata. Devono essere capaci di intrecciare rapporti stretti e autentici con le persone invece di porsi a distanze olimpiche dai cittadini. Serve empatia nei confronti degli altri e quindi umiltà e non arroganza. È richiesta una sana autostima basata su una valutazione di sé accurata e realistica, aperta a critiche costruttive. Non abbiamo invece bisogno di leader puerili, egoisti e narcisisti, capaci solo di autovalutazioni imprecise e irrealistiche che evitano o ignorano le critiche e accettano solo riscontri positivi.
Servono leader devoti alla causa del bene comune e premurosi nei confronti delle organizzazioni e delle persone che fanno riferimento a loro. Non tiranni in buona fede preoccupati soprattutto del proprio interesse, della propria immagine e reputazione. Devono essere in grado di autodisciplinarsi invece di essere disciplinati dall'esterno e dalle circostanze. L’elettorato dovrebbe saper discernere quali candidati/e siano emotivamente stabili e non volubili, eccentrici, irascibili. Cerchiamo persone interessate al dialogo e non al monologo, alla reciprocità e alla simmetria invece che all’asimmetria e al parassitismo; alla trasparenza invece che alla segretezza; alla sostanza invece che all'immagine; all’evidenza empirica verificata invece che al sentito dire e all’appello all’autorità.
L’elettore dovrebbe essere in grado di votare dall’altra parte, rispetto alle sue abitudini, se solo quella parte candidasse qualcuno nel solco di questo ideale. Nel terzo millennio le persone valgono più delle ideologie, dei partiti, del genere e dell’etnia.