Caro amico della pace che ho visto in piazza Duomo, perché non c’eri anche nella piazza Dante dell’Ucraina?


Ragazzo del 57, giornalista dal 79, troppo piccolo per il 68, ha scansato il 77 ma non la direzione dell’Adige (8 anni 8 mesi e 3 giorni) e la politica (24 mesi in consiglio provinciale tra il 2018 e il 2020)
Caro amico che ho incontrato ieri (sabato 24 febbraio) in piazza Duomo, piazza per la pace,
ti scrivo, a titolo personale ma spero anche a nome delle donne e degli uomini, gente trentina e popolo ucraino, che ieri sono stati con noi in piazza Dante. Sono un obiettore di coscienza antimilitarista.
Era bella la piazza Duomo di ieri, con le bandiere arcobaleno della pace. E perfino con quegli intrecci coraggiosi di bandiere annodate: l’ucraina con la russa, la palestinese con l’israeliana. Con Giovanni Kessler di EUcraina e qualche altro ci siamo venuti, in piazza Duomo, finita la manifestazione per l’Ucraina a due anni dalla guerra scatenata dalla Russia. Anche piazza Dante era bella, con le bandiere giallazzurre di un popolo aggredito. E c’erano anche la vice sindaca di Trento e il presidente del Consiglio provinciale a dire alle ucraine e agli ucraini che, due anni dopo il 24 febbraio 2022, “Ucraina, il Trentino non ti lascia sola”.

Ecco, se fossi venuto in piazza Dante, con EUcraina e con le associazioni ucraine Aiutiamoli a vivere e Rasom, o se fossi venuto nella sala della Regione la mattina, avresti potuto ascoltare voci interessanti e plurali. Un inviato di guerra, antimilitarista, come Domenico Quirico, ci ha ricordato come la realtà della guerra sono gli occhi dei morti che muoiono straziati nel fango delle trincee. Don Augustyn Babiak, “parroco” degli ucraini greco-cattolici di Trento, ha citato le parole di pace di due papi santi ma anche le parole d’odio del patriarca ortodosso di Mosca e il diritto alla resistenza. La pubblicista e traduttrice Marina Sòrina ha spiegato come la guerra di Putin passi anche attraverso l’imperialismo della lingua russa.
Se venivi anche in piazza Dante, caro pacifista, avresti potuto dire, alle ucraine e agli ucraini del Trentino: “Non sono d’accordo con il vostro governo che continua a chiedere nuove armi e munizioni all’Europa e agli Stati Uniti; però sono dalla vostra parte, dalla parte delle vittime, in questo tristissimo secondo anniversario di una guerra in cui le armi della Federazione russa hanno già provocato oltre diecimila vittime civili innocenti tra la vostra gente. Chiedo il cessate il fuoco, come chiedo il cessate il fuoco nella terribile guerra di Gaza che ha fatto trentamila morti civili tra i palestinesi, dopo i circa duemila morti ammazzati dal terrorismo di Hamas. Io sono per il cessate il fuoco ovunque e per il disarmo universale. Ma intanto vi dico: vi sono vicino, piango i vostri morti”. Questo avresti potuto dire. Anche in privato. Mica dal microfono. Testimoniare un’empatia per il dolore degli altri. Una vicinanza umana, senza calcoli politici.

In Trentino ci sono migliaia di ucraine e di ucraini, molti arrivati per sfuggire alle bombe e ai missili di Mosca. Rifugiati. Molti altri, soprattutto donne, sono lavoratori e lavoratrici arrivate in Trentino tanti anni fa: senza di loro, non sapremmo a chi affidare i nostri anziani.
È anche per questo che mi ha colpito l’assenza di una minima rappresentanza sindacale, in piazza Dante, con le ucraine e con gli ucraini che lavorano nella nostra terra. Li avevamo invitati, i sindacati, non sono arrivati.

Peccato, perché come abbiamo detto alla vigilia del 24 febbraio, le due piazze erano sì diverse (come ha scritto con toni forti Luca Pianesi, direttore di questo giornale) ma secondo me non dovevano essere contrapposte. Erano compatibili, anche per orario. Piazza Dante alle due e mezzo. Piazza Duomo alle cinque. Sarebbe diventato un sabato davvero speciale, esserci in entrambe le piazze.
Io in piazza Duomo ci sono venuto, a chiedere il Cessate il fuoco tra le bandiere arcobaleno, con una maglietta nera antimilitarista. C’è scritto: Make Russia Pay. Dice: i beni sequestrati ai capitalisti russi nelle nostre banche assommano a 300 miliardi di dollari. Sul retro, sulla schiena, ci sono elencati i danni materiali subìti dall’Ucraina nei primi due anni di guerra. Oltre 400 miliardi. Le sanzioni economiche sono un atto politico forte, non militare e non cruento, per colpire una potenza dittatoriale con cui troppe aziende occidentali, anche italiane, continuano a fare affari per vie traverse.

Perciò speravo di vederti, anche in Piazza Dante.
Io, obiettore antimilitarista, non riesco, in coscienza, a condannare chi resiste (anche con le armi) per difendere la propria democrazia, la propria libertà. Anzi, dopo averli conosciuti due anni fa a Kyiv, a L’viv, a Ternopil, nei piccoli villaggi dalle parti di Chernobyl, quegli uomini e quelle donne li ammiro per il loro coraggio. Come ammiro i partigiani e le partigiane di ottant’anni fa.

Se tu, caro amico pacifista, fossi venuto in piazza Dante prima di andare in piazza Duomo (come ha fatto, unico nel vostro movimento, il simpatico militante Marco che sui trampoli ci ricorda l’importanza dei corpi civili di pace), se fossi venuto in piazza Dante – con Emanuele, Gianni, Lorenza, Marinella, Ornella, Paolo e l’altro Paolo – avresti scoperto che c’era un cartello che diceva “Giù le armi. Stop alla guerra”. E avresti potuto dire a Olya, ad Anzhela, a Olesya, a Oleksandra, a Mira, a Volodja, a Oleh: “Non sono d’accordo col vostro presidente che chiede le armi all’Occidente per continuare la guerra contro la Russia, ma vi sono vicino e piango le vostre sorelle, i vostri mariti, i vostri bambini uccisi dalle armi russe. Sono dalla vostra parte, fra voi e Putin non posso essere neutrale”.
La prossima volta che ricorderemo il tragico 22 febbraio 2022, caro amico pacifista, posso sperare che ci sarai anche tu, nella piazza dell’Ucraina aggredita?