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Violenza di genere in Italia e monitoraggio internazionale: Appuntamento alla Scuola di Studi Internazionali con Antonella Veltri, Presidente di Donne in Rete contro la Violenza

DAL BLOG
Di Orizzonti Internazionali - 28 febbraio 2024

Docenti di studi internazionali dell'Università di Trento

Giulia Cagol, dottoranda di ricerca presso la Facoltà di Giurisprudenza, Università di Trento

 

Marco Pertile, professore di Diritto internazionale presso la Scuola di Studi Internazionali e la Facoltà di Giurisprudenza, Università di Trento

 

I numerosi casi di femminicidio avvenuti in Italia e in Trentino negli ultimi anni (e non solo) hanno colpito l’opinione pubblica e hanno rivelato come la violenza di genere non si limiti a sporadici e isolati episodi. Al contrario, la questione rappresenta un fenomeno allarmante che trova le proprie radici in precise concezioni culturali e sociali. Negli ultimi anni l’Italia ha dedicato maggiori risorse alla prevenzione e alla lotta alla violenza sulle donne, ma la gravità dei fatti di cronaca chiarisce che la strada per garantire, in concreto, la tutela delle vittime di violenza è ancora molto lunga.

 

In materia esistono precisi obblighi internazionali previsti dalle convenzioni a tutela dei diritti umani che l’Italia ha ampiamente ratificato. Tra queste, una posizione di particolare rilievo, perché direttamente attinente alla violenza di genere, spetta alla Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa. Oltre a imporre agli Stati parte obblighi legati alla prevenzione e all’eliminazione di ogni forma di discriminazione e abuso nei confronti delle donne, la Convenzione istituisce un Gruppo di esperti (GREVIO) incaricato di vigilare sull’attuazione della Convenzione stessa.

 

Tra le attività svolte, il GREVIO pubblica rapporti periodici dettagliati in cui verifica lo stato di attuazione degli obblighi da parte dei singoli Paesi fornendo raccomandazioni volte ad allineare le norme statali alla Convenzione. Le valutazioni svolte dal GREVIO si basano a loro volta sui rapporti periodici che i governi sono tenuti ad inviare, ma anche sulle informazioni che le associazioni rappresentative della società civile inviano a Strasburgo (i “rapporti ombra”).

 

Nel 2020, il GREVIO ha adottato il primo rapporto sullo stato di attuazione della Convenzione di Istanbul in Italia. Il rapporto esprime per lo più apprezzamenti rispetto alla legislazione italiana, pur raccomandando alcune modifiche. Ad esempio, si invita il nostro Paese a riformulare la fattispecie di reato di violenza sessuale affinché valorizzi maggiormente l’elemento dell’assenza di consenso. Il rapporto esprime forte preoccupazione rispetto a una prassi affermatasi sul piano extra-normativo che vede l’imposizione alle donne che hanno subito violenza di incontri con l’autore del reato al fine di raggiungere un accordo sull’affidamento della prole e sulle visite. Secondo il GREVIO, questa pratica imporrebbe de facto una forma di mediazione obbligatoria alla donna vittima di violenza, ipotesi espressamente vietata dalla Convenzione di Istanbul.

 

Il GREVIO osserva sul punto che, se in circostanze fisiologiche è opportuno perseguire l’accordo dei genitori nel miglior interesse della prole, una prassi di questo tipo è invece inadeguata nei casi in cui la relazione genitoriale sia stata viziata da atti violenti. La violenza è infatti indice di uno squilibrio di potere nella relazione e può inficiare la capacità della donna di negoziare le condizioni di un accordo portando anche a forme di vittimizzazione secondaria. Questo aspetto è stato sottolineato direttamente nel rapporto ombra che l’associazione Donne in Rete contro la Violenza (D.i.Re), un gruppo di 87 organizzazioni operative sul territorio italiano che si occupano di prevenire e combattere la violenza sulla donne, ha indirizzato al GREVIO nel 2018.

 

Il tema dell’imposizione di programmi di mediazione nei casi di affidamento si colloca all’interno della più ampia questione relativa all’opportunità di ricorrere a strumenti di giustizia riparativa nei casi di violenza di genere. Si tratta di un aspetto di estrema attualità, soprattutto alla luce della recente introduzione della riforma Cartabia in materia penale che valorizza proprio i percorsi di mediazione familiare.

 

La questione della giustizia riparativa nei casi di violenza di genere è stata affrontata, assieme ad altre, nell’ambito di un progetto di didattica innovativa basato sull’approccio challenge-based learning che ha coinvolto un gruppo di studentesse e studenti della Scuola di Studi Internazionali dell’Università di Trento da ottobre dell’anno scorso. Le avvocate dell’associazione D.i.Re hanno incontrato gli studenti e le studentesse e hanno dialogato con loro su alcune questioni di assoluto rilievo per affrontare la violenza di genere e interagire in modo efficace con i sistemi di monitoraggio internazionale. Nello specifico, gli studenti e le studentesse hanno poi redatto per D.i.Re tre pareri giuridici sull’opportunità di configurare la violenza di genere come tortura, sull’opportunità di ricorrere a programmi di giustizia riparativa nei casi di abusi sulle donne e, infine, sull’efficacia delle misure provvisorie davanti ai sistemi di monitoraggio.

 

A conclusione di questo progetto, giovedì 29 febbraio 2024, alle ore 17.00, presso la Scuola di Studi Internazionali (Palazzo Prodi, Aula 004), la Presidente di D.i.Re, Antonella Veltri, e le avvocate dell’associazione incontreranno la comunità per dialogare sullo stato attuale della violenza di genere in Italia. In una seconda parte dell’evento (che sarà tenuta in lingua inglese) avrà luogo un confronto tra D.i.Re e gli studenti e le studentesse che hanno redatto i pareri giuridici per l’associazione.

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