Patrick Zaki, studente egiziano in Italia: futuro cittadino italiano e soprattutto europeo?


Docenti di studi internazionali dell'Università di Trento
di Marco Pertile, professore associato di diritto internazionale Scuola di Studi internazionali e Facoltà di Giurisprudenza
A più di un anno dal 7 febbraio 2020, giorno dell’arresto all’aeroporto del Cairo, prosegue, nella più totale incertezza sull’iter processuale, la custodia cautelare di Patrick Zaki, studente egiziano dell’Università di Bologna. Zaki è detenuto in condizioni inaccettabili con forti limitazioni del diritto di difesa e del diritto di comunicare con l’esterno. Le accuse rivoltegli sono gravissime (istigazione alla protesta e incitamento a commettere azioni terroristiche) e contemplano nell’ordinamento egiziano una pena fino a venticinque anni di carcere.
Ciononostante le comunicazioni del detenuto con i propri avvocati e con i familiari sono limitate e ostacolate. La detenzione preventiva è rinnovata periodicamente senza che Zaki possa intravedere la possibilità di difendersi in un processo equo. Gli avvocati difensori riferiscono inoltre che il proprio assistito sarebbe stato torturato tramite privazione sensoriale, violenze fisiche e scosse elettriche.
Tra le numerose iniziative di sostegno sorte nel nostro Paese, è degna di nota una petizione pubblica, lanciata in occasione del primo anniversario dall’inizio della detenzione, che ha proposto la concessione della cittadinanza italiana “per meriti speciali” a Zaki. L’appello, accolto favorevolmente dai familiari di Zaki, ha superato le centocinquantamila firme ed è stato ripreso da una mozione parlamentare a firma dei deputati Quartapelle e Sensi volta a impegnare il governo italiano a sostenere il conferimento della cittadinanza italiana allo studente egiziano e a “continuare a monitorare con la presenza in aula della nostra rappresentanza diplomatica al Cairo, lo svolgimento delle udienze processuali e le sue condizioni di detenzione”. Quando la situazione politica si chiarirà, il nuovo esecutivo italiano sarà dunque chiamato a pronunciarsi sulla proposta contenuta nella petizione.
Nel frattempo, credo sia utile chiarire alcune delle principali questioni giuridiche poste dall’eventuale concessione della cittadinanza a Zaki. In primo luogo, la proposta si fonda sul secondo comma dell’articolo 9 della legge sulla cittadinanza del 1992 che prevede, appunto, che la cittadinanza possa “[…] essere concessa allo straniero quando questi abbia reso eminenti servizi all'Italia, ovvero quando ricorra un eccezionale interesse dello Stato”. Si può in questo caso sostenere che sussista un “eccezionale interesse dello Stato” alla concessione della cittadinanza; l’Italia ha infatti un preciso interesse a salvaguardare i diritti umani di uno studente straniero che aveva iniziato a formarsi nel sistema universitario del nostro Paese. L’ampia rilevanza attribuita dalla nostra Costituzione ai diritti umani, in generale, e ai diritti dello straniero, in particolare (tramite l’articolo 10), consente di interpretare il concetto di interesse nazionale alla luce dei principi fondamentali della Costituzione e del diritto internazionale. La concessione della cittadinanza per interesse dello Stato richiede peraltro l’espletamento di un procedimento complesso che prevede un decreto del Presidente della Repubblica adottato dopo aver “sentito il Consiglio di Stato e previa deliberazione del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro degli Affari esteri”.
In secondo luogo, è necessario chiedersi che effetti giuridici possa avere in Egitto la naturalizzazione di un cittadino che acquisisca la cittadinanza di un altro Paese. Non tutti gli ordinamenti ammettono infatti l’acquisizione di una doppia o plurima cittadinanza. Alcuni Stati, come ad esempio la Cina, obbligano i propri cittadini a rinunciare ad una delle cittadinanze nel caso di acquisizione della cittadinanza di un altro Paese. In Egitto la doppia cittadinanza è invece ammessa, ma è circondata da alcune cautele. Il cittadino egiziano che assuma la cittadinanza di un altro Paese deve notificare la sua intenzione al Ministero degli interni del suo Paese e subire limitazioni dei propri diritti, in particolare l’impossibilità di essere eletto come parlamentare e di prestare il servizio militare.
Credo sia necessario chiedersi, infine, quali siano i principali effetti giuridici della concessione della cittadinanza a Zaki sul piano del diritto internazionale. Attraverso l’attribuzione della cittadinanza il nostro Paese sancirebbe nei confronti dello studente egiziano l’esistenza del legame più forte che può sussistere tra un individuo e lo Stato. Formalmente, sul piano delle relazioni bilaterali, l’Egitto non potrebbe più qualificare l’interessamento italiano per le sorti di Zaki e per le vicende processuali che lo riguardano come un’illecita interferenza nei propri affari interni. L’Italia agirebbe per la tutela dei diritti di un proprio cittadino nell’esercizio delle prerogative che da secoli il diritto internazionale riconosce nell’ambito dell’istituto della protezione diplomatica. La Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari, ratificata da Italia ed Egitto, prevede infatti che le autorità consolari abbiano un vero e proprio diritto di visitare il connazionale detenuto nonché di corrispondere e conversare con lui. Le stesse autorità consolari potrebbero altresì curare la rappresentanza e la difesa del detenuto a meno che quest’ultimo non vi si opponga. I diritti garantiti dalla Convenzione di Vienna per la tutela dei cittadini detenuti all’estero consentirebbero dunque all’Italia di pretendere la rottura dell’isolamento detentivo in cui si trova Patrick Zaki.
Temo però che la reazione dell’Egitto alla concessione della cittadinanza italiana a un proprio cittadino accusato di gravi crimini contro la sicurezza dello Stato sarebbe molto forte. Verosimilmente le autorità egiziane qualificherebbero la stessa concessione della cittadinanza italiana come un’indebita interferenza negli affari interni della Repubblica araba. Esse sosterrebbero in primo luogo la mancanza di un collegamento genuino tra l’Italia e Zaki e tenterebbero di invocare anche, con ogni probabilità, un vecchio principio sancito dalla Convenzione dell’Aja del 1930 secondo cui, nei casi di doppia cittadinanza, la protezione diplomatica non è azionabile da uno degli Stati di cittadinanza contro l’altro.
Sembra quindi facile prevedere che la concessione della cittadinanza italiana a Zaki non possa di per sé incidere in modo determinante sulle prospettive di soluzione di questo caso. L’Italia ha già dimostrato infatti di non riuscire a garantire ai familiari di un cittadino italiano, Giulio Regeni, l’accertamento di una verità plausibile sulla morte del loro congiunto. A fronte del prevedibile irrigidimento della posizione egiziana credo che solo una pressione congiunta dei principali Paesi dell’Unione europea possa cambiare davvero la situazione. Ben venga dunque l’ipotesi di concedere la cittadinanza a Zaki. Occorre però che contestualmente i principali Paesi europei ne esigano la liberazione con un’azione ferma e coordinata.