Nuove sanzioni americane contro l’Iran? L’impatto sulle imprese italiane e la strategia dell’Europa


Docenti di studi internazionali dell'Università di Trento
L’8 maggio 2018, l’Office of Foreign Assets Control (OFAC) statunitense ha pubblicato un documento che illustra quali sanzioni saranno reintrodotte dagli Stati Uniti verso l’Iran al più tardi entro il prossimo 4 novembre.
Il documento dà seguito all’annuncio del presidente Donald Trump circa l’intenzione degli Stati Uniti di cessare la partecipazione all’accordo sul nucleare (Joint Comprehensive Plan of Action) siglato con l’Iran nel 2015 e avallato dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite con Risoluzione 2231 (2015).
L’accordo, firmato dai cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite (Francia, Gran Bretagna, Federazione Russa, Stati Uniti e Cina), dalla Germania e dall’Unione europea, prevede la cessazione delle sanzioni economiche imposte da Stati Uniti, Unione europea e dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite nei confronti dell’Iran in cambio dell’impegno di quest’ultimo a ridurre il suo impegno nucleare.
Come è noto, l’accordo sul nucleare iraniano ha recentemente condotto alla riapertura delle relazioni economiche tra l’Europa e l’Iran con un importante rilancio delle esportazioni italiane verso quel Paese. Le relazioni economiche Italia-Iran avevano peraltro conosciuto una flessione già nel 2009, a causa della crisi economico finanziaria, e l’introduzione delle sanzioni nel 2012 aveva determinato un ulteriore rallentamento.
Oggi gli interscambi da e verso l’Iran sono aumentati significativamente e l’Italia, assieme alla Germania, rappresenta uno dei principali partner europei di Teheran con un export che si attesta sul valore di circa 1,147 miliardi di euro (dati primo trimestre 2017), soprattutto nel settore della meccanica strumentale, e un import di quasi 2 miliardi di euro (2017), rappresentato principalmente da petrolio greggio e prodotti siderurgici.
Il ritiro da parte del governo degli Stati Uniti dall’accordo del 2015, assieme alla reintroduzione delle sanzioni economiche, rischia però di compromettere la tendenza positiva nel flusso import/export Italia-Iran. È importante infatti ricordare che le sanzioni recentemente annunciate dal presidente Trump possono essere applicate anche al di fuori del territorio degli Stati Uniti e possono coinvolgere anche le imprese europee ed italiane.
Per esempio, il documento pubblicato dall’ OFAC lo scorso 8 maggio prevede la revoca, con effetto dal prossimo 5 novembre, delle autorizzazioni rilasciate alle società straniere, controllate o partecipate da società statunitensi, a effettuare transazioni con il governo iraniano e alcuni soggetti sottoposti alla giurisdizione iraniana. Sono, inoltre, reintrodotte alcune sanzioni contro le istituzioni finanziarie straniere che effettuano transazioni con la Banca centrale iraniana e alcune istituzioni finanziare iraniane.
Si tratta di modifiche importanti che potranno incidere anche sulle attività economiche delle imprese e delle istituzioni finanziarie italiane, molte delle quali sono impegnate in gare pubbliche per la fornitura di beni e servizi in Iran. Le società italiane, infatti, potrebbero trovarsi nella situazione di intraprendere attività commerciali, considerate del tutto lecite secondo la normativa europea e, invece, sanzionate secondo il sistema statunitense.
Un esempio è rappresentato dalla vicenda che ha coinvolto la società Dettin S.p.A. di Vicenza. Nel 2014, prima dell’accordo sul nucleare, quest’ultima era stata inserita nella lista dei soggetti “posseduti, controllati o che agiscono a beneficio” dell’Iran passibili di sanzioni per aver fornito a Teheran apparecchiature per impianti petrolchimici per un importo superiore a 1 milione di dollari l’anno.
La vicenda, si era poi conclusa positivamente con la cancellazione nel 2015 dell’impresa italiana dalla lista delle società sottoposte a sanzioni, escluse dal circuito finanziario e dal sistema dei pagamenti internazionali. È questo però lo scenario che potrebbe nuovamente attendere le imprese italiane in seguito alla decisione assunta dall’amministrazione Trump.
L’Unione europea, d’altra parte, ha confermato il proprio impegno rispetto all’accordo con l’Iran e la volontà di proseguire verso la normalizzazione delle relazioni economiche con il Paese.
Resta inteso, inoltre, che l’Unione potrà proteggere le imprese europee e i cittadini europei che effettuano scambi internazionali e/o movimenti di capitali e attività commerciali verso l’Iran, neutralizzando gli effetti delle sanzioni statunitensi, attraverso l’applicazione del c.d. regolamento di blocco (Regolamento (CE) n. 2271/96).
Quest’ultimo è stato emanato nel 1996 come contromisura, con l’obiettivo di contrastare l’applicazione dei provvedimenti emanati dagli Stati Uniti con riferimento alle relazioni con Cuba, l’Iran e la Libia e aventi effetti sulle imprese europee.
Il Regolamento prevede che nessuna sentenza, né decisione amministrativa esterna all’Unione europea, che renda operativi i provvedimenti contro le imprese europee potrà essere accettata o eseguita nel territorio dell’Unione. I soggetti europei che effettuano scambi internazionali e/o movimenti di capitali e attività commerciali, colpiti dai provvedimenti come quelli descritti, hanno inoltre il diritto ad ottenere il risarcimento dei danni.
Il Regolamento è stato oggetto di una proposta di codificazione e modifica nel 2015 e potrebbe ben presto ritornare in auge al fine di contrastare la recrudescenza della politica statunitense nei confronti dell’Iran e di proteggere gli obiettivi dell’Unione europea in termini di libertà di movimento di beni e di capitali, all’interno e all’esterno dell’Unione.
Le norme europee, di fatto, proteggono le imprese italiane, neutralizzando gli effetti dei provvedimenti statunitensi in Europa. Al di fuori dei confini europei, tuttavia, le imprese italiane ed europee rimangono esposte all’applicazione dei provvedimenti statunitensi, con ripercussioni importanti sulla capacità di accedere al circuito finanziario internazionale, al credito e sulla disponibilità dei propri beni al di fuori dell’Unione.
Nonostante il risarcimento venga comunque previsto, è chiaro che le imprese rischierebbero di vedere rallentata la propria operatività e pregiudicati i propri beni.
La decisione del governo statunitense di fare marcia indietro rispetto all’accordo del 2015 introduce un forte elemento di instabilità nel contesto internazionale e rischia di minare i risultati fin qui raggiunti nelle relazioni con l’Iran. Il rischio, ça va sans dire, è quello di indebolire la posizione di chi nel governo iraniano aveva favorito il riavvicinamento all’Occidente.
Sondra Faccio, assegnista di ricerca presso la Scuola di Studi Internazionali