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L’uscita americana dal trattato INF e scenari nucleari in Europa

La posta in gioco è il rischio reale di un balzo all’indietro nella storia, in uno scenario da guerra fredda caratterizzato da crescente ostilità tra Stati Uniti e Russia, pronti a fronteggiarsi in una rovinosa corsa agli armamenti e progressiva instabilità politico-strategica
DAL BLOG
Di Orizzonti Internazionali - 26 ottobre 2018

Docenti di studi internazionali dell'Università di Trento

C’è ancora qualche flebile speranza di salvare il trattato INF (Intermediate Range Nuclear Forces Treaty) nell’incontro annunciato tra Donald Trump e Vladimir Putin che si terrà il prossimo 11 novembre a Parigi.

 

Dopo le dichiarazioni del presidente americano di voler uscire dal trattato e il successivo viaggio a Mosca del super-falco John Bolton, il consigliere per la sicurezza nazionale da sempre ostile a qualunque accordo che possa limitare l’azione americana, le sorti del trattato sui missili terrestri a medio raggio sembrano segnate.

 

Ma, forse, un ripensamento dell’ultimo minuto di Trump nel bilaterale con Putin potrebbe evitare quello che si rivelerebbe un tragico errore dalle imprevedibili conseguenze per la sicurezza globale e in primissimo luogo europea.

 

La posta in gioco è il rischio reale di un balzo all’indietro nella storia, in uno scenario da guerra fredda caratterizzato da crescente ostilità tra Stati Uniti e Russia, pronti a fronteggiarsi in una rovinosa corsa agli armamenti e progressiva instabilità politico-strategica.

 

La denuncia del trattato preannunciata da Trump rischia di assestare un colpo mortale al regime di controllo degli armamenti - instaurato all’indomani della guerra fredda e di cui l’INF è un pilastro fondamentale - che aveva assicurato equilibrio e stabilità strategica tra le due superpotenze.

 

A conclusione della cosiddetta “crisi degli euromissili”, il trattato siglato a Washington nel 1987 da Ronald Reagan e Michael Gorbaciov ha sancito l’abolizione dell’intera classe di missili terrestri con gittata tra i 500 e i 5.500 chilometri. La successiva distruzione di quasi 3.000 vettori nucleari ha contribuito in modo significativo alla pace in Europa e al superamento della guerra fredda.

 

Certo, la Russia è probabilmente colpevole di avere innescato l’attuale crisi e sembrano fondate le accuse americane nei confronti del nuovo missile cruise russo 9M729 che violerebbe gli impegni sottoscritti. Tuttavia, la reazione di Trump è non solo sbagliata ma anche controproducente.

 

E’ sbagliata perché mina la già scarsa credibilità della politica americana di controllo degli armamenti e non-proliferazione, dopo la decisione di Trump di ritirarsi unilateralmente dall’accordo con l’Iran per la sospensione del suo presunto programma militare nucleare.

 

Ancor prima, nel 2001, l’amministrazione Bush aveva malauguratamente fatto carta straccia dello storico trattato ABM per la limitazione dei sistemi di difesa anti-balistica, boicottando poi la ratifica all’accordo CTBT per la messa al bando dei test nucleari.

 

E’ controproducente perché, se gli Stati Uniti si dovessero veramente ritirare dall’INF, la Russia non solo potrebbe rispondere conadeguate contromisure”, come ha già minacciato di fare, ma potrebbe procedere senza più alcun controllo né impedimento verso lo schieramento di missili a raggio intermedio capaci di minacciare l’intero continente europeo. L’abbandono americano dell’accordo, spingerebbe inevitabilmente la Russia a una reazione di pari grado per ristabilire l’equilibrio strategico alterato.

 

Va detto poi che gli Usa difficilmente potranno ottenere un qualche reale vantaggio da questa mossa, visto il loro interesse primario per missili a raggio intermedio basati in aria e mare, esclusi già oggi dall’INF. E appare anche poco convincente l’interpretazione di un possibile vantaggio americano nell’avere mano libera su uno schieramento missilistico a media gittata in chiave anti-cinese

 

Quello nucleare, continua a essere un tema estremamente sensibile e potenzialmente divisivo all’interno di un’Alleanza atlantica già indebolita dalle opinabili scelte di Trump che, in perfetto stile “America First”, hanno duramente segnato i rapporti transatlantici in questi due primi anni di presidenza.

 

Se, contrariamente a quanto successo negli anni ottanta, è oggi improbabile che qualche paese dell’Europa occidentale dia la propria disponibilità a ospitare missili nucleari sul proprio territorio, alcuni stati dell’Europa orientale hanno invece già espresso una posizione favorevole.

 

La fine della solidarietà tra i paesi Nato e un ulteriore scollamento nei rapporti transatlantici potrebbero essere le prime, ma purtroppo non ultime, gravi conseguenze dell’abbandono americano del trattato INF. 

 

Paolo Foradori

Scuola di Studi Internazionali

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