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La nuova leadership cinese dopo il XIX congresso del PCC: tra accentramento del potere e processi d'istituzionalizzazione

Uno dei principali problemi dei regimi a partito unico di tipo leninista è la trasmissione del potere dal vecchio leader al nuovo. In Cina la trasmissione del potere è avvenuta in maniera drammatica durante l’epoca maoista ed è stata molto complessa anche nel periodo post-Dengista, a causa degli strascichi delle proteste del 1989 sulla leadership centrale
DAL BLOG
Di Orizzonti Internazionali - 20 febbraio 2018

Docenti di studi internazionali dell'Università di Trento

di Paolo Rosa, professore di Scienza Politica, Scuola di Studi Internazionali

 

 

Il XIX Congresso del Pcc rappresenta un importante spartiacque politico, non solo perché cade nel mezzo della transizione dalla quinta alla sesta generazione di leader – che andrà al potere con il XX Congresso nel 2022 – ma anche perché evidenzia alcune tendenze in seno al gruppo dirigente cinese che fanno intravedere degli scostamenti rispetto alla prassi seguita negli ultimi decenni.

 

Uno dei principali problemi dei regimi a partito unico di tipo leninista è la trasmissione del potere dal vecchio leader al nuovo. In Cina la trasmissione del potere è avvenuta in maniera drammatica durante l’epoca maoista ed è stata molto complessa anche nel periodo post-Dengista, a causa degli strascichi delle proteste del 1989 sulla leadership centrale (l’epurazione di Zhao Ziyang).

 

Alla fine degli anni Novanta, il processo di successione è stato caratterizzato da una crescente istituzionalizzazione, grazie all’introduzione della regola dei due mandati per le massime cariche del partito e dello Stato, e il limite di età – per ricoprire tali posizioni – fissato a sessantotto anni.

 

Alla luce di ciò, la leadership uscita dal XIX Congresso solleva diverse perplessità. Guardando ai nomi che compongono il Comitato Permanente del Politburo (CPPB) – che è il più importante organo politico/decisionale della Cina – si nota come, dei sette membri del CPPB, nessuno abbia l’età giusta per essere eletto segretario nel 2022, quando, teoricamente, Xi Jinping dovrebbe passare la mano.

 

Il CPPB del XIX Comitato centrale è formato Xi Jinping, sessantaquattro anni, al suo secondo mandato come leader supremo (Segretario del PCC, Presidente della Repubblica e capo della Commissione Militare Centrale); Li Keqiang (Premier), sessantadue anni, legato alla fazione dell’ex segretario Hu Jintao, anche lui al secondo mandato; Li Zhanshu, sessantasette anni, fedelissimo di Xi, in predicato per la presidenza dell’Assemblea Nazionale del Popolo (il Parlamento cinese); Wang Yang, sessantadue anni, legato alla rete politica di Hu Jintao, destinato a dirigere il Comitato Politico Consultivo del Popolo Cinese (una sorta di parlamento parallelo in cui sono rappresentati partiti non-comunisti e importanti personalità della società cinese); Wang Huning, sessantadue anni, proveniente dall’Università Fudan, molto legato a Xi, ma con ottime connessioni personali anche con i due precedenti segretari generali, Jiang Zemin e Hu Jintao (Wang dovrebbe presiedere la Segreteria del partito con una mansione di controllo sul lavoro ideologico); Zhao Leji, sessanta anni, fedelissimo di Xi, indicato come successore di Wang Qishan a capo della potente Commissione di Disciplina del partito (si tratta dell’organo del PCC che ha condotto in questi anni la campagna contro la corruzione); Han Zheng, sessantatre anni, legato al vecchio leader Jiang Zemin e alla fazione del gruppo di Shanghai, che dovrebbe essere nominato vice-premier esecutivo.

 

Come si vede da questo elenco, a differenza del recente passato, quando alla fine del primo mandato, nel CPPB erano nominati gli uomini tra cui sarebbe stato (probabilmente) scelto il successore del segretario in carica, tra i nomi del CPPB del XIX Comitato Centrale non c’è nessuno che – dato il requisito anagrafico – possa diventare il leader della sesta generazione.

 

Ciò ha aperto ampie speculazioni tra gli esperti sul processo di accentramento del potere realizzato in questi anni da Xi Jinping e sulla sua reale volontà di fare un passo indietro – come i suoi predecessori – al compimento del secondo mandato. La principale domanda che gli analisti si pongono, allora, è: sacrificherà Xi Jinping, sull’altare delle sue ambizioni di potere, il precario processo d’istituzionalizzazione della successione della leadership che ha garantito alla Cina un lungo periodo di stabilità dopo la scomparsa di Deng Xiaoping?

 

L’articolo compare anche nel periodico UNITRENTO MaG all’indirizzo web https://webmagazine.unitn.it/internazionale/34406/la-nuova-leadership-cinese

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