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La Legge sul Ripristino della Natura: le sfide e le opportunità per ambiente, economia e società

DAL BLOG
Di Orizzonti Internazionali - 30 marzo 2024

Docenti di studi internazionali dell'Università di Trento

di Michela Faccioli, docente della Scuola di Studi Internazionali e del Dipartimento di Economia e Management, Università di Trento

 

Il 27 febbraio scorso il Parlamento europeo ha approvato (con 329 voti favorevoli, 275 contrari e 24 astenuti) la “Nature Restoration Law”, la cosiddetta Legge sul Ripristino della Natura. Questo regolamento, storico per molti aspetti, mira a proteggere gli habitat terrestri e marini del continente europeo, al fine di contrastare la perdita di biodiversità e ripristinare la natura ad un buono stato di salute, per tutelare il pianeta e le persone. Il processo legislativo è stato tuttavia un percorso accidentato, caratterizzato da visioni contrastanti, resistenze e preoccupazioni da parte di alcune lobby e Stati membri, che hanno portato allo slittamento (a data da destinarsi) dell’approvazione finale da parte del Consiglio dell’Ue e della successiva entrata in vigore formale (previste, inizialmente, per il mese di marzo).

 

Le motivazioni della normativa

La Nature Restoration Law nasce dall’esigenza di contrastare ed invertire l’allarmante perdita di natura e diversità di specie vegetali e animali ed ecosistemi. In Europa, oltre l’80% degli habitat si trova in uno stato di conservazione scadente, principalmente a causa dell’urbanizzazione, della perdita e conversione del suolo e di modelli di produzione e consumo insostenibili. Il ripristino di questi ecosistemi è dunque essenziale (non più un’opzione) per raggiungere gli obiettivi dell’Unione europea in materia di clima e biodiversità. Infatti, ecosistemi con maggiore biodiversità contribuiscono attivamente alla lotta contro i cambiamenti climatici (assorbendo più anidride carbonica) e sono più resilienti al clima che cambia (adattandosi meglio).

 

Il progetto normativo

Per raggiungere gli obiettivi fissati dall'Unione europea, il progetto di regolamento prevede specificatamente il raggiungimento di obiettivi ambiziosi e vincolanti di ripristino della natura. Entro il 2030, gli Stati membri dovranno ripristinare ad un buono stato di salute almeno il 30% degli habitat attualmente non in buone condizioni – tra cui foreste, praterie, ecosistemi agricoli, zone umide, fiumi, laghi, coralli. Questa percentuale di ripristino salirà al 60% entro il 2040 e al 90% entro il 2050. Proteggere questi ecosistemi è fondamentale non solo per la biodiversità, ma anche per avere aria e acqua pulite, per controllare il clima e per prevenire disastri naturali.

 

Nel concreto, il regolamento prevede che entro il 2030 si ripristini il 30% delle torbiere precedentemente drenate per uso agricolo, si promuova l’agricoltura estensiva e sostenibile e venga incrementata la biodiversità negli habitat agricoli, si piantano 3 miliardi di nuovi alberi, si ripristinino le condizioni naturali di almeno 25.000 chilometri di fiumi, e si mantenga ed aumenti la quantità di verde urbano. Secondo quanto previsto, il recupero ambientale dovrà essere garantito nel lungo termine per evitare che ecosistemi ripristinati tornino a degradarsi. Per raggiungere questo obiettivo, gli Stati membri dovranno impegnarsi a sviluppare piani di ripristino nazionali che dettaglino come e quando verranno adottate le misure previste per il raggiungimento degli obiettivi prefissati.

 

L’utilità economica

È noto che la perdita di natura abbia costi economici, poiché il benessere e la prosperità del genere umano dipendono dalla salute dell’ambiente. Il World Economic Forum stima che più della metà del Pil mondiale dipenda dalla natura. I settori più dipendenti dalla natura, e quindi più vulnerabili al verificarsi di danni ambientali, sono l’edilizia (4 mila miliardi di dollari), l’agricoltura (2,5 mila miliardi di dollari) e l’alimentare (1,4 mila miliardi di dollari), ma dipendono indirettamente dalla natura anche settori come l’aviazione, i trasporti, il commercio al dettaglio.
 

La Commissione europea stima che i benefici derivanti dall’applicazione della Legge sul Ripristino della Natura ammonterebbero a circa 1860 miliardi di euro considerando solamente il recupero di torbiere, paludi, foreste, praterie, fiumi, laghi e zone umide costiere. A queste stime andrebbero anche aggiunti i benefici derivanti dal recupero degli ecosistemi marini e urbani, degli agroecosistemi e degli impollinatori. La stima complessiva del rapporto tra i costi e i benefici economici della Nature Restoration Law presuppone che per ogni euro investito il rendimento atteso sarà compreso tra gli 8 e i 38 euro - valori che evidenziano la bonta’ dell'iniziativa.

 

Gli scetticismi

Sebbene i numeri parlino chiaro, durante l’iter legislativo sono emersi alcuni scetticismi riguardo ai benefici della normativa. I critici sostengono che la Legge sul Ripristino della Natura danneggerà l’agricoltura, la pesca e la società in generale, minando la sicurezza alimentare e riducendo i posti di lavoro. La comunità scientifica si è impegnata a controbattere queste argomentazioni (sulla base di prove e dati), dimostrando che pratiche più sostenibili, volte all’aumento della biodiversità, aiuteranno (nel lungo termine) l’agricoltura e la pesca, senza necessariamente ridurre il fabbisogno di manodopera. Questo non è tuttavia risultato sufficiente per convincere gli oppositori dell’iniziativa.

Per cercare il compromesso, durante l’iter legislativo, il Parlamento era intervenuto prevedendo un freno di emergenza ed includendo nel testo del regolamento una clausola (articolo 27), che contempla la possibilità di sospendere gli obiettivi di ripristino degli ecosistemi agricoli nei casi eccezionali in cui la produzione alimentare dell’Ue venga messa in pericolo. Ciò nonostante, l'approvazione da parte del Consiglio dell’Ue (inizialmente data quasi per scontata e prevista per il 25 marzo scorso) è stata rinviata a data da destinarsi per mancanza di una maggioranza favorevole degli Stati membri. A determinare questo risultato inatteso - nonostante l’ampio sostegno dei cittadini, del Parlamento europeo, degli scienziati, delle imprese e di 19 Stati membri - sono stati il dietro-front dell'Ungheria, il voto contrario di Italia, Svezia, Polonia e Paesi Bassi, e l’astensione di Austria, Finlandia e Belgio.

 

Il caso Inglese

Mentre l'Europa è divisa attorno alla Legge sul Ripristino della Natura, il 12 febbraio scorso è entrata in vigore in Inghilterra un'altra legge storica sulla difesa della biodiversità, basata sul cosiddetto principio del “Biodiversity Net Gain” o "Guadagno Netto di Biodiversità". Secondo questa legge, nel caso di interventi edilizi che comportino la perdita di habitat naturale, i costruttori avranno l’obbligo non solo di ripristinare ma anche di aumentare (almeno del 10%) la biodiversità rispetto ai livelli precedenti l’intervento (e di mantenere i miglioramenti conseguiti per almeno 30 anni).

Come nel caso europeo, l’obiettivo delle legge è prevenire la perdita degli ecosistemi naturali e allo stesso tempo promuovere la tutela dell’ambiente. In Inghilterra, questo obiettivo verrà perseguito mediante la creazione (nel medio termine) di un mercato di scambio dei crediti di biodiversità che introdurrà un costo associato alla distruzione degli habitat e renderà remunerativa la protezione ambientale, per un uso più sostenibile del territorio.

Similmente alla Legge sul Ripristino della Natura, ci si aspetta che anche la legislazione inglese sul Biodiversity Net Gain genererà più benefici che costi (considerando oltretutto che nel caso inglese i costi di implementazione degli interventi di ripristino saranno a carico dei costruttori edili). Ciò nonostante, i risultati di recenti esperienze pilota di implementazione della legge sul “Guadagno Netto di Biodiversità” mostrano che esistono una serie di criticità che possono mettere a repentaglio il successo della politica. Tra questi c’è il rischio che gli obiettivi di biodiversità non vengano raggiunti, soprattutto a causa di lacune di governance e della mancanza di un sistema di monitoraggio efficace (come dimostrato da ricerche recenti). Inoltre, come discusso in un’altra nuova pubblicazione, i progetti di miglioramento della biodiversità possono portare a benefici economici più o meno grandi, a seconda di come, dove e per chi questi progetti vengono implementati.
 

Queste sfide saranno rilevanti anche per la nascente normativa europea sul ripristino della natura. Gli Stati membri devono quindi guardare con attenzione alle esperienza di Paesi che già hanno implementato una legislazione simile (ad esempio l’Inghilterra) per imparare dai casi di successo e ridurre al minimo il rischio di fallimento.

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