I Balcani cercano la strada per Bruxelles con lo spettro della Serbia dominante e i fantasmi dell'ex Jugoslavia


Docenti di studi internazionali dell'Università di Trento
di Jens Woelk, professore associato di Diritto costituzionale comparato presso la Scuola di Studi Internazionali, Università di Trento
Che cosa sta succedendo nei Balcani occidentali? Com’è la situazione attuale? Dopo anni di brutte notizie, sembra tornare un cauto ottimismo nei confronti della regione. Il 12 luglio, a Trieste, si è svolto il quarto incontro del “processo di Berlino”, un vertice intergovernativo, ma anche un’occasione d’incontro con la società civile. Tale processo è iniziato nel 2014, centenario dell’inizio della Prima Guerra Mondiale, per dare una prospettiva concreta ai paesi balcanici dopo che il Presidente della Commissione Ue, Juncker, aveva escluso che entro il 2020 ci potessero essere ulteriori adesioni all’Unione Europea.
Ma proprio la prospettiva della loro adesione aveva contribuito a stabilizzare i paesi dell’area balcanica nella loro transizione multipla e post-conflitto, perché prepararsi ad una futura adesione significa iniziare e mantenere in vita un processo di profonda riforma. Un processo assistito e monitorato dall’Ue, rivolto soprattutto a riformare le amministrazioni ed i sistemi giudiziari. Tuttavia, con la “fatica di allargamento” da parte dell’Ue, quest’ultima si è dovuta porre la domanda su come assicurare una dinamica positiva di trasformazione e come consolidare le istituzioni, sviluppando ulteriormente le economie dei sei Stati dell’area: Bosnia-Erzegovina, Serbia, Macedonia, Kosovo, Montenegro e Albania.
Nato da un’iniziativa diplomatica tedesca, per ovviare all’impasse politico-costituzionale in Bosnia attraverso una cooperazione in campo economico, tale approccio è stato ampliato nella sua portata e allargato all’intera regione. Infatti, con la formula “6 + 6”, il “processo di Berlino” propone un confronto periodico fra i sei Stati balcanici e sei Stati membri dell’Ue (Austria, Francia, Germania, Croazia e Slovenia) oltre ai rappresentanti delle istituzioni Ue. Così al vertice di Trieste si sono discusse le fondamenta per un mercato comune nei Balcani, le possibilità di aumentare la cooperazione nella regione nonché la creazione di nuove infrastrutture e servizi in ambito energetico; altri temi riguardavano il controllo delle migrazioni e la lotta comune contro la corruzione, il terrorismo e i radicalismi. La costituzione di una “area regionale di scambi economici” che comprende i 20 milioni di persone dei sei paesi dovrebbe creare ulteriori incentivi per armonizzare la loro legislazione e ridurre ostacoli commerciali creando e attraendo così più investimenti. Infatti, le prospettive economiche dovrebbero migliorare con misure di integrazione regionale e portare alla creazione di nuovi posti di lavoro, fino a 80.000, da una stima del commissiario Ue competente, Johannes Hahn.
Secondo un’analisi dell’Imf e della Banca Mondiale, tali misure dovrebbero rafforzare la crescita economica oltre il 4% annuo nel periodo 2018-2022, corrispondenti ad un incremento di 15-17 miliardi di euro del Pil nominale nella regione. Il 76% delle merci dei sei paesi viene scambiato con l’Ue, nonostante la permanenza di ostacoli commerciali, anche dopo la loro adesione all’area di libero scambio dell’Europa centrale (Cefta) nel 2007. A Trieste si discutono anche progetti infrastrutturali, utili sia per collegare meglio la regione con l’Unione europea, sia per facilitare la circolazione e gli scambi al suo interno. Il progetto di una maggiore integrazione regionale, che dovrà eliminare gradualmente tali ostacoli, viene tuttavia criticato, per motivi politici, in particolare dai governi del Kosovo e dell’Albania, che temono che esso sia una mera sostituzione per l’adesione, rimandata, all’Ue.
Poiché la liberalizzazione delle economie dell’area è già in gran parte avvenuta, sono in realtà i problemi politici che pongono gli ostacoli maggiori al progetto di una cooperazione regionale. In particolare, la paura del rischio di essere dominati dal paese chiave in termini economici, la Serbia, che ancora non riconosce il Kosovo, anche a quasi 10 anni dall’indipendenza: per tanti c’è lo spettro del passato, in quanto la nuova area integrata assomiglia alla vecchia Jugoslavia, senza Slovenia e Croazia (ormai Stati membri UE), ma con in più l’Albania. Ci sono inoltre altri gravi problemi da risolvere per cui un’integrazione regionale da sola non può offrire delle soluzioni, ad esempio la corruzione e i problemi con l’attuazione del principio dello Stato di diritto.
A causa del forte rallentamento della prospettiva di un’adesione piena, è tuttavia importante che si riesca a creare incentivi per la cooperazione basata su un interesse comune. Servono passi concreti e tangibili, anche per assicurare un consenso nella popolazione dei paesi in un periodo in cui sta fortemente diminuendo l’interesse e l’impegno degli Stati Uniti nell’area e crescendo l’influenza russa e turca, con il rischio di nuova instabilità. Pertanto l’Ue dovrà dimostrare la continua attrattività dell’obiettivo di una futura adesione. Qualche anno fa il processo della liberalizzazione dei visti ha raggiunto un tale obiettivo, accelerando il processo di riforma perché permetteva a tanti cittadini dei Balcani di muoversi liberamente nell’area Schengen (anche se il Kosovo non è ancora pienamente incluso in tale regime). Un’interessante proposta è l’estensione dell’area di roaming oppure del programma Erasmus, entrambi storie di successo nell’Ue: l’estensione ai Balcani potrebbe creare degli effetti positivi simili a quelli della liberalizzazione dei visti di qualche anno fa.
Il prossimo vertice è già in programma per Londra l’anno prossimo, esattamente 100 anni dopo la fine della Prima Guerra Mondiale. C’è da auspicarsi che il processo di Berlino, per la regione e per l’Unione Europea, non sia solo una sala d’attesa oppure una strada senza uscita, ma la via giusta verso la destinazione Bruxelles (cioè l’adesione all’UE): in tal caso, sarebbe una deviazione, che servirà per consolidare le riforme ed essere preparati meglio. E’ però importante che non manchino i passi concreti per le popolazioni.
Per approfondire:
Vertice di Trieste sui Balcani Occidentali – in: Affari Internazionali, Rivista Online di politica, strategia ed economia: https://www.balcanicaucaso.org/Dossier/Il-processo-di-Berlino
http://www.affarinternazionali.it/archivio_articoli.asp?TagID=178
Dossier sul vertice annuale del “processo di Berlino”: Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa: https://www.balcanicaucaso.org/Dossier/Il-processo-di-Berlino