Ecco perché le app non fermeranno la diffusione del Covid: la digitalizzazione del contact tracing (Parte II)


Docenti di studi internazionali dell'Università di Trento
di Georgios Glouftsios, Assegnista di Ricerca, Scuola di Studi Internazionali, Università degli Studi di Trento
L'adozione di proximity sensing apps che facilitano il tracciamento dei contatti (contact tracing) tra individui infettati da COVID-19 può essere letta come una manifestazione del soluzionismo tecnologico che caratterizza le nostre società contemporanee. Con il termine soluzionismo tecnologico ci si riferisce all'idea che per ogni problema sociale - in questo caso la diffusione di una malattia e i limiti del tracciamento umano dei contatti – ci sia sempre una soluzione tecnologica. Ma il tracciamento digitale dei contatti è davvero una panacea?
Preoccupazioni sull'utilità della tracciatura digitale dei contatti
È in realtà impossibile garantire l'utilità e l'efficacia del contact tracing digitale, non solo perché si tratta di una tecnica nuova, ma anche perché ci sono ancora diverse incertezze sull’applicazione tecnica delle proximity sensing apps e sulle modalità di adozione in combinazione con altre misure.
Innanzitutto, un prerequisito per un'efficace tracciamento dei contatti è la possibilità di svolgere test per il COVID-19 in modo rapido e su larga scala. Il contact tracing produrrà risultati e contribuirà a contenere la malattia solo se le autorità sanitarie avranno la capacità di testare rapidamente tutti i contatti identificati, nonché di mettere in quarantena e curare coloro che sono stati effettivamente infettati. In Italia e in altri Paesi europei, le persone che vengono sottoposte al test per il COVID-19 sono quelle che presentano sintomi. Tuttavia, affinché il contact tracing sia efficace, le autorità dovrebbero essere in grado di identificare le persone asintomatiche portatrici del virus. Se queste persone non vengono sottoposte al test, le autorità non saranno in grado di determinare se sono effettivamente infette, i loro contatti non saranno registrati e la catena di contagio non sarà spezzata. In breve, la ricerca digitale dei contatti ha molto poco da offrire in assenza di test diffusi e rapidi, quarantena per le persone infette, e fornitura di un trattamento medico adeguato.
Inoltre, l'efficacia del contact tracing dipenderà in larga misura dalla percentuale di popolazione che installerà e utilizzerà le proximity sensing apps. Se questa percentuale sarà inferiore al 50-70%, molte persone sintomatiche non sapranno se sono state in contatto con una persona infetta, le persone asintomatiche continueranno a trasmettere il virus, e la malattia non smetterà di diffondersi. A questo proposito, è necessario considerare che non tutti hanno uno smartphone, non tutti gli smartphone hanno la capacità di installare il software necessario per il funzionamento delle proximity sensing apps, e che molti non installeranno il software per via di preoccupazioni legate alla privacy, oltre che ai potenziali rischi di sorveglianza da parte di governi o aziende. Poiché nella maggior parte dei paesi le proximity sensing apps saranno volontarie, non è chiaro se un numero sufficiente di persone le installerà.
Un altro problema è legato alla precisione di rilevamento della tecnologia Bluetooth. Come la maggior parte degli utilizzatori di smartphone sa, il Bluetooth è in grado di riconoscere i dispositivi a breve distanza, anche attraverso vetri o pareti . Questo potrebbe portare a un eccesso di falsi positivi, ovvero persone che sono state identificate come contatti ma che non sono state mai a rischio di contagio, perché ad esempio hanno mantenuto una distanza sufficiente all’interno di un negozio, o in coda all’esterno di una farmacia. Il Bluetooth non è in grado di riconoscere facilmente se una persona infetta si è trovata a una distanza minore di 1,5-2 metri per un certo periodo di tempo, oppure dietro a un vetro o un muro.
Non è inoltre in grado di riconoscere se le persone che sono state in contatto utilizzavano dispositivi di protezione, come maschere e guanti: questo diventa particolarmente rilevante nel caso di persone che, per motivi di lavoro, entrano in contatto con molti individui quotidianamente (per esempio, cassieri, medici e infermieri). Se l'accuratezza delle proximity sensing apps non può essere garantita, c'è il rischio che il contact tracing digitale si traduca in molti falsi positivi che potrebbero potenzialmente sopraffare i sistemi sanitari pubblici con persone che temono di essere infette perché hanno ricevuto una notifica sui loro smartphone. Naturalmente, per affrontare il rischio di tali falsi positivi, i governi e le aziende tecnologiche dovrebbero anche mettere in atto misure adeguate per evitare che le persone segnalino infezioni false, intenzionalmente o meno.
Rischi sociali e preoccupazioni in materia di sorveglianza
Le proximity sensing apps potenzialmente possono contribuire agli sforzi dei funzionari della sanità pubblica per fermare la diffusione del COVID-19 e prevenire una seconda ondata di infezioni, ma generano anche preoccupazioni relative ai diritti civili e alle libertà.
Andrebbe chiarito che il dibattito sull'adozione delle app per il tracciamento dei contatti non deve per forza esaurirsi nella scelta dicotomica tra protezione della salute pubblica o protezione della privacy. La salute pubblica e la privacy non sono in reciproca contraddizione. L'efficacia del contact tracing digitale, invece, dipenderà proprio in larga misura dalla capacità delle proximity sensing apps di rispettare o meno la privacy. Come già osservato in precedenza, affinché il contact tracing digitale porti i risultati attesi, le proximity sensing apps dovrebbero essere utilizzate da un'ampia percentuale della popolazione. Perché questa soluzione digitale sia ampiamente utilizzata, le persone dovrebbero potersi fidare di queste app. Il livello di fiducia necessario potrà essere raggiunto soltanto se i cittadini sapranno che i loro diritti e le loro libertà saranno salvaguardati, che le app proteggeranno la loro privacy e che politiche chiare e trasparenti garantiranno che i dati di contatto non siano utilizzati dai governi e dalle grandi aziende tecnologiche per scopi diversi da quelli della salute pubblica (ad esempio, per scopi pubblicitari o per funzioni di ordine pubblico).
La minimizzazione della raccolta di dati sensibili dovrebbe essere un principio centrale che guida qualsiasi schema di tracciamento dei contatti: le proximity sensing apps dovrebbero raccogliere il minor numero possibile di dati. Inoltre, le app non dovrebbero raccogliere dati o metadati di geolocalizzazione, come l'indirizzo IP, poiché questi possono rivelare l'identità dei proprietari degli smartphone. Come evidenziato in un rapporto pubblicato di recente dalla Electronic Frontier Foundation (un gruppo internazionale non-profit per i diritti digitali con sede a San Francisco) un aspetto cruciale è anche la natura volontaria dei sistemi di tracciamento dei contatti. Se le persone si sentono costrette a installare le app, possono elaborare strategie per evitare il tracciamento, ad esempio spegnendo gli smartphone, lasciandoli a casa o acquistandone altri.
Piuttosto che generare sospetti, questi comportamenti dovrebbero essere visti come un tentativo di resistere alla sorveglianza. È anche importante che le persone abbiano la possibilità di spegnere le loro app quando svolgono attività che percepiscono come sensibili, come l'attivismo politico o sociale. Il numero di persone che installeranno le proximity sensing apps dipenderà certamente dal livello di invadenza del contact tracing digitale. Pertanto, i governi dovrebbero essere trasparenti sulle loro strategie di contact tracing, così da far sentire le persone al sicuro nell’utilizzare le app e contribuire a fermare la diffusione della malattia.
Un altro rischio legato al tracciamento dei contatti è il cosiddetto "function creep". Il termine si riferisce all'uso potenziale dei dati prodotti dalle proximity sensing apps da parte delle forze dell'ordine, per scopi di antiterrorismo, o per la gestione delle migrazioni e il raggiungimento di scopi diversi dalla protezione della salute pubblica. Un modo per salvaguardare il principio di limitazione della finalità ed evitare il function creep è quello di assicurarsi che le liste di codici crittografati generati e trasmessi via Bluetooth siano memorizzate solo localmente sugli smartphone. Se queste liste vengono memorizzate in una banca dati centrale a cui può accedere un ente sanitario pubblico, c'è sempre il rischio che i dati possano esser condivisi con altre autorità, come ad esempio la polizia.
Un altro modo per evitare il "function creep" è l'introduzione di regole severe sul periodo di conservazione dei dati. I dati dovrebbero essere cancellati quando non sono più necessari per scopi di salute pubblica per garantire che in futuro non vengano utilizzati per altri scopi. Oltre all'utilizzo dei dati di contatto da parte delle autorità governative, il principio di limitazione della finalità dovrebbe anche impedire alle aziende private di utilizzare questi dati per attività commerciali, come la pubblicità e il marketing.
L’ attuale crisi sanitaria legittima misure di sorveglianza altamente controverse che, in circostanze diverse, sarebbero considerate altamente invadenti e antidemocratiche. I governi dovrebbero garantire che queste misure non persistano dopo la fine della crisi. Questo è accaduto, invece, dopo gli attentati terroristici dell’11 settembre, che hanno portato alla realizzazione di infrastrutture di sorveglianza sia negli Stati Uniti che in Europa. Il dibattito sull’antiterrorismo è stato inquadrato come un dibattito incentrato sulla dicotomia privacy/sicurezza, che ha infine giustificato la sorveglianza come necessaria per la sicurezza pubblica. Purtroppo questo dibattito sta emergendo anche oggi. Ma quando la crisi sanitaria sarà finita, i sistemi di contact tracing dovranno essere immediatamente dismessi.
Il contact tracing digitale rivoluziona radicalmente le capacità di sorveglianza, e richiede quindi un dibattito trasparente e democratico. Nel caso del contact tracing digitale, la sorveglianza non riguarda un piano legato a uno spostamento verso il totalitarismo, ma una modalità di controllo basata sull'idea che chiunque possa essere un organismo malato, i cui contatti dovrebbero essere monitorati in ogni momento. Come spiega Martina Tazzioli (professoressa di politica e tecnologia all'Università Goldsmiths a Londra) in un articolo pubblicato di recente da OpenDemocracy, c'è una narrazione problematica secondo la quale "se i cittadini non accettano la sorveglianza e il controllo, sono contro la responsabilità collettiva e il bene comune. Come se la prima (la sorveglianza) dovesse essere il modo per proteggere il secondo (il bene comune), e solo l'accettazione dell'una potrebbe essere una garanzia dell'altro" (traduzione mia dall’inglese).
Accettare che l'unica soluzione praticabile alla crisi attuale sia l'adozione di tecnologie di sorveglianza digitale oscura gli altri necessari dibattiti sulla necessità di espandere le potenzialità dei sistemi sanitari (con potenziamento delle terapie intensive, aumento del personale sanitario, acquisto di equipaggiamento medico), la distribuzione di dispositivi di protezione, e la fattibilità di test rapidi e su larga scala. Le app da sole non fermeranno la diffusione del COVID-19.