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Debitori di tutto il mondo, unitevi. Il Covid-19 ci getta in una crisi senza precedenti ma dalla quale possiamo alzarci: ecco come

Le misure necessarie a superare la crisi innescata dalla pandemia porteranno ad un ingente aumento del debito pubblico (superiore al 150%): occorre preoccuparsi? Ecco perché non dobbiamo perdere la fiducia e una ricetta per ripartire guardando già al futuro
DAL BLOG
Di Orizzonti Internazionali - 01 maggio 2020

Docenti di studi internazionali dell'Università di Trento

di Stefano Schiavo, professore di Politica economica presso la Scuola di Studi Internazionali e il Dipartimento di Economia e Management dell’Università di Trento

 

 

Per uscire dalla crisi economica innescata dal coronavirus saranno necessarie misure eccezionali, che vedranno i governi nazionali in prima linea con piani di sostegno alle imprese e di stimolo della domanda. Tutto questo porterà ad un aumento del debito pubblico di dimensioni mai viste dal dopoguerra. Il Fondo Monetario Internazionale prevede che da qui a fine anno, nonostante la graduale ripresa delle attività, il debito pubblico aumenterà di circa 6 000 miliardi di dollari nei soli paesi avanzati: un “balzo” che fa impallidire quelli visti durante la crisi finanziaria del 2008. Per non andare troppo lontano, l’Italia è destinata a vedere il proprio debito pubblico superare la soglia del 150% del Pil.

 

Considerati i problemi che l’eccesso di indebitamento ha generato in molti paesi europei dieci anni fa (la cosiddetta crisi del debito sovrano portò ad una nuova pesante recessione nell’area euro, con un rischio concreto di implosione), dobbiamo allacciare le cinture e prepararci al peggio? Forse no. È chiaro che prima o dopo i debiti devono essere ripagati, e questo solitamente avviene attraverso un mix di minori spese e maggiori tasse. Nessuna delle due strade ha mai goduto di numerosi ammiratori; per di più, nel mondo post-Covid i cittadini si aspettano un aumento degli investimenti pubblici nella sanità, non certo tagli. Come fare allora a garantire sostegno all’economia senza innescare una nuova, pesante crisi di sostenibilità del debito?

 

A differenza di quanto avvenuto 10 anni fa, questa volta c’è un elemento nuovo. Le banche centrali hanno indicato la propria disponibilità a “monetizzare” parte del debito, quindi ad acquistare (in modo diretto o indiretto) una quota dei titoli emessi dagli stati per finanziare la ripresa. In tempi normali questo sarebbe un tabù, perché potrebbe portare ad un aumento incontrollato dell’inflazione, come è avvenuto negli anni ‘70.  Ma questi non sono tempi normali e un’inflazione moderata può contribuire a ridurre il peso del debito. Quali sono i principali elementi di novità?

  • Negli ultimi anni le banche centrali dei paesi avanzati hanno già acquistato ingenti quantità di titoli di stato per fornire liquidità al sistema bancario e stimolare l’economia (il cosiddetto quantitative easing). A fronte di questi interventi, l’aumento dei prezzi è stato molto contenuto e, di fatto, al di sotto dei target che le banche centrali si sono date (in modo implicito o esplicito molte banche centrali mirano ad un tasso di inflazione intorno al 2% annuo).
  • Il prezzo del petrolio, che in passato ha spesso contribuito ad alimentare l’inflazione, è ai minimi storici ed è probabile che rimanga a livelli bassi per qualche tempo.
  • Ci si aspetta un rimbalzo dell’economia nel 2021 e negli anni successivi, ma per quanto l’economia ricominci a correre, ci vorrà un po’ per tornare a pieno regime. Tensioni al rialzo dei prezzi, che avvengono quando la domanda supera l’offerta, sono di là da venire.
  • Il costo del debito pubblico (il tasso di interesse pagato dai governi sui titoli di stato) è molto basso (in questo caso l’Italia fa parziale eccezione). Questo è quindi un “buon momento” per indebitarsi. Se l’intervento pubblico si traduce in un effettivo rilancio dell’economia e genera tassi di crescita sostenuti, allora l’ammontare del debito in proporzione al Pil tenderà a calare in modo automatico. Ciò avviene ogni volta che il Pil cresce ad una velocità superiore al tasso di interesse pagato sul debito, perché il denominatore del rapporto debito/PIL cresce più velocemente del numeratore, facendo diminuire il valore del rapporto stesso.

Tutte queste considerazioni ci portano a pensare che l’indebitamento sia meno problematico che in passato, e che i rischi legati all’inflazione siano ridotti. Ciò non vuol dire però che la strada sia necessariamente in discesa.

 

In primo luogo, va tenuto conto che il sostegno delle banche centrali non durerà in eterno. La Bce, per esempio, ha indicato una disponibilità che si estende per ora al 2021. E’ possibile che, se necessario, questo tipo di interventi venga esteso, ma darlo per scontato nel lungo termine è rischioso.

 

In secondo luogo, è necessario che le misure di sostegno all’economia siano efficaci. L’Italia, per esempio, viene da molti anni di crescita anemica. Se analizziamo il tasso di crescita della nostra economia, scopriamo che negli ultimi 20 anni esso è stato superiore al tesso di interesse pagato sui titoli di stato solo in due anni (nonostante i tassi di interesse fossero relativamente bassi). A questo si aggiunge che il costo del debito (determinato dal famigerato spread) è tuttora più elevato di quello di altri paesi europei.

 

Da ultimo, ma questa è senz’altro una questione chiave, una volta sconfitto il coronavirus, il mondo avrà di fronte una sfida ancora maggiore, quella contro il cambiamento climatico. Questo è un ambito in cui saranno necessari altri ingenti investimenti pubblici per facilitare e velocizzare la transizione verso la sostenibilità ambientale. Se la pandemia Covid-19 ha rappresentato una sfida globale senza precedenti, il cambiamento climatico e i suoi potenziali effetti negativi lo sono ancora di più.

 

Come fare quindi per risollevarsi dalla crisi indotta dal coronavirus senza compromettere la capacità di affrontare le sfide future? Sarà importante indirizzare la spesa pubblica verso iniziative che generino crescita, ma rappresentino anche una soluzione a problemi futuri. Anziché ripristinare l’esistente, andrà fatto uno sforzo per ripensare il funzionamento dell’economia e della società in chiave sostenibile. Investimenti pubblici e incentivi che promuovano il risparmio energetico, la tutela e il ripristino del suolo, la mobilità sostenibile possono avere il doppio effetto di rilanciare l’economia e contribuire ad affrontare le sfide che abbiamo di fronte.

 

Allo stesso modo, aumentare la spesa nel sistema sanitario può avvenire anche investendo nella prevenzione delle malattie, in modo da garantire una migliore qualità della vita e maggiori risparmi futuri. Anche le tasse possono essere rimodulate (a parità di pressione fiscale) per incentivare la riduzione delle emissioni (carbon tax), il consumo di plastica e materie prime (plastic tax) e contribuire a stimolare una transizione verso la sostenibilità. La strada è stretta e in salita, ma non ce ne sono molte altre.

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