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"Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi", il Gattopardo induce a pensare e agire coraggiosamente

L'autore de Il Gattopardo proverebbe in realtà a smuovere le coscienze, vorrebbe inoculare nel lettore una carica di reazione al tragico pessimismo da lui sparso appositamente a piene mani per indurci ad agire e a pensare coraggiosamente, per portarci verso un cambiamento vero
DAL BLOG
Di Nicola Zoller - 25 dicembre 2022

Socialista dal 17° anno d'età, continua a dedicarsi allo studio del pensiero progressista e democratico

"Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più sono privo di illusioni; e che cosa se ne farebbe il Senato di me, di un legislatore inesperto cui manca la facoltà d’ingannare se stesso, questo requisito essenziale per chi voglia guidare gli altri?”.

 

Il governo sabaudo gli stava offrendo un seggio senatoriale all’indomani dell’annessione della Sicilia al regno di Sardegna. Ma don Fabrizio, principe di Salina, oppone queste parole - di una antica e ormai sconosciuta dignità - al funzionario piemontese, il cavaliere Chevalley, che stava attendendo il suo assenso.

 

“Voi adesso - prosegue Salina con crescente disincanto - avete bisogno di giovani, di giovani svelti, con la mente aperta al come più che al perché e che siano abili a mascherare, a contem-perare volevo dire, il loro preciso interesse particolare con le vaghe idealità politiche”.

 

Finisce per consigliare al governo di offrire quella carica ad un rappresentante dei nuovi tempi, a quel Calogero Sedara, che l’autore de Il Gattopardo aveva così descritto qualche pagina prima: “...procedeva nella foresta della vita con la sicurezza dell’elefante che, svellendo alberi e calpestando tane, avanza in linea retta non avvertendo neppure i graffi delle spine e i guaiti dei sopraffatti”.

 

Eppure don Fabrizio è consapevole della fine irrevocabile delle vecchie istituzioni, alle quali non è mai stato particolarmente affezionato ma a cui si sente ancora legato - fuori da scaltri trasformismi - almeno “dai vincoli della decenza”.

 

Il futuro è dei Sedaradegli sciacalletti, delle iene che sostituiranno i Gattopardi, i Leoni. Il futuro è dei Tancredi Falconieri - nipote di don Fabrizio e futuro genero del Sedara - garibaldino dell’ultima ora, arido quanto il suocero, “capace di barattare assai vantaggiosamente sorrisi e titoli propri con avvenenze e sostanze altrui”. E’ Tancredi che proferisce le parole fatidiche che affliggeranno sempre i leali cultori dell’ ottimismo della volontà: “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”.

 

Tancredi è il precursore e l’erede del "novismo trasformista” d’ogni tempo e luogo.

 

Rimane - per chi conserva una quota di speranza sulla possibilità di un graduale progresso - l’eventualità di interpretare la realistica e impietosa descrizione offertaci da Tomasi di Lampedusa, non come una resa ma come una denuncia: dunque la previsione di Tancredi sarebbe falsa, l’autore de Il Gattopardo proverebbe in realtà a smuovere le coscienze, vorrebbe inoculare nel lettore una carica di reazione al tragico pessimismo da lui sparso appositamente a piene mani (“Il dopo sarà diverso, ma peggiore”...) per indurci ad agire e a pensare coraggiosamente, per portarci da qui verso un cambiamento vero. La speranza è ancora l’ultima dea?

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