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Se la foto di un dirigente su Instagram scatena le malelingue e il concetto di ''inadeguato'' nel mondo della scuola

Il finire dell'estate è stato animato da un gossip nel mondo scolastico trentino. Un dirigente di un istituto scolastico ha pubblicato una sua foto in spiaggia su Instagram e subito è partito il tam-tam. Qualcuno l'ha definita inopportuna o sconveniente ma cosa lo è, soprattutto nel mondo della scuola'
DAL BLOG
Di Il Lanternino - 21 ottobre 2019

di Stefano Zangrando, docente, traduttore e autore

Testimoni affidabili mi hanno da poco riferito un gossip che ha animato le chat estive di una parte del mondo scolastico trentino. Un dirigente di un istituto ha pubblicato sul proprio profilo Instagram una sua foto su una spiaggia assolata, in costume e con le braccia allargate, come per stiracchiarsi in un abbraccio al cielo azzurro. Nel giro di poco, la foto ha fatto il giro delle chat private di molti insegnanti e studenti, esponendo il dirigente, giovane e di bell’aspetto, al pubblico ludibrio. Pare inoltre che al collegio docenti di inizio settembre il medesimo si sia presentato con un paio di jeans “di due taglie più stretti” (sic).

 

Non è difficile indovinare quali commenti tutto questo possa aver suscitato tra i famelici spettatori: la foto è apparsa “inopportuna” o “sconveniente” a molti docenti, mentre c’è da credere che negli studenti non abbia strappato più di qualche risata. Se poi l’ha vista pure qualche genitore, suppongo che fra questi la reazione sia stata un misto fra la prima e la seconda. Il fatto è che, mentre il mondo della scuola è deputato all’istruzione e all’educazione e seleziona quindi al suo interno persone che perseguano in qualche modo quest’obiettivo, le famiglie degli alunni sono un campione più variegato e realistico del mondo che c’è fuori. Quanto ai jeans troppo stretti, qualche insegnante potrebbe averli trovati persino “indecenti”.

 

Insegno da abbastanza tempo per poter affermare con qualche certezza che il male peggiore della scuola non è il buonismo o il parassitismo, come si crede per lo più a destra, né il numero eccessivo di studenti per classe o la carenza di sostegni e supporti alle diversità, come si ritiene spesso a sinistra, ma un perbenismo moralista e a tratti dabbene, incapace persino di distinguere tra cosa debba suscitare indignazione e cosa è semplicemente di cattivo gusto. Nelle riunioni d’inizio anno emerge spesso, tra gli insegnanti di ogni dove, l’imperativo della decenza: si mettano al bando e si sanzionino le “parolacce” e l’abbigliamento “inadeguato”! Io di solito taccio e me ne sto da parte, salvo poi, entrato in classe, spiegare fin dalle prime lezioni ai ragazzi che, se le “parolacce” si trovano sul vocabolario, vuol dire che esistono per essere usate, ma che il loro utilizzo va governato da una competenza “sociolinguistica”, per cui bisogna saper distinguere in quale contesto possono essere impiegate e in quale no (senza contare che molta buona letteratura contemporanea ne è piena, di “parolacce”, e ogni tanto, in ossequio a un realismo linguistico molto italico, spunta persino qualche bestemmia).

 

Lo stesso vale per l’abbigliamento: non si può vietare a un essere umano di esporre il proprio corpo come parte dell’espressione di sé, purché sappia discernere quando e come farlo. Ora, un “vaffanculo” in classe o un pantalone attillato che offra agli occhi altrui le parti basse senza lasciare spazio all’immaginazione – vale anche per i prof – non aprono una questione morale o di costume, ma di competenza relazionale e, da ultimo, di stile. Io stesso come insegnante potrei pescare occasionalmente un’espressione da una riserva di “parolacce” per attirare l’attenzione degli studenti più sbracati e distratti, magari poi facendo riflettere su ciò che ho appena detto e sull’effetto che ho ottenuto. Sull’abbigliamento sono invece meno indulgente, ma in modo più rammaricato che severo, proprio in quanto credo che i diritti dell’immaginazione siano più importanti di quelli della foia, perché sono più culturali, più civilizzati: più diritti e meno bisogni, appunto.

 

Che c’è dunque di tanto “inopportuno” o “sconveniente” in un dirigente che si mostra in costume da bagno e a braccia aperte su una spiaggia? Niente. La foto è stata mostrata anche a me e tutto ciò che ci ho visto è stato un semplice, comunissimo eccesso di incontinenza narcisistica. Una piccola mancanza di stile, insomma. Se un funzionario pubblico si espone in una posa tanto gaia e compiaciuta, il suo non è un atto riprovevole – e perché mai dovrebbe esserlo? –, è solo uno scivolone estetico non privo di comicità involontaria, come lo è ogni foto o selfie che ci immortali mentre mostriamo le piume con la speranza indomabile di procurare consenso alla nostra immagine. – Quanto ai jeans “troppo stretti”, io quelli non li ho visti e quindi non posso valutare se fossero o no di buon gusto. Né se fossero effettivamente troppo stretti.

 

Un paio d’anni fa, nel giorno del suo 65° compleanno, Vittorio Sgarbi si fece fotografare nudo seduto sul water mentre telefonava a Gianluigi Buffon. Oggi Sgarbi è il nuovo presidente del Mart e qualche giorno fa, all’inaugurazione della mostra su Isadora Duncan, ha incassato calorosi applausi bipartisan per la sua introduzione alla nuova stagione del museo roveretano, e questo benché, dopo aver parlato, il suo narcisismo non gli abbia impedito di assumere atteggiamenti istrioneschi e cafoni ignorando bellamente l’attenzione altrettanto esclusiva che meritavano i suoi correlatori. È biasimabile per questo? No, è soltanto fastidioso, irritante per i sensi: brutto.

 

E il povero dirigente sulla spiaggia? Lui, fortuna e sventura sua, brutto non è. Con Sgarbi e gran parte di noi condivide però un narcisismo che gli ha fatto commettere un passo falso in termini estetici più infelice, perché privo di verve situazionistica, di quello dell’ex-parlamentare adagiato sul cesso. Ma di fronte a una caduta di stile non ha senso provare indignazione, né in fondo fa poi tanto ridere. La foto mani al cielo di un dirigente scolastico seminudo è, ai fini di un giudizio sulla sua professionalità, semplicemente irrilevante, come lo è una foto oscena di Sgarbi rispetto alle sue competenze di critico d’arte. Per questo mi piace pensare, se la mia funzione di insegnante ed educatore me lo consente, che quel dirigente allo scherno di colleghi e studenti abbia voltato le spalle bisbigliando tra sé e sé: “Ma andatevene tutti aff...”. Salvo poi naturalmente imparare la lezione e preservare dallo sguardo altrui, d’ora in poi, ogni attimo di gioia di fronte all’oceano.

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