La Formula 1 e il suo impatto sul clima: 256.000 tonnellate di CO2 (pari alle emissioni annue per i trasporti di 105.000 italiani). Come reinventarla?


Per creare un coinvolgimento più ampio e inclusivo attorno alla causa climatica ed ecologica
Se pensiamo ad alcuni sport iconici del '900, ce ne vengono subito in mente due: gli sci e la Formula 1. Il primo, frutto della conquista delle Alpi e della trasformazione delle stesse in un parco giochi per i cittadini, sta già vacillando sotto le spallate della crisi climatica. La seconda, figlia dell'ingegno dell'uomo e dello sfruttamento dei combustibili fossili - gli stessi che stanno decretando la lenta fine dell'industria degli sci nelle vallate alpine - gode di ottima salute.
Nella Formula 1 c'è tutto: un palco globale dove il fiore all'occhiello dell'industria automobilista può sbizzarrirsi, la velocità, le curve, il rombo dei motori che scuote le membra, piloti elevati a eroi contemporanei. Un evento mondano in cui è ancora importante essere presenti per dimostrare il proprio status quo, al pari della corsa delle bighe in epoca romana. Lo abbiamo visto nell'ultimo GP di Monza: oltre al Presidente della Repubblica, erano presenti politici, cantanti, influencer, attori internazionali. A incorniciare questa passerella le immancabili Frecce Tricolori, per aggiungere ulteriori emissioni e patriottismo.
Ma come conciliare questo sport con la transizione ecologica ed energetica che dobbiamo attuare? La risposta, se c'è, è complessa.
La Formula 1, sport per eccellenza dove l'uso di combustibili fossili è massiccio, emette annualmente circa 256.000 tonnellate di CO2 (pari alle emissioni annue per i trasporti di circa 105.000 italiani). La parte della corsa vera e propria pesa "solo" l'8% delle emissioni totali. Il resto sono logistica, attività corollarie e lo spostamento dei tifosi. Il ritiro dalle scene di Vettel è legato anche alla questione climatica e apre uno squarcio nel mondo dei motori: come reinventare la Formula 1 nell'era della crisi climatica? L'obiettivo dichiarato della FIA è quello di rendere entro il 2030 i GP a impatto zero. Sul come arrivare a questo obiettivo non è ancora chiaro.
È lampante però che se vogliamo contenere le temperature medie globali entro gli accordi di Parigi (+1,5°C al 2100 mentre oggi siamo già a +1,1°C e ne vediamo le conseguenze dirette) dobbiamo ripensare tutto. Reinventare e reimmaginare un nuovo modo di fare sport, spostarci, "consumare" questo tipo di intrattenimento. La difficoltà vera e propria sta nel creare una nuova narrativa per i migliaia di fan della F1 che non potranno fare a meno del rombo dei motori in pista o della conta dei secondi del rifornimento ai pit-stop. Se non vogliamo privarci di questo sport, possiamo almeno elettrificarlo. A dirla tutta, esiste già la Formula E (dove corrono auto elettriche). Perché non darle spazio anche nel nostro immaginario collettivo?
Serve, come sempre quando si parla di crisi climatica, una massiccia campagna informativa sugli effetti della crisi climatica e sugli effetti che i combustibili fossili hanno sulle nostre vite e sul nostro clima. Insieme possiamo creare alternative che possano conciliare auto e clima. Ma serve soprattutto un bagno di umiltà da parte di organizzatori e case automobilistiche: se vogliamo continuare a vivere in un pianeta abitabile dobbiamo ripensare lo sport e abbandonare il fossile. Solo così potremo conciliare Formula 1 e transizione ecologica. Da lì in poi la strada sarà tutta in piano.