La ricerca dell'Università sui discorsi sessisti della destra, la polemica trentina e lo scivolone di Cia. Ma la vera domanda è: perché si finanzia la scoperta dell'acqua calda?


Giornalista, ha lavorato per Alto Adige, Gazzettino e Trentino
Chi mal cominCIA. Il Fratello d’Italia che guiderà la pattuglia della destra/destra in consiglio provinciale ha preso un abbaglio. Glielo hanno spiegato con feroce eleganza dall’Università di Trento. Cia si è scusato per l’ignoranza della geografia e delle gerarchie universitarie (che hanno a capo il Ministero e non il Rettore trentino). Claudio Cia, però, non è tipo da farsi sfuggire le occasioni di polemica quando gli fanno conquistare un rigo in cronaca. Un rigo e anche di più visto che stavolta Cia ha attaccato l’Università di Trento che a suo dire piangerebbe esageratamente non solo merenda ma anche colazione, pranzo e cena.
Un piangere il bilancio - per la prima volta in rosso (senza alcuna vergogna da parte di una Provincia concentrata sul disimpegno culturale con beota felicità) - che a detta di Cia striderebbe con i soldi buttati in ricerche ingiustificabili.
La questione? Un’indagine che l’Università trentina condurrà per capire il perché ed il percome si può definire la destra machista e sessista a partire dal linguaggio di Meloni, Salvini, dei loro luogotenenti, dei loro miltanti e dei non meglio identificati aficionados che li votano a frotte.
La ricerca contestata da Cia sarà avviata dalla sociologia trentina con i soldi romani. La ricerca punterà a spiegare se, quanto e come il credo populista può determinare teorie e pratiche di discriminazioni di genere e lesioni del diritto (specie quello femminile). Lui, il consigliere provinciale, detto il gazebista per via del record di banchetti allestiti durante tutto l’anno in città ed in periferia, si è fatto fregare dalla sua sindrome di piccolo ma instancabile castigatore. Per la fregola di dare lezioni ai “professoroni” è InCIAmpato in un errore presto sottolineato in rosso dall’Università di Trento: deviando verso una sana ironia ha invitato il consigliere provinciale a prendersela – semmai – con la ministra Bernini.
La ricerca trentina è infatti stata autorizzata e finanziata dal Ministero e Cia ha dunque sbagliato indirizzo. Respinta al mittente, la frettolosa filippica di Cia è stata rilanciata in chiave ironica da Matteo Salvini: “Se proprio dovete studiare la destra – ha spiegato all’Università - vengo io a farmi interrogare. Gratis”. Salvini, si sa, ha lo spirito di una patata andata a male ma nel sostituirsi ad un Cia piuttosto allergico all’umorismo è riuscito a svegliare una pulce anche al nostro orecchio. Che non è certo un orecchio simpatizzante. Ci sconfinfera zero, tuttavia, chiarire chi finanzia la ricerca. Ci esalta zero catalogare l’uscita maldestra di Cia, l’amplificazione salviniana e la bacchettata ad entrambi venuta dalla prorettrice che mette tutti i puntini burocratici sulle “i” di Cia e di Salvini.
Intriga però capire – quello sì – dove sta la scientificità nella scoperta che il sole scalda, la luna illumina (quasi sempre) e i piedi puzzano se stanno dentro le scarpe chiuse. Stanziare un tot di euro (più di ventimila, pare) per mettere nero su bianco quel che tutti possono dedurre anche senza laurea lascia alquanto perplessi. La destra che s’accalca con big e mezze calzette in ogni dove televisivo (pubblico o privato) non richiede studio. Basta la memoria. Basta memorizzare il lessico a petto in fuori di un qualsiasi Galeazzo Bignami (il sottosegretario in divisa nostalgica) per intuire cos’è la destra, con che piglio superiore parla e dove va a parare. E non servono somministrazioni di questionari per accorgersi che il fu moroso della Meloni è un prototipo e non un incidente. Se la destra va in Tv con la mano sulla patta che c’azzeccano le ricerche? Cosa c’è, ancora, da cercare? Da studiare?
Il discorso, naturalmente, vale anche sull’altra sponda (politica). L’acqua calda è una scoperta di sinistra quando si perpetua il rito di un’eguaglianza e di un’inclusione fatta solo di parole d’ordine che suonano vuote, impotenti e inconcludenti anche dentro un vocabolario forbito. Il vocabolario degli alieni mazziati alle elezioni senza provare a capire perché. Ecco dunque il tema. Che non è l’errore di Cia nell’affibbiare responsabilità a chi non le ha. E non sono nemmeno le fanfaronate di Salvini al quale, in ogni caso, è inutile “dare il destro” perché ne va ghiotto.
Il tema è una domanda a voce alta. Un quesito che inquieta. E cioè: è davvero così importante che nelle università si ricerchino quintali di la lana caprina, mobilitando forze e risorse in analisi deducibili anche in una frequentazione anche poco assidua di un qualsiasi bar dove si alternano briscola e politica pre e post bicchiere di rosso scarto? Non per banalizzare, non per offendere chi si fa il mazzo studiando, ma forse val la pena di ricordare che basta cliccare in internet per scovare una quantità industriale di ricerche (costose) ma pur sempre ricerche del cactus.
A Vienna, per dire, un’università prestigiosa ha dedotto che gli sbadigli delle tartarughe non sono contagiosi. Due fisici francesi, per ridire, hanno sintetizzato in 12 pagine fitte il metodo giusto per svuotare il liquido da una lattina. Degli scienziati olandesi si sono sfiniti per studiare la microcircolazione del naso delle renne. C’è anche chi ha sancito solennemente (con relativo budget di ricerca) perché ai geologi piace leccare le rocce. I giapponesi spiegano – dopo mesi di studio – il rapporto tra gusto e bacchette per il sushi. Un inglese ha preso soldi per porre fine al mistero dei misteri: i mangiatori di spade e coltelli mettono a rischio l’esofago.
Bene, capire “universitando” se i pensieri e le parole di leghisti e post fascisti (ma mica tutti post) siano poco rispettosi di alcuni diritti basilari forse non è assimilabile alla teoria rivoluzionaria su mangiatori di spade. Ma davvero poco CIA manca.