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La polemica sul trapper, il risveglio di Ianeselli, Segnana e politica cantante e la censura che non serve se non si decide di affrontare il problema

DAL BLOG
Di Carmine Ragozzino - 31 ottobre 2023

Giornalista, ha lavorato per Alto Adige, Gazzettino e Trentino

Siamo sollevati. Avevamo temuto che il sindaco di Trento avesse l’olfatto interdetto. Come mai di fronte all'odore acre e nauseante dell’ignoranza cantata il primo cittadino se ne esce con argomenti coerenti al tema quanto può esserlo la nutella spalmata su uno sgombro? Dopo due giorni di dubbi, ieri Ianeselli ci ha rassicurati (solo sull’olfatto, però). Ha annusato la pochezza letteraria e sociale di un trapper. Uno tra i tanti, ma neppure il peggiore, tra quelli che vomitano scemenze musicali incassando le royalties anche dei social media.

 

Il primo cittadino di Trento deve aver odorato l’aria per lui rischiosa di una polemica che in poco tempo è montata più e meglio della panna. Contestandolo pure. Una polemica partita dal un gruppo femminile/ista (Non una di meno) che ha svegliato, fatto raro, anche la sua sonnecchiante, maggioranza. Un sodalizio troppo spesso acriticamente ossequiante. A due giorni e spiccioli dalla richiesta di intervenire per evitare che nel teatro universitario di Sanbapolis un soggetto di nome Nick Savage festeggiasse Halloween facesse a pezzi, a male parole, la dignità femminile, Ianeselli ha deciso di “suggerire”. Ha suggerito il difficile annullamento dello s/concerto promosso da organizzatori privati (Dolcevita Eventi). Privati che avevano affittato lo spazio gestito dal Centro Santa Chiara per conto dell’Università.

 

Quando il sindaco prende in mano una faccenda va fino in fondo. Certo lo fa obtorto collo e in zona Cesarini. Spera forse che i suoi amministrati difettino di memoria. In prima battuta, infatti, Ianeselli se n’era uscito con una strambata: precario equilibrio tra l’ardimento e l’ipocrisia. “Non faremo azioni coercitive – aveva più o meno detto – perché vietando il concerto del rapper gli daremmo ulteriore visibilità”. Visibilità? Il sindaco scorra internet alla voce “Nick Savage”. Il ragazzo è già tutto meno che ignoto. E’ famoso, famosissimo, per i suoi testi sconclusionati e la sua rabbia da teorico del “più ne sparo più guadagno”. Tra le tante tesi credibili quella della pubblicità faceva acqua. È anzi un’alluvione di presappochismo l’idea che per non fare pubblicità bisognerebbe zittirsi di fronte a tutto il peggio che ammorba la società. Per altro il plurale del sindaco non era maiestatico. “Mi sono consultato – spiegava – con le due assessore Bozzarelli e Casonato. Che concordano”. Verrebbe da dedicare alle due assessore “Sebben che siamo donne paura noi ne abbiamo”. Di che? Della coerenza di genere.

 

Curiose dinamiche di giunta a parte resta il tema. Resta da districarsi in quel labirinto di contraddizioni che è il tecno spettacolo di certi “artisti”. Nella misteriosa genia è dura raccapezzarsi tra tante intelligenze serie, tanto nel lessico quanto nel messaggio, e i non pochi propinatori di volgarità, di sessismo, d’incitazione alla violenza, di nichilismo o – a scelta - del peggior menefreghismo. Tra i nuovi ricchi (fanno quattrini a palate irrorando di negatività You Tube o Tik Tok) della pseudo rima sbracata il tipo che hanno chiamato a rappeggiare dentro Sanbapolis non è certo una novità. Non è un unicum. In agosto, alla mega turlupinatura solidale (il Love Fest per la Romagna) di una Music Arena che ha dragato milioni di euro pubblici i rapper fenomeni nel seminare negatività tra adolescenti erano presenti a frotte (ben pagate, nonostante la causa benefica). E così dieci giorni dopo: altro festival, altro euro-regalo della Provincia ad un’azienda di spettacolo miracolata nonostante si sia fatta pagare a peso d’oro una quintalata di artisti non proprio di caratura internazionale.

 

All’epoca – era agosto - raccontammo di alcuni performer i cui testi facevano spavento. Provammo a mettere in guardia Provincia ma anche il Comune che comunque ospitava l’evento sul su territorio. La Provincia derise. Il Comune guardò altrove. Allora il sindaco era probabilmente vittima di sordità temporanea. Noi fummo inutili (inascoltati) premonitori. Non conforta, oggi, il fatto che uno dei rapper che si esibirono, Shiva, è in galera con l’accusa di tentato omicidio. Evidentemente per lui la violenza non era una metafora. Quel che è stato (di assurdo, dispendioso e anche non poco irrispettoso dei valori nobili di una città) è stato? Ma no. Non ci si può passare sopra, né dimenticare. Al contrario, assistere ora al peana di chi allora se ne stette zitto e mosca (per Vasco a Trento fu lo stesso, ma di più e più trasversale) mette tristezza.

 

Anche pochi mesi fa a Trento (alla San Vincenzo) i trapper di ultima generazione inneggiarono al sesso, alla droga, al sopruso. Anche allora fecero strame del buongusto (e in molti casi dell’italiano) ma nessuno degli scandalizzati eccellenti di adesso alzarono né dita né voce. Non Ferrari del Pd, né il Consiglio delle donne. Non il Zanella futuribile che ora ha in giunta comunale a Trento una giovane assessora più muta che altro laddove potrebbe urlare più di altri. Ma allora, ad agosto, la destra che oggi starnazza contro il concerto a Sanbapolis (perfino Segnana ha detto la sua: un miracolo) voleva fare un monumento a Fugatti. La destra che oggi chiede censura applaudì sperticatamente il turpiloquio nel festival nel quale si promuovevano a chierichetti chi cantava le odi dei genitali.

 

Il massimo del ridicolo lo totalizza la leghista leguleia che fa la vicepresidente del Santa Chiara: Matuella. Colei che ieri solidarizzava con le donne offese da Savage, ieri l’altro, sotto il palco di agosto alla Music Arena, si divertiva mentre ad esibirsi c'era anche gente che nei propri testi santificava maschilismo, canne, donne usa e getta, scontri tra band e altre facezie. Chiedere la cancellazione del concerto di stasera Sanbapolis (che è sold out, organizzato da privati – Dolcevita Eventi – e non da Centro Santa Chiara: tutte oggettive complicazioni per imporre divieti senza la presenza di reati) placherà qualche animo sbrigativo ma lascerà inalterati i problemi.

 

Se davvero ci si vuole interessare di queste faccende da sempre ignorate (e in questo il sindaco ha ragione, seppur in ritardo) urge un approccio serio ad un fenomeno catalogato con troppa faciloneria alla voce “musica”. Si parla, infatti, di un mix di cultura spesso incolta, moda, condizionamenti reciproci, sindrome imitative e quant’altro mobilita i giovanissimi in un contesto dove gli adulti sono alieni. Qui il plurale è d’obbligo: musiche, stili, modelli, personaggi veri e replicanti senza arte né parte. Ci sono ritmi lobotomici e messaggi troppo spesso violenti e distruttivi che esaltano abusi e disimpegno. Ma c’è anche il contrario: c’è chi conosce il vocabolario, spesso lo cambia in meglio e lo usa per costruire, anche denunciando, un mondo meno peggio dell’attuale.

 

Il problema dunque è saper distinguere e provare a fare in modo che i ragazzi sappiano districarsi tra bene, male e malissimo. Distinguere tra arte (che obbliga allo studio) e volgare faciloneria. Le censure sono una scorciatoia, spesso controproducente. Ma chi propaganda eccessi di ogni tipo solo per riempirsi il portafoglio non dovrebbe trovare tappeti rossi ad accoglierlo (almeno negli spazi pubblici), né pubblici e onerosi finanziamenti. Se il tema si saprà affrontare con serietà, portandolo come un interrogativo aperto (non come una lezione calata dall’alto) dentro scuole, associazioni, gruppi, generazioni, beh qualche risultato potrebbe anche venire.

 

Il problema sarà risolto solo il giorno in cui sarà il pubblico dei giovanissimi a censurare i cretini che si credono divi perché ciarlano di “donne che mi saltano sul caz*o come me canguri”. Quale censura allora? La diserzione da concerti o da Spotify. Non accadrà domani fino a che il domani dei ragazzi sarà come ieri e come oggi: futuro grigio, ambiente bigio, guerre che non sono più solo dentro una play station. Se il mondo va in malora il “vaffa” che fa andata e ritorno tra palchi e platee ondeggianti è l’ultimo dei guai. Ma perché il mondo non vada in malora quei ragazzi occorre riconquistarli alla fiducia. Anche con un grande “vaffa” a chi si accorge di loro solo quando un rapper gli incita all’amplesso.

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