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La Giunta priva di ''sinderesi'' che toglie i fondi per imparare l'italiano, agli stranieri, forse come autodifesa

Tra i gestacci che hanno reso famoso il presidente della Lega Savoi, gli errori dell'assessore alla cultura Bisesti, il dialetto e il gesticolare del governatore Fugatti si può azzardare uno scherzoso paradosso tra parole della nostra lingua madre e ipotetici fraintendimenti
DAL BLOG
Di Carmine Ragozzino - 01 luglio 2020

Giornalista, ha lavorato per Alto Adige, Gazzettino e Trentino

Non se ne capiva la ratio? Adesso è tutto chiaro. Quando Fugatti ha deciso di restituire allo Stato migliaia e migliaia di euro che servivano tra l’altro ad insegnare l’italiano agli stranieri ha compiuto un atto di autodifesa. Un’autodifesa sua, della giunta provinciale che dirige e del mondo che lo sostiene. Un mondo purtroppo scarsamente avvezzo alla fatica dei ragionamenti di buon senso. Più di uno studio – ma ancor più degli studi la pratica – hanno dimostrato che gli stranieri imparano presto e con una certa abilità a districarsi tra gli ostacoli “alti” della lingua italiana.

 

Se gli stranieri, gli immigrati, imparano il corretto significato delle parole non c’è bassa demagogia che li possa relegare all’esclusione. I clandestini, in quel caso, sono quelli che il “mare nostrum” della lingua non lo attraversano nemmeno sulle navi da crociera. Altro che barconi. Un po’ più a disagio con l’italiano sono molti italiani. In Trentino lo sono ancor più quelli che preferiscono il gesto, il gesticolare, alla parola. Quelli che se proferiscono quale che sia vocabolo arrancano sui concetti. Quelli che per praticità insultante, chiedono aiuto alle dita. Preferibilmente al dito medio.

 

Nella premiata ditta Fugatti brilla, (si fa per dire), il gesticolante più gesticolante di tutti. Alessandro Savoi, per esempio, deve essere convinto che la Treccani sia un cane moltiplicato per tre anziché l’enciclopedia più istruttiva e famosa. Il suo vocabolario è fatto di aridità entomologica. Va difficilmente oltre le ''zecche''. I pericolosi insetti a volte sono di colore rossiccio e tanto basta a Savoi per usarle come arma contundente contro una sinistra che in Trentino come altrove è rossa solo negli incubi cromatici del leghista doc. Per non parlare di quel ''culatoni'' dato a tutti i giornalisti de il Dolomiti messo per iscritto a ribadire lo sgrammaticato concetto. 

 

Si diceva dell’italiano. E dell’autodifesa di governanti felicemente prigionieri del loro ostrogoto sia verbale che gestuale. Ebbene, proviamo ad immaginare quanto imbarazzo verrebbero a provare, quanto cadrebbero in crisi dura, se avessero di fronte un africano che aggiunge anche una accurata conoscenza dell’italiano a quella del francese o dell’inglese imparati nelle scuole e nelle università dei paesi di provenienza. Proviamo dunque a fare un esperimento. Da una parte un immigrato della Guinea e dall’altra la consigliera provinciale Rossato, quella che voleva l’apartheid anche sulle altalene. “Cara signora – direbbe lo straniero – guardi che il suo è un paralogismo”. La Rossato, paonazza, replicherebbe: “Come ti permetti di offendere? Sono sana, cammino sulle mie gambe”. 

 

Ovviamente nel nostro mondo del paradosso, nel nostro esperimento dello scherzo, sarebbe inutile tentare di spiegare alla consigliera miracolata da migliaia di euro al mese che paralogismo significa ragionamento errato. La discriminazione tra bambini italiani e stranieri che Rossato auspicava, più o meno consapevolmente, al suo disgraziato debutto politico è molto più che un paralogismo. L’africano è stato fin troppo buono. Ancora più elegante sarebbe uno straniero, (ma anche un autoctono) che all’assessore Bisesti dicesse “Lei è un neghittoso”. Dopo aver immaginato i peggio improperi, (“mi ha dato del razzista?''), il giovanotto che gestisce l’istruzione con indole distruttiva, scoprirebbe che per neghittoso il vocabolario indica “sopraffatto dalla pigrizia”.

 

In effetti Bisesti più che pigro pare immobile: tanto per quel che riguarda la scuola quanto per la cultura e la conosc(i)enza. Neghittoso potrebbe perfino essere un complimento se non fosse che lo “sdraiato”, ormai cresciutello, lascerà non poche macerie anche quando tutti se lo saranno dimenticato. Spassoso, tragicamente spassoso, diventerebbe poi il confronto tra uno straniero padrone dell’italiano e un padrone del solo del dialetto. O quasi. Il tema? Quello sempre più inquietante del luogo comune. La scena? Eccola. Fugatti che s’arrampica sulla montagna di stupidaggini antistoriche e anacronistiche che hanno fatto la fortuna della Lega e la nostra attuale sfiga. Fugatti che celebra sé stesso per aver buttato in strada poveri cristi dei centri di accoglienza: lasciandoli a bighellonare poiché altro non possono fare, portandogli, così, consenso.

 

Metti che lo straniero dica a Fugatti “Ma la smetta di rugliare e provi invece ad affrontare i problemi in modo serio”. Eh sì, Fugatti sarebbe un po' spiazzato. Rugliare vuol dire produrre un brontolio continuato. È un termine riferito all’animale – specie all’orso - che tuttavia s’attaglia anche all’umano. Quante volte il leghismo di vertice e di base non riesce ad andare oltre il brontolio continuato? C’è un misto tra vittimismo, (non ci lasciano lavorare) e sindrome da accerchiamento, (il mondo ci vuole male, anzi ci invade). Nel dialogo tra Fugatti e l’immigrato, quest’ultimo potrebbe anche concludere così: “Lei, presidente, si meriterebbe un forte rabbuffo”. E Fugatti? “Io rebuff?, Ma se sono un pacioccone”. Sarebbe improbo spiegargli che un rabbuffo è un rimprovero forte e motivato per scelte poco nobili oltre che di nulla lungimiranza.

 

Fugatti resterebbe al “rebuff'' e si schernirebbe, non poco smarrito se l’interlocutore dovesse dirgli ancora “Lei sta commettendo un granciporro”. Sì, granciporro. Togliere agli stranieri la possibilità di imparare bene l’italiano per facilitarli, (mica privilegiarli), in un vivere più dignitoso, socialmente utile alla convivenza, è un errore madornale. Un granciporro, appunto. Ma nella giunta provinciale madornale deve essere vissuto come un complimento. Incespicano nel madornale ad ogni passo: quando finanziano un impianto di risalita sotto il livello del mare, quando risparmiano sul servizio civile dei giovani e nel contempo spendono di più per gli stipendi di un dirigente in tempi di crisi nera, quando ogni giorno si contraddicono sulla scuola che spera se non nella capacità di chi la deve governare almeno nella non incapacità manifesta, quando difendono l’indifendibile kaswalderiano con i soldi pubblici, quando regalano trasporti e vacanze anche a chi ha un solido conto in banca limitando i servizi a chi invece sconta un quotidiano senza cedole e senza interessi.

 

Tagliare l’istruzione agli stranieri ad uso biecamente politico. Che sia né più né meno che una dimostrazione dell’assenza di “sinderesi” della giunta provinciale destro-leghista? Nella filosofia scolastica la sinderesi è la facoltà per cui l’uomo conosce i principi universali del bene e del male. Eh sì, se qualcuno trovasse tracce anche minime di sinderesi nella giunta e nella maggioranza provinciale, ci faccia sapere.

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