FenomenoloCia di un consiglio provinciale da far accapponare la pelle: mentre il mondo brucia in aula si spartiscono poltroncine e poltronette


Giornalista, ha lavorato per Alto Adige, Gazzettino e Trentino
A pizzichi e bocconi, rimasticando a stento qualche reminiscenza liceale, tornano in mente spiccioli della fenomenologia hegeliana. E cioè lo spirito che man mano s’innalza dal semplice al generale. Fino al sapere assoluto (più o meno). Se però si ha a che fare con la fenomenoloCIA del consiglio provinciale, simbolo (si fa per dire) di un’Autonomia sempre più con la A minuscola, beh allora lo spirito s’afflosCIA.
Il circo senza emozioni di piazza Dante porta al rapido deperimento psicologico. Un coacervo di piccolezze che paralizza anche lo spirito più disponibile all’interesse, al coinvolgimento, al miglioramento proprio e della società in cui vive.
La fenomenoloCIA alla quale ci ha condannati fino ad ora il nuovo/vecchio governo provinciale costringerebbe Hegel a cambiare rapidamente mestiere. Altro che pensatore eccelso. Lo studioso teutonico preferirebbe perfino lo spaccare le pietre. Meglio la fatica fisica che ti obnubila il cervello che l’impossibile tentativo di orientarsi in un caravanserraglio di soggetti ai quali la comunità paga per altro stipendi altissimi. Lautissimi (immorali) compensi per avere in cambio cosa? Quisquiglie, ma condite malamente di arroganza, pressapochismo, furberie.
È inutile, anzi è stucchevole, provare a ripercorrere questi quasi due mesi post elettorali che hanno ucciso ogni residuo di ottimismo. Se il buongiorno si vede dal mattino in Trentino è notte fonda. Sono stati giorni all’insegna di beghe da cortile, di accordi scritti sull’acqua, di dispetti, dispettoni e dispettucci, di fisime. E ancora, di colpi sotto la cinta che se ci fosse un arbitro esaurirebbe in un battibaleno i cartellini rossi. Ma sono stati (e forse purtroppo ancora saranno) giorni di discorsi senza capo né coda. Giorni di silenzi presuntuosi (quelli di Fugatti non faranno certo storia) che trasudano di bullismo istituzionale. Si è subìto il gioco delle tre carte per costituire una giunta dove le competenze sono un’eresia e dove la logica della spartizione al ribasso è vangelo.
La sostanza dell’inconsistenza politica di una destra litigiosa fino al diapason e di una minoranza prigioniera degli echi delle proprie parole impotenti (parole a circuito chiuso, che non sanno uscire dall’emiciclo) non è soltanto il ritardo colpevole di un normale avvio di legislatura. Un avvio, cioè, dove sia visibile un governo dalle attitudini credibili anziché dai personalismi instabili. Un avvio dove l’opposizione sia finalmente messa nelle condizioni di svolgere il proprio compito con un respiro basato sui contenuti, liberato dall’eccesso di forma e capace finalmente di incidere fuori dall’aula.
Il guaio che sortirà effetti deleteri anche dopo che le diatribe destrorse si saranno ricomposte accontentando Tizio, Caio o Caia è il distacco. Un distacco lungo più dell’Autosole. Il distacco tra palazzo e realtà, tra politica politicante e comunità disorientata (e forse anche un poco schifata). È da qui, da questa distanza, che bisognerebbe partire per provare a nobilitare l’Autonomia ridotta a bassa merce di scambio (e baruffa) tra vincitori delle elezioni. Un’Autonomia che al tempo stesso viene vagheggiata come un mantra da oppositori della maggioranza che a loro volta latitano dalla capacità di riempirla di modernità, coraggio, innovazione e originalità.
Il giorno di Santa Lucia, sarà un giorno di svolta? Tecnicamente potrebbe pure essere. Ci potrebbe essere una giunta non più ballerina, forse un/a presidente del consiglio. Nel caso vorrà dire che si saranno assegnate le fette di torta più o meno saziabili quanto a grandezza per i membri più in vista della coalizione di destra. Arriveranno pure le briciole (ruoli secondari spacciati per conquiste) che non si possono negare alla coalizione perdenti. Questi due mesi di delirio (onnipotenza ed impotenza uguali, contrarie ma soprattutto confuse) lasceranno qualche segno? I trentini che hanno votato anche per vedere affrontati seriamente i loro problemi stenderanno un velo pietoso? Dimenticheranno? Sorvoleranno sulle miserie spartitorie cui hanno dovuto assistere con sbotti di bile legati alla considerazione che in quell’aula di piazza Dante l’inconcludenza è strapagata?
A naso viene da dire che no. Difficilmente la lezione (pessima) provocherà reazione, ripensamento, rigetto. Così come ci si tiene alla larga dalla psichiatria si considera un’insanabile patologia una politica avvitata su sé stessa, autoreferenziale: più nana che “piccola”. E questo accade nonostante le prerogative autonomistiche: privilegio immeritato vista l’assenza di maturità e rispetto.
Di questi due mesi di fenomeloCia provinciale resterà un senso di turlupinatura. Eccolo il sentimento diffuso e latente che fa da moltiplicatore al disinteresse e all’ulteriore diserzione dall’impegno prima ancora che dal voto. La caCIAra dentro l’aula non fa alcun rumore fuori dall’aula. E questo è un problema serio della democrazia che per essere davvero rappresentativa deve almeno provare a rappresentare (e magari risolvere) i problemi di una società complessa.
In questo film dell’orrore (o dell’errore di credere che l’esercizio del voto assolva la responsabilità di ognuno) ogni CIAck è una disgrazia di cui i protagonisti nemmeno si rendono conto.
L’urgenza di una normale dinamica politico/amministrativa è cartastracCIA di fronte ad una lista di priorità dei politici che non coincidono con i bisogni della comunità. Davvero qualcuno s’illude che una visita che in Trentino rischia di essere fissata a malato morto sia tema più importante del trovare un posto ad un ripescato dell’urna che però ha un PATTo scellerato da far valere? No, non c’è da illudersi. Semmai c’è da incazzarsi, ma davvero però. BruCIA questo andazzo malefico. BruCIA più di tutto la sensazione che in Trentino si governerà in qualche modo il giorno per giorno senza respiro lungo, senza lungimiranza. Eppure ci deve essere da qualche parte un pertugio per la fiduCIA. La minoranza del consiglio potrebbe contribuire ad indicarla ma solo se sceglierà di stare più fuori che dentro. A far comunicati sono bravi quasi tutti. Del come comunicare, del come risvegliare consapevolezza e partecipazione, si è persa tracCIA.