Braccia tese e saluti romani ad Acca Larentia, la Cassazione distingue tra fascisti veri e "macchiette" ma a vederli in migliaia fanno paura


Giornalista, ha lavorato per Alto Adige, Gazzettino e Trentino
Ferisce quel che ancora rimane della coscienza costituzionale la recente sentenza sul braccio teso. Il braccio da saluto: fascista. L’identificativo orgasmico di troppa destra che s’è rifatta i connotati senza riuscire a cancellare la sua indole peggiore.
Il braccio - fascio fu celodurista ben prima del confuso Bossi (partigiano sì, ma del secessionismo nordista) e di quella sua versione cabarettistica che all’anagrafe dei furbastri fa Salvini.
Che è successo? La Corte di Cassazione ha “valutato” le adunate - ridicole ma non per questo meno inquietanti - degli Eia Eia Alalà degli anni duemila e spiccioli. Resuscitano il passo dell’oca, slanciano la mano tesa, urlano l’anacronismo del “credere, obbedire e combattere”? Beh, non sono punibili a meno che non si sia sicuri che dietro l’estetica anti costituzionale non ci sia anche una concreta attitudine dittatoriale. Un’attitudine che per essere appunto “concreta” deve prevedere la presenza militante di un partito. E la certezza di una “ricostruzione” in atto.
Insomma, perché il rigurgito fascista singolo o collettivo vada catalogato alla voce “pericolo” bisogna dimostrare che la camicia nera e gli stivaloni che se ti calciano t’amazzano non sono un “outfit” nostalgico. Bisogna dimostrare, dunque, che le squadrette con le squadracce nel cuore sono elementi ri/costitutivi del Partito Fascista (che è fuori legge, e ci mancherebbe). In quel caso, e solo in quel caso, scatterebbero le leggi che mandano i fascisti a processo.
Non avendo alcuna cognizione di diritto (che in questa questione sembra più distorto che diritto) non ci impelaghiamo: meglio tenersi alla larga dalla tecnica di prestigiosi azzeccagarbugli dai curricola chilometrici.
Tuttavia qualcosa prude, infastidisce, nell’incomprensibilità sempliciotta dei profani. La buttiamo lì come una domanda che non avrà risposta: come si fa a capire se un neuroleso che oggi inneggia ancora a Mussolini con tutti gli annessi illiberali (dichiarati e non) è un “sedizioso” che un giorno o l’altro bivaccherà in un Parlamento ridotto di nuovo ad aula “sorda e grigia”? Come lo si distingue dall’innocuo figurante (si fa per dire vista la postura rabbiosa) di una “nostalgia canaglia”?
Ci fosse una magistratura al minimo sindacale della solerzia forse si potrebbe essere meno pessimisti. Ma la solerzia che rassicurerebbe c’è solo sul pianeta Papalla. Nell’Italia cavillosa delle inchieste infinite sarà dura avere un’idea chiara di chi va in strada vestito da gerarca, con il cranio rasato anche sotto la cute fino ad incidere sulla scarsa materia grigia.
La sentenza pare inviti a “definire” giuridicamente chi sbraita contro i comunisti (che perfino la Sciarelli di “Chi l’ha visto” ha smesso di cercare), di chi indica il rogo per gay, lesbiche e immigrati (che per lui son peggio di gay e lesbiche), di santifica "Dio, Patria e Famiglia" godendo del fatto che se Cristo si è fermato ad Eboli lui ha proseguito nella marcia verso Roma. Arrivandoci con molti decenni di ritardo, e cioè oggi.
Perché sia ricostituito il Partito Fascista – chiediamo per un amico – bisogna che ai manifestanti si trovino in tasca le tessere con il littorio ben in vista? E le tessere devono forse riportare l’indirizzo di una sede, i nomi di capi, capetti e visto il triste argomento anche dei Kapò?
Fatti, non parole. Così è sembrata sentenziare la Cassazione. Il fatto è che nella politica delle estreme (la speranza che il mondo maturi è ormai allo stremo) il passaggio dalle parole ai fatti è un attimo. Per lo più un attimo drammatico.
Se additi a disgrazia umanitaria l’immigrato (l’umanità, si sa, è morta da tempo ed è sepolta assieme alla giustizia) spargi odio. Non fai reato. Se un cretino che gode nel vederti duro e puro a sparare fregnacce in un raduno commemorativo traduce il tuo/suo odio in botte tu non sei punibile. Lui? Bisogna che lo becchino. E così per troppa omofobia circolante. E così per un machismo in tragico bilico tra impotenza e prepotenza.
Serve che ci sia un Partito Fascista (che non ci sarà mai perché la scemenza si ferma davanti all’autolesionismo) per evitare alla storia ricadute terribili? No, non serve. Basta e avanza il fascismo di ritorno che fa il verso al fascismo storico. Basta e avanzano le teorie fasciste esibite in pubblico. Teorie che purtroppo albergano nel presente indossando perfino la fascia tricolore o, peggio, lucidando qualche bell’inBusto accudito come un caro ricordo di famiglia.
La cultura che ispira i segni (come il saluto fascista) va smantellata prima che provochi atti più meno sediziosi. Lo stesso vale per tutte le stupide ma purtroppo reali apologie. Comprese, ovviamente, anche quelle rosse sì ma del sangue dei gulag.
Se l’estetica, i riti, i raduni di una politica degenere, avariata, non sono più “abbastanza” per mettere in moto la difesa della democrazia e della Costituzione, della convivenza o semplicemente il buon senso ed il buon gusto, beh siamo messi davvero alla frutta.
Con la logica della sentenza della Cassazione possono stare sereni violenti e deficienti. Finché non saranno catalogati come iscritti ad una qualche Partito della Sopraffazione (dei diritti, delle minoranze, eccetera) potranno continuare a testimoniare rumorosamente, in fila per sei con il tacco che pesta il terreno all’unisono, come la storia non abbia insegnato nulla.
Siamo prigionieri impotenti dei distinguo. La Cassazione ha voluto distinguere tra fascisti veri (il Partito) e fasulli (evidentemente macchiette, teatranti, comparse di un’epoca mai del tutto scomparsa) anche se a volte con il tirapugni. Sarà. Ma a vederli a migliaia rinverdire impuniti l’era buia, fa paura. Senza distinguo.