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Zanzare tigre in calo nel 2016 ma si diffonde la coreana

I dati riferiti all'area della Vallagarina dimostrano che il picco massimo è stato raggiunto a fine agosto ma l'infestazione risulta meno intensa dell'anno scorso. Da tre anni dal Veneto si è diffusa prima in Valsugana poi anche nella periferia di Trento la coreana

Di Sergio Ferrari - 03 settembre 2016 - 15:24

TRENTO.  La presenza di zanzara tigre in Vallagarina ha raggiunto il picco massimo stagionale durante il mese di agosto. Ne dà notizia l’entomologo ambientale Uberto Ferrarese, consulente dei comuni di Rovereto e di parte della Valle dell’Adige. Verso la metà di settembre, con il prevedibile calo di temperatura e della lunghezza del fotoperiodo (notti lunghe e giornate più brevi), la consistenza della popolazione inizierà a diminuire. Quest’anno, a fronte di una temuta crescita, l’infestazione risulta a consuntivo meno intensa rispetto al 2015. Il monitoraggio della zanzara tigre è costante durante tutta la stagione. Il prof. Ferrarese, coadiuvato da personale dei comuni e del Museo Civico di Rovereto, si avvale di ovitrappole.

 

Sono vasi di plastica liscia (o di altro materiale) di colore nero, riempiti per tre quarti d’acqua. Sul fondo del vaso è inserita in un apposito alloggiamento una bacchetta piatta di legno ruvido che sporge di qualche centimetro oltre il bordo superiore. Le femmine della zanzara tigre eventualmente presenti depongono le uova sulla bacchetta, poco sopra il livello dell’acqua. Settimanalmente viene cambiata l’acqua, previo lavaggio del vaso e la bacchetta viene sostituita. Quella prelevata viene portata in laboratorio in un sacchetto di nylon ed esaminata allo stereomicroscopio. Una volta verificata la presenza di uova, per farle sviluppare, si pongono le bacchette in camera umida (umidità relativa 90%) per un periodo di almeno 15 giorni e poi si immergono in acqua ad una temperatura costante di 21° C per favorirne la schiusura. La conoscenza della biologia ed etologia (comportamento) della zanzara tigre è condizione necessaria per capire il contenuto e le finalità dei consigli di prevenzione e cura forniti dai Comuni.

 

In natura le uova vengono deposte ai bordi di piccole raccolte d’acqua o sulla vegetazione e schiudono quando vengono sommerse. Le fasi di sviluppo larvale (età) sono 4 e ad esse fa seguito lo stadio di pupa dalla quale, dopo circa 48 ore, sfarfallerà l’insetto adulto, abbandonando sull’acqua l’involucro (esuvia) pupale. L’intero ciclo può durare 1-3 settimane in base alla temperatura. L’accoppiamento può avvenire già 2-3 giorni dopo lo sfarfallamento e immediatamente dopo la femmina può effettuare il primo pasto di sangue (punture) necessario a far maturare le uova. Ogni femmina depone in media 40-80 uova dopo ciascun pasto di sangue. In condizioni ottimali ogni femmina è in grado di deporre un totale di 350-450 uova in 7 cicli consecutivi. Per impedire o limitare lo sviluppo e la diffusione della zanzara tigre è pertanto necessario eliminare qualsiasi presenza di acqua stagnante anche di piccola o piccolissima entità (caditoie e tombini, barattoli, sottovasi, abbeveratoi per animali, vasche e bidoni, ecc.).

 

Pochi ma essenziali sono i comportamenti da adottare per prevenire lo sviluppo delle larve negli orti e nei giardini:

  • eliminazione di manufatti non utilizzati che possono raccogliere acqua piovana;
  • mantenere riparato dalla pioggia ogni contenitore in grado di stoccare acqua;
  • eliminare i sottovasi;
  • tendere perfettamente i teli di plastica impiegati come copertura in modo che non si creino ristagni;
  • privilegiare l’innaffiatura diretta senza ricorrere allo stoccaggio permanente dell’acqua;
  • chiudere ermeticamente (ad es. con rete zanzariera ben tesa o con coperchio a tenuta) ogni bidone e fusto impiegato per stoccare acqua.

 

 

Come vengono recepite e messe in pratica queste misure preventive? Risponde Uberto Ferrarese: “Fin del 1997, primo anno della mia attività di consulenza a servizio dei comuni di Rovereto, Arco, Riva del Garda e Ledro (da quest’anno l’ambito di competenza si è ristretto alla Vallagarina per decisione degli amministratori comunali interessati che hanno deciso di avvalersi del supporto scientifico della Fondazione Mach di S. Michele a/Adige) ho svolto una intensa attività di comunicazione presso la popolazione delle zone infestate. Non sempre e dappertutto la messa in pratica dei consigli impartiti è stata generale e soddisfacente. Assai lodevole risulta invece l’attenzione al problema da parte degli amministratori. Cito ad esempio, oltre a quelli di Rovereto, gli amministratori dei comuni di Calliano e Aldeno che fanno eseguire puntualmente, seguendo le mie indicazioni, trattamenti con prodotti chimici sui luoghi pubblici considerati zona di insediamento della zanzara tigre”.

 

La gamma dei principi attivi e dei formulati che si potrebbero impiegare contro larve e adulti della zanzara tigre è ampia e variata. Motivi di rispetto ambientale limitano la scelta a due tipi di formulato a base rispettivamente di Bacillus thuringiensis e Diflubenzuron. Essi potrebbero essere impiegati anche dai privati, ma i siti da trattare sono troppo numerosi e diversi tanto da escludere operativamente l’intervento chimico.

Anche il Consorzio trentino di bonifica utilizza entrambi i prodotti per disinfestare gli stagni d’acqua di ridotte dimensioni all’interno dei centri urbani presenti nel territorio di competenza.

 

Concludiamo la nota con un accenno ad un’altra specie di zanzara esotica ed invasiva che è stata rivenuta dagli esperti di biologia ambientale della Fondazione Mach nel 2013 ed è denominata zanzara coreana.

Annapaola Rizzoli, medico veterinario dirigente del Centro ricerca e innovazione della Fondazione Mach, segue da alcuni anni gli spostamenti in Trentino della zanzara coreana, riscontrata per la prima volta in bassa Valsugana proveniente dal Veneto.

 

La specie è già arrivata nella periferia di Trento. E’ meno aggressiva della zanzara tigre e ama vivere in altura. Il gruppo di ricercatori coordinati da Annapaola Rizzoli non dispone ancora degli ultimi dati sullo stato di avanzamento territoriale dell’insetto. Continuano invece le indagini sul microbioma presente nel suo intestino. Esso è costituito da virus, batteri e funghi. Dal rapporto dalle varie componenti biotiche dipende la capacità della zanzara coreana di trasmettere l’epidemia denominata Zika

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