Doc delle Venezie, è nato ufficialmente il Consorzio che spacca il "grigio" Trentino
Da un lato le imprese vitivinicole (Mezzocorona e Cavit su tutte) con centinaia e centina di ettari coltivati a ‘pinot grigio’, con tecniche colturali meccanizzate e vigneti con alte rese. Dall'altro i vignaioli più veraci di Cesconi: "Vogliamo produrre poco, ma bene". E pensare che se esiste il merito è di un tedesco

TRENTO. Sull’etichetta ci sarà un rafforzativo della DOC con pochi dubbi, ma che certo non evita, subito, di suscitare polemiche. Il Pinot grigio imbocca la via di una nuova DOC: quella ‘delle Venezie’. Ieri è stato dato il via ufficiale al Consorzio che gestirà nel Triveneto – dal Trentino al Friuli - la tutela di questo vino bianco diventato in pochi anni una vera ‘commodities’ globale. Talmente richiesto da essere il vino ‘copiato’ in ogni angolo del mondo vitato, Stati Uniti in primis. La scelta della DOC con Venezia nel nome è pure una mossa strategica del mercato, per stabilire modi e metodi di produzione, per controlli più efficaci a difesa del consumatore.
Mettere d’accordo le varie componenti della produzione non è stato facile. Subito è emersa la contrapposizione tra imprese vitivinicole con centinaia e centina di ettari coltivati a ‘grigio’, con tecniche colturali meccanizzate, vigneti con alte rese – attorno ai 180 quintali per ettaro – per vinificazioni altrettanto intensive. Sul fronte opposto i vignaioli più veraci, quelli che credono nel loro territorio, vini identitari, vigne collinari, vendemmie manuali, grappoli spargoli, la metà di quintali rispetto alle rese stabilite dalla nuova doc veneziana.
Il Trentino in questo contesto gioca – e giocherà – una bella partita. Perché è leader nella commercializzazione all’estero di questa tipologia di vino, grazie a Mezzocorona e Cavit, seguite tra le Dolomiti da diversi imbottigliatori – anche alcuni noti cantinieri sudtirolesi, nonostante l’Alto Adige non aderisca a questo progetto lagunare – che acquistano uve lungo l’asta dell’Adige e in tutte le zone viticole del Veneto. Basti pensare che la produzione di Pinot grigio nel solo Triveneto costituisce oggi l'85% della produzione complessiva nazionale e il 43% di quella mondiale, con circa 2 milioni di ettolitri (260 milioni di bottiglie) distribuiti su oltre 20 mila ettari: circa 11.500 ettari in Veneto, 6.000 in Friuli Venezia Giulia e 2.800 nella sola provincia di Trento.
Il ‘Grigio’ rappresenta la quarta varietà di uva coltivata in Italia, segnando una crescita negli ultimi cinque anni pari al 144%. Il nuovo Pinot Grigio Doc 'delle Venezie' comprenderà la produzione della vecchia Igt e tutta la produzione del Pinot Grigio DOC del Triveneto, pur mantenendo le caratterizzazioni territoriali di ciascuna zona. Nell'ambito della presentazione della nuova Doc 'delle Venezie' è stata data voce anche alla nascita della Igt 'Trevenezie', e sono stati presentati i relativi disciplinari di produzione oltre che i futuri programmi di sviluppo. Legare un vino al fascino indiscutibile di Venezia sicuramente è una scelta di mercato assolutamente vincente.
Polemiche si diceva. In prima linea i Vignaioli del Trentino. Lorenzo Cesconi, il combattivo presidente dei ‘vignerons’ rifiuta ogni adesione al Consorzio. Insiste sulla territorialità del ‘Grigio’ trentino, puntando sulla DOC Trentino o sull’IGT Dolomiti. ‘ Vogliamo produrre poco, ma bene, per non svendere le nostre vinificazioni, per non omologarle al vino industriale, al mero businnes’ – ha subito ribadito Cesconi. E’ trentino anche il presidente dell’associazione che ha promosso la DOC delle Venezie: è Albino Armani, imprenditore della Vallagarina, con poderi in Veneto e Friuli, da sempre protagonista sfide enoiche, pure in quelle a difesa delle micro produzioni da uve di varietà antiche.
Adesso spetta al Ministero la decisione definitiva su questa nuova DOC. Per onorare un vino sicuramente molto apprezzato all’estero, sinonimo di ‘pronta beva’, facile, accattivante e immediatamente riconoscibile grazie anche a quel ‘grigio’ nel nome. Ultima curiosità. Questo vino dall’omonimo vitigno (mutazione del Pinot nero) è stato recuperato nel Medioevo da un commerciante germanico, tal Ruland (ecco perché il Pinot grigio in Germania si chiama Ruelander) che lo diffuse solo per pochi anni, vinificandolo con caratteri dolciastri e di un colore piuttosto scuro, color rame. Poi, il dimenticatoio.
Fino agli anni del Dopoguerra, coltivato nella Bassa Atesina da un cantiniere altoatesino, Kettmaier, di Caldaro. Vino di poche pretese, esclusivamente destinato ai produttori piemontesi di vermout. Quando però quest’ultimi smisero di acquistare vagoni di vino atesino scegliendo vino bianco pugliese, grado alcolico più sostenuto e prezzi decisamente più bassi. Ecco l’intuizione di mettere in bottiglia quanto rimasto in cantina. E chiamarlo appunto Pinot grigio. In pochi anni – grazie anche al Gruppo Santa Margherita, colosso enologico internazionale con radici proprio a Caldaro – il ‘grigio’ diventa una moda. Inarrestabile, almeno finora…
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