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Cinghiali, i cacciatori trentini si tengono i capi abbattuti. L'M5S: “E' contro le leggi dello Stato”

Dallapiccola: “Gli abbiamo dato noi l'ok”. Degasperi: “In base a quale norma? Quella è fauna selvatica e in Trentino la caccia al cinghiale non è autorizzata”. Intanto nel Chiese a marzo i cacciatori avevano bloccato i forestali che volevano procedere all'abbattimento

Di Luca Pianesi - 20 ottobre 2016 - 08:11

TRENTO. Non sarà l'era del cinghiale bianco, come cantava Battiato, ma poco ci manca. La popolazione di cinghiali in Trentino è in continuo aumento e i suoi danni sono ben conosciuti da agricoltori e frequentatori di campagne e boschi. Ma quella del cinghiale potrebbe trasformarsi anche in una vicenda dai contorni kafkiani.

 

E' stato il consigliere Filippo Degasperi a sollevare il problema in consiglio provinciale con un'interrogazione che apre grossi dubbi e che, vista anche la risposta giunta ieri dall'assessore Michele Dallapiccola, potrebbe lasciare diversi strascichi nel mondo della caccia trentino. Ma andiamo con ordine: Degasperi ha chiesto all'assessorato se fosse vero che “il piano di controllo attuato negli ultimi anni ha portato all'abbattimento, tramite i cacciatori autorizzati dalla Provincia, di alcune centinaia (sono 200 circa all'anno ndr) di capi all’anno, che restano in disponibilità dei cacciatori stessi”.

 

La legge italiana però, prosegue il consigliere del M5S “sancisce che la fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato e che appartiene a colui che l’ha cacciata solo se abbattuta durante l’esercizio venatorio, svolto su concessione dello Stato”. Ora il cinghiale è considerato proprio fauna selvatica, ufficialmente specie non cacciabile in Provincia di Trento ma solo sottoposta a piano di controllo (nella Disciplina del controllo del cinghiale nella Provincia di Trento all'articolo 4 si specifica che “La caccia alla specie cinghiale è sospesa in provincia di Trento. I prelievi sono effettuati per controllo ai sensi di quanto previsto dal comma 2 dell’art. 31 della L.P. n. 24/91”).

 

“L’attività di controllo – prosegue il testo dell'interrogazione - e pertanto l'abbattimento del cinghiale avviene a seguito di autorizzazione della Provincia, apparentemente contravvenendo alla legge nazionale. Ne deriva che un animale selvatico, come dichiarato dall'Ispra, quando prelevato con piano di controllo e non con azione di caccia, non può considerarsi di proprietà del cacciatore, considerato nella fattispecie esclusivamente prestatore d’opera, bensì dello Stato/Provincia, che dovrebbe provvedere alla sua commercializzazione tramite i canali ufficiali (ai sensi dei regolamenti europei)”. Tradotto: non è che facciamo cacciare i cinghiali ai nostri cacciatori e lasciamo loro i capi che catturano? “Perché se così fosse – ha detto Degasperi – parlando di “patrimonio indisponibile dello Stato” si rischierebbe da un lato una sottrazione e dall'altro anche un potenziale danno erariale. Insomma potrebbe non essere uno scherzo”.

 

Noi negli scorsi giorni abbiamo provato a chiedere spiegazioni al responsabile servizio foreste e fauna della Provincia Mauro Zanin che però c'ha risposto che non intende rilasciare dichiarazioni lasciando la risposta all'assessore Dallapiccola che è arrivata ieri: “Le spoglie dei cinghiali e dei suoi ibridi abbattuti dai cacciatori sono trattenute da questi ultimi esclusivamente per autoconsumo previo superamento con esito favorevole del controllo veterinario. I capi abbattuti dal personale di vigilanza – spiega l'assessore – vanno inviati presso un centro di lavorazione della selvaggina per poi essere ceduti ad Istituti di beneficenza o assistenza (...). In considerazione delle notevoli problematiche causate dalla specie di cinghiale (…) la scelta dell'Amministrazione è stata quella di coinvolgere la componente venatoria (la normativa nazionale specifica che le provincie autonome di Trento e Bolzano possono anche avvalersi di altre persone munite di licenza di caccia ndr) per garantire il minor impegno economico possibile. Al fine di rendere più incisiva l'azione di controllo abbiamo quindi individuato quale destinatario finale dei capi abbattuti il soggetto che ne ha effettuato il prelievo come incentivo”.

 

La mia riflessione non è stata smentita in niente – commenta Degasperi – qui ci dicono solo che la Provincia hanno dato l'ok ai cacciatori per fare una cosa contraria alle leggi dello Stato per risparmiare. Ora sicuramente così si fa loro un bel piacere. Ma io vorrei vedere norme e delibere dove questo via libera è stato dato visto che l'assessore non mi ha riportato un mezzo riferimento normativo. Io resto esterrefatto e andrò avanti”.

 

Occorre, certamente, fare un po' di chiarezza. Intanto approfondendo abbiamo trovato che dal bollettino di Trentino Agricoltura del 30 marzo 2016, in Valle del Chiese, a inizio anno “da funzionari dell’Ufficio agricolo periferico di Tione si apprende che l’associazione cacciatori si è opposta ad un intervento massiccio di abbattimento controllato da parte dei forestali del distretto”. Insomma i cinghiali fanno sempre più danni e i cacciatori chiedono ai forestali di non provvedere all'abbattimento. Allora c'è davvero un interesse? Non ci saranno cinghiali bianchi ma ve l'avevamo detto che la cosa rischia di assumere dei contorni kafkiani.

 


 

 


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