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Cavit acquisisce la storica cantina "La Versa dell’Oltrepò pavese"

L'operazione (in cordata con Terre d'Oltrepò) è andata in porto per 4,2 milioni di euro. Nessun'altra azienda s'è presentata all'asta fallimentare. Lutterotti: "Lieti di poter contribuire con la nostra esperienza tecnica e manageriale a questa operazione di rilancio". Rischia di aumentare la distanza con i vignaioli delle Dolomiti

Di Nereo Pederzolli - 20 febbraio 2017 - 18:36

TRENTO. Cinque minuti appena e Cavit s’è aggiudicata la storica cantina La Versa dell’Oltrepò pavese. Questo oggi davanti al giudice fallimentare che aveva aperto l’asta alle 14 precise. Trascorsi i previsti 5 minuti e constatato che non ci fossero rilanci inerenti la base di gara di 4,200 milioni di euro la società ‘Valle della Versa’ - appositamente costituita da Terre d’Oltrepò e Cavit – è diventata la nuova proprietaria della più importante ‘sociale’ oltrepadana. Acquisizione facilitata pure dal mancato rilancio di Cantina Soave, la prima a manifestare interesse verso sponde lontane, lambite dal Po’, che non si è presentata all’asta odierna.

 

Così la cooperazione trentina spazia ufficialmente a tutto campo in zone dove già da tempo acquista vini (ad esempio il Pinot Nero destinato agli USA porta in etichetta la denominazione ‘Provincia di Pavia' ) sfruttando le rese per ettaro e prezzi altamente competitivi delle vendemmie. Immediata la presa di posizione dei vertici di Ravina. Bruno Lutterotti, presidente Cavit, è "lieto di poter contribuire con la nostra esperienza tecnica e manageriale a questa operazione di rilancio, esempio di come ‘fare sistema’ nel mondo cooperativo e di creare valore per i soci viticoltori".

 

Terre D’Oltrepò e Cavit sono legate da tempo da consolidati rapporti di sinergie produttive e commerciali. Sfruttando i quasi 5 mila ettari di vigneto della provincia pavese, per oltre 400 mila quintali di uve, Pinot grigio, Riesling e Pinot Nero su tutte. Nessuna dichiarazione da parte di Bruno Trentini, direttore – trentino - della Cantina di Soave, che già nei giorni scorsi aveva abbandonato il progetto per non scatenare contrapposizioni territoriali o generare complicate operazioni d’intermediazioni vinicole.

 

Bocche cucite pure tra i vignaioli delle Dolomiti. Che non hanno mai incoraggiato operazioni industriali che – sempre secondo i vignerons – snaturano l’identità del Trentino vitivinicolo, consentendo ai colossi enologici di proporre vini in grande quantità a prezzi irrisori. L’operazione Valle della Versa rischia di avere ulteriori ripercussioni sull’imminente rinnovo del Consorzio Vini del Trentino. Con la netta contrapposizione appunto tra industriali e aziende agricole. Rapporti tutti da definire e che – per ora – non trovano positive mediazioni.

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