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Sentieri e mountain bike, convivenza difficile: cartelli rimossi, divieti ignorati. La Sat non vuole mezze misure: “Stop al Bike Park e al downhill, serve lungimiranza”

Sull’Alto Garda è scontro sulla questione delle mountain bike sui sentieri. Le sezioni Sat di Alto Garda e Ledro: “Avere un sistema di regole e farlo rispettare è un punto di forza che attrae turisti consapevoli e rispettosi”

Di MOb - 13 agosto 2024 - 20:01

ARCO. A distanza di 7 anni sembra aver raggiunto il suo apice la tensione nella convivenza con le mountain bike dell’Alto Garda: era il 2017 quando Gardatrentino ha cominciato a posizionare la segnaletica del Bike Park, i sentieri dedicati a downhill e freeride, e della rete dei sentieri in condivisione determinati dal servizio turismo e sport della Provincia. Con tanto di divieti di accesso ai rampichini in alcuni percorsi.

 

Ma proprio quei cartelli di divieto sono stati presi di mira (di nuovo) da alcuni ignoti che li hanno rimossi dal sentiero sopra a malga Fiavei e a Bosco Caproni. Era successo già ad ottobre 2017, è successo di nuovo nel 2022: e da allora la mancanza di quei cartelli espone i ciclisti della montagna a rischi per la sicurezza, propria e degli altri, visto che i percorsi sono caratterizzati anche da alcuni pezzi esposti a precipizi.

 

Una situazione denunciata con grande decisione dalle sezioni Sat di Alto Garda e Ledro durante gli “Stati Generali della Montagna”: “Le nostre sezioni si sono sempre espresse a favore all’attività di ciclo  escursionismo – mountain bike, purché pratica di mobilità dolce e di scoperta della  montagna, abbiamo sempre rifiutato, invece, la pratica del downhill in quanto dannoso per l’ambiente naturale e perché non risponde ai principi di scoperta dell’ambiente naturale e di godimento del paesaggio”.

 

Ma il downhill c’è eccome: le principali località di partenza delle discese sono il Monte Baldo, il Monte Tremalzo, il  Monte Creino, Bocca Trat, San Giovanni. “Praticamente ogni punto accessibile con i Bike Shuttle – prosegue la Sat - è diventato un punto di partenza per discese che interessano tutta la rete sentieristica accessibile da quelle località, che si tratti di percorsi previsti dal Bike Park, di percorsi previsti dalla rete in condivisione, di percorsi non inseriti nella rete di condivisione o di percorsi vietati alle mountain bike, non fa differenza. Lo stato di degrado di questi percorsi è facilmente riscontrabile, come altrettanto riscontrabile è l’abbandono da parte degli stessi bikers dei tracciati troppo rovinati e l’apertura nei boschi di nuove piste più o meno parallele. Sempre più diffuso è l’utilizzo come piste di discesa di ogni tipo di sentiero ritenuto interessante. Tali percorsi vengono pubblicizzati sui siti internet specializzati, nei negozi bike e dai vari trasportatori, locali e non”. 

 

Gardatrentino, sponsor del Bike Park, aveva sostenuto che: “Al fine di risolvere le criticità che  l’uso degli itinerari utilizzati per la pratica ha creato in termini di tutela dell’ambiente e del  patrimonio faunistico e dell’utilizzo da parte di altri frequentatori, le Amministrazioni  comunali di Nago Torbole e Arco con l’appoggio della Comunità Alto Garda e Ledro hanno  ritenuto di dover provvedere a regolamentare la pratica delle mountain bike ed in particolare le discipline di discesa -Downhill e Freeride- riservando alle stesse determinati tratti di sentiero dei rispettivi territori”.  

 

Ma questo assunto riassume la filosofia che secondo le amministrazioni locali giustifica l’implementazione del Bike Park Alto Garda: confinare le pratica del downhill/freeride su alcuni percorsi dedicati e riportare al loro utilizzo escursionistico originario tutti gli altri percorsi. Noi, come Sat, abbiamo sempre sostenuto il contrario, introdurre il downhill e il freeride comportava rischi per l’integrità del nostro territorio e la fruibilità anche degli altri percorsi  esistenti e la situazione attuale lo conferma: il contenimento è fallito e tutto il territorio è compromesso dall’attività di downhill e freeride”.

 

“Consapevoli degli interessi in gioco, e pur comprendendo le motivazioni delle amministrazioni pubbliche coinvolte e dei soggetti economici interessati, riteniamo che tutto il progetto della mountain bike, quindi quelli del Bike Park Alto Garda e della rete dei sentieri in condivisione, sia basato sulla grande illusione che il territorio e le sue risorse siano inesauribili. Lo sviluppo sta trascurando la relazione esistente a lungo termine tra qualità dell’ambiente e turismo". 

 

“Allo stato attuale delle cose - prosegue il documento - riteniamo che l'unica soluzione possibile sia quella di agire con consapevolezza e tempestività. Bisogna avere il coraggio di promuovere un percorso corretto e lungimirante che permetta di identificare le risorse e il livello di compatibilità delle singole attività con il loro mantenimento, dicendo e indicando chiaramente che cosa si può e non si può fare".

 

Vietare il downhill, fermare il progetto Bike Park, bloccare l’attività dei bike shuttle anche tramite divieti specifici, ripristinare i sentieri alla situazione antecedente il loro inserimento nel catasto sentieri condivisi. Questo è solo una parte di quanto suggerisce la Sat, che auspica anche un regolamento più puntuale per la gestione delle mountain bike sui sentieri: “Nelle pubblicazioni e siti online dei nostri entri di promozione turistica, va curata in modo adeguato anche l’informazione su quello che non si può fare ed è vietato, senza accampare la scusa che parlare dei divieti disincentiva poi i flussi turistici verso le nostre località turistiche. Bisogna essere consapevoli che avere un sistema di regole e farlo rispettare è un punto di forza che attrae turisti consapevoli e rispettosi. Non è forse un esempio di divieto virtuoso lo stop alla navigazione a motore nell’Alto Garda?”.  

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