Scomparsa coregoni nel Garda, l'ittiologo Pontalti: "Nessun allarmismo. Sono fenomeni che vanno valutati nel tempo, ma bisogna tutelare la riproduzione"
Dopo l'allarme lanciato dai pescatori e dalla Comunità del Garda per la drastica riduzione del coregone e di altre specie ad analizzare il fenomeno è l'ittiologo Leonardo Pontalti: "Molte specie hanno cicli di espansione e di contrazione, non bastano un paio d'anni per trarre delle conclusioni: fondamentale tenere conto delle questioni climatiche e metereologiche"

TRENTO. "Dal Garda stanno scomparendo molte specie ittiche". L'allarme era stato lanciato nelle scorse settimane, a più riprese, da diversi pescatori professionisti e anche dalla Comunità del Garda (articolo qui) che aveva sottolineato come il fenomeno, oltre a preoccupare dal punto di vista ambientale, rappresenti un problema serio sia dal punto di vista professionale per i pescatori, sia per il comparto turistico gardesano che rischia di non poter più offrire le sue eccellenze gastronomiche a chilometro zero.
La lente d'ingrandimento è stata puntata in particolar modo su una specie: il coregone. Prodotto ittico di maggior rilevanza per il territorio, negli ultimi anni la sua presenza nelle reti si è ridotta drasticamente: nell'alto Garda, come spiegato dal pescatore professionista e segretario dell'associazione "Amici della Tirlindana" Alberto Rania, il calo del pescato è stato di oltre il 50%, mentre in altre zone del lago addirittura maggiore.
Oltre al coregone, i fari sono puntati anche sulla riduzione di altre specie ittiche rilevanti come l'agone, la sarda di lago, il persico e l'alborella, fondamentale per l'ecosistema lacustre e da anni quasi del tutto scomparsa soprattutto nonostante i tentativi di ripopolamento. (articolo qui).
Ma cosa c'è alla base di questa drastica riduzione? A fare il punto della situazione, intervistato da il Dolomiti, è l'ittiologo del Servizio faunistico provinciale della Provincia di Trento Leonardo Pontalti, che spiega come prima di trarre conclusioni affrettate e allarmistiche sia necessaria un'attenta valutazione del fenomeno.
"In primis va specificato come siamo di fronte a fenomeni che devono necessariamente essere valutati nel lungo periodo perchè molte specie ittiche lacustri registrano cicli pluriennali di espansione e di contrazione" inizia a spiegare Pontalti che sottolinea come questa analisi valga anche per il coregone.
Le fluttuazioni sono dipese dall'equilibrio ecologico dell'ambiente e, viene spiegato, non bastano un paio d'anni per comprenderne bene l'entità e per trarre delle conclusioni, dal momento che i cicli possono durare anche più di cinque anni.
Leonardo Pontalti spiega poi come le questioni climatiche e metereologiche giochino un ruolo fondamentale per comprendere la situazione: "L'anno scorso si è registrata una grande siccità, con i livelli del lago che sono scesi, mentre questa primavera è stata molto piovosa con grandi masse di acqua fredda immesse nel lago. Questo ha avuto influenze sulla temperatura dell'acqua e sono variazioni che vanno tenute in considerazione dal momento che le specie che erano abituati a stazionare a determinate profondità potrebbero essersi spostate e non vengono quindi pescate. In sintesi, non è detto che siano diminuite, ma magari hanno semplicemente cambiato profondità".
Ade essere toccato dall'ittiologo Pontalti è poi il tema, molto discusso, dell'interruzione delle semine del coregone in seguito alla direttiva europea che vieta l'introduzione di specie alloctone nelle acque dolci: "Sicuramente l'interruzione delle semine ha un'influenza, però va tenuto conto siamo di fronte ad una specie prolifica e in grado di riprodursi spontaneamente, assicurando la sua presenza nell'habitat anche al netto delle fisiologiche fluttuazioni periodiche".
Fondamentale secondo l'ittiologo è invece riuscire a tutelare efficacemente la riproduzione del coregone nei periodi e nelle aree di frega, ovvero in inverno e sui substrati ghiaiosi in prossimità delle rive, attraverso un attento monitoraggio della pesca con le reti.
A tal proposito, si pone però un'altra questione, ovvero il fatto che alla luce delle variazioni climatiche e metereologiche i periodi di riproduzione possono subire delle variazioni, rischiando che i divieti di pesca imposti non combacino con l'effettiva fase riproduttiva.
"Questo è già avvenuto e sicuramente ha inciso sulla quantità di specie ittica presente nel Garda – specifica Pontalti – dal momento che il coregone era solito riprodursi nel periodo natalizio, mentre ora assistiamo ad uno slittamento della frega alla fine di gennaio: il regolamento deve quindi assecondare queste variazioni, prolungando i divieti al fine di tutelare la specie".
Parlando di ecosistema lacustre, è inevitabile affrontare poi il tema delle specie invasive e non autoctone come il siluro, diffusosi sempre più anche nel Garda e molto impattante in negativo sull'ambiente dal momento che si colloca in cima alla catena alimentare.
"Il problema è avvertito principalmente nel basso Garda da parecchi anni, mentre i fondali ghiaiosi dell'alto Garda si prestano meno alla sua diffusione – spiega Pontalti – e va fatta un'attenta riflessione sul fenomeno: per tutelare l'ambiente bisogna puntare principalmente sulla prevenzione dal momento che quando vengono immesse specie alloctone in un habitat poi è difficilissimo rimuoverle ed il rischio è che i danni siano significativi. Le faccio un esempio simile relativo però ai laghetti alpini: l'immissione della trota iridea, in passato e ai fini della pesca sportiva, nell'habitat del salmerino alpino ha portato in certi bacini alla sua scomparsa dal momento che veniva predato dall'altra specie, che poi a sua volta è sparita".
Un ultimo pensiero l'ittiologo del Servizio faunistico provinciale lo rivolge ad un altra criticità gardesana, ovvero la quasi scomparsa, negli ultimi vent'anni, dell'alborella e per la cui reimmissione sono in corso, come detto, vari tentativi di ripopolamento.
"L'alborella rappresenta un elemento importantissimo per l'ecosistema del Garda dal momento che il piccolo ciprinide ha una grande valore per la catena alimentare" precisa Leonardo Pontalti, che specifica: "Ad un certo punto è quasi scomparsa per motivi sconosciuti e ora una piccola ripresa si sta registrando nel basso Garda. Le iniziative di ripopolamento sono molto utili soprattutto nell'alto lago: è evidente come questi richiedano molti sforzi che vanno però fatti, dal momento rappresentano il miglior tentativo a disposizione per aiutare la riproduzione della specie".