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Peste suina, i focolai aumentano ma come si eliminano le migliaia di maiali infetti? “Miscele di gas o elettrocuzione. Riusciamo ad abbatterne fino a 1.200 al giorno”

In Piemonte, dicono a il Dolomiti le autorità regionali, è stato registrato nella giornata di ieri un nuovo focolaio che riguarda circa 1800 animali. Per i capi interessati, purtroppo, si dovrà procedere all'abbattimento: ''La morte causata da questo virus è terribile''. Ecco come gli animali infetti vengono eliminati e poi smaltiti

Di Filippo Schwachtje - 06 settembre 2024 - 13:21

TRENTO. “Quando gli allevatori vedono come la sindrome emorragica da virus di peste suina uccide i loro capi, sono i primi a chiederci di intervenire tempestivamente per evitare quella sofferenza agli altri”. E in caso di contagio, dice a il Dolomiti il responsabile della Prevenzione, sanità pubblica, veterinaria e sicurezza alimentare della Regione Piemonte, Bartolomeo Griglio, l'unico intervento possibile è purtroppo l'abbattimento, visto che quando si parla di Psa non esistono né cure né vaccini e la mortalità portata dal virus è altissima (circa il 90%). Ma mentre l'epidemia continua a espandersi, lo stesso Griglio ha confermato un nuovo focolaio scoppiato ieri in Piemonte che riguarda circa 1800 animali, portando il totale dei focolai in Regione a 6 (ai quali vanno aggiunti i 18 registrati in Lombardia e quello in Emilia Romagna), gestire l'abbattimento e lo smaltimento degli animali sta diventando una sfida logistica non da poco.

 

“La nostra capacità di abbattimento e smaltimento arriva al massimo a 1.200 capi al giorno – spiega Griglio – e la limitazione è legata principalmente dal basso numero di centri di smaltimento per le carcasse presenti in Italia, una decina in tutto. In presenza di un focolaio si procede seguendo le indicazioni fornite dal regolamento europeo 1099 del 2009, all'interno del quale vengono riportati tutti i metodi previsti sia per la macellazione dei capi destinati all'alimentazione umana sia per l'abbattimento nei casi di spopolamento”. Ed è proprio quest'ultimo il caso da valutare in presenza del virus della Peste suina africana

 

“Dietro queste metodologie – continua Griglio – ci sono anni e anni di studi. In Piemonte, a seconda del tipo di allevamento e della presenza di animali vengono utilizzati principalmente due metodi. Il primo è quello dell'elettrocuzione, preceduto dall'elettronarcosi. Il passaggio di 'stordimento' preliminare non sarebbe richiesto dal regolamento nei casi di abbattimento, ma come Regione Piemonte abbiamo comunque deciso di aggiungerlo”. I capi subiscono quindi un doppio trattamento: prima vengono applicati degli elettrodi all'altezza della testa per 'stordire' gli animali tramite l'applicazione di una determinata corrente. Con un secondo posizionamento gli elettrodi vengono invece applicati sul torace, bloccando con una scarica l'attività cardiaca.

 

“In parallelo – spiega il dirigente – utilizziamo, come in tutte le altre Regioni, anche il gas: i capi vengono quindi messi di norma all'interno di un cassone ed esposti a miscele di gas (Co2 o azoto). Entrambi i metodi vengono utilizzati a seconda delle tipologie di animali e allevamento”. Il delicato passaggio successivo è lo smaltimento delle carcasse, che deve avvenire con tutte le attenzioni del caso per evitare possibili contaminazioni. “Le carcasse – dice Griglio – vengono caricate a bordo di cassoni biosigillati e trasportate verso gli stabilimenti che procedono poi all'incenerimento. Si tratta degli stessi centri che gestiscono le carcasse di tutti gli altri animali morti negli allevamenti e le temperature presenti garantiscono l'eliminazione del virus”. Il problema, in questa fase, è come detto lo scarso numero di strutture del genere.

 

“In tutto il Piemonte per esempio – dice l'esperto – ne abbiamo una sola. Proprio ieri è stato autorizzato lo smaltimento anche delle carcasse in arrivo dalla Regione Lombardia". L'utilizzo del gas e dell'elettrocuzione in ogni caso, aggiunge Griglio: "Ha anche finalità umane: la morte causata da questo virus è terribile”. Come riportato ieri (Qui Articolo), attualmente in Trentino non sono ancora stati registrati casi, ma l'attenzione anche sul nostro territorio rimane altissima per evitare l'introduzione della Psa.

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