Contenuto sponsorizzato

Le strategie di difesa dei camosci contro le predazioni dei lupi e l'aumento delle temperature: ecco i risultati dello studio sui dati di 25 ungulati radiocollarati

I camosci del Monte Grappa hanno cambiato le loro abitudini di vita e di alimentazione per fronteggiare gli effetti del cambiamento climatico e la presenza del lupo

Pubblicato il - 27 novembre 2024 - 12:37

FELTRE. I camosci del Monte Grappa sono in ottima salute.

 

E hanno cambiato le loro abitudini di vita e di alimentazione per effetto del cambiamento climatico e della presenza del lupo. Sono le primissime evidenze emerse dallo studio ideato dal professor Marco Apollonio dell’Università di Sassari e finanziato dal Pnrr.

 

Uno studio a cui collabora la Provincia di Belluno con la sua Polizia Provinciale (in collaborazione con le guardie provinciali di Treviso e Vicenza), e che è stato presentato nella serata di ieri, mercoledì 27 novembre, a Feltre, in un incontro pubblico molto partecipato, specialmente da cacciatori e riserve di caccia.

 

Il progetto di studio si pone come obiettivo di osservare come i camosci stiano cambiando le loro abitudini in base all’aumento della temperatura derivante dal climate change, e anche per effetto della presenza del lupo, predatore naturale. L’area di studio è quella del Monte Grappa, dove il camoscio viveva stabilmente fino alla Prima Guerra Mondiale e dove l’animale è stato dichiarato estinto a seguito del conflitto, salvo poi essere stato reintrodotto in modo artificiale negli anni Novanta con esemplari prelevati da Cortina e dal Parco Alpi Marittime. Lo studio, condotto dallo staff del professor Apollonio (docente di zoologia al Dipartimento di scienze della natura e del territorio dell’Università di Sassari) e coordinato dal ricercatore Rudy Brogi, è stato avviato nell’estate 2023, con la radiocollaratura di 25 camosci e 5 lupi.

 

I primi risultati presentati ieri derivano dall’intreccio dei dati gps dei radiocollari e mostrano da un lato le strategie di predazione dei lupi, dall’altro le strategie di difesa dei camosci. Il primo dato è che tutti i 25 camosci studiati sono ancora vivi e stanno bene, a dispetto di una mortalità annua che normalmente si aggira tra il 5 e il 10 per cento. Il secondo è che proprio gli ungulati hanno modificato le loro abitudini: hanno imparato a difendersi dalle predizioni del lupo evitando certe aree e cambiando gli orari di alimentazione; e si sono bene adattati all’aumento delle temperature prediligendo le zone abboscate, in questo modo non sono costretti a salire a quote superiori come fanno i camosci del resto dell’arco alpino, andando incontro a zone dove scarseggia la copertura erbosa e quindi la possibilità di trovare cibo.

 

"I risultati del primo anno sono incoraggianti e danno già prime risposte significative, come hanno segnalato i ricercatori", commenta la vice presidente della Provincia di Belluno, Silvia Calligaro, delegata nelle materie di caccia e pesca. "Con la partecipazione attiva della nostra Polizia Provinciale e delle riserve di caccia, il progetto di studio proseguirà, almeno per un altro anno e fino a quando non si scaricheranno le batterie dei radiocollari. I risultati finali permetteranno di conoscere a fondo le abitudini e lo spirito di adattamento di questo particolare ungulato. E rappresenteranno un valore aggiunto per il nostro territorio".

Contenuto sponsorizzato
Contenuto sponsorizzato
Contenuto sponsorizzato
In evidenza
Ambiente
21 gennaio - 12:42
Il Gps di Puck ha trasmesso i segnali e subito i carabinieri forestali si sono attivati raggiungendo la casa dell'uomo. Dopo una perquisizione la [...]
Esteri
21 gennaio - 12:24
Non è la prima volta che si verifica un fenomeno di gelicidio sulle strade della Valsugana
Cronaca
21 gennaio - 12:31
E' successo poco prima di mezzogiorno e sul posto si sono portati i vigili del fuoco e i soccorsi sanitari. L'uomo sarebbe rimasto con la gamba [...]
Contenuto sponsorizzato
Contenuto sponsorizzato
Contenuto sponsorizzato