"Laghetto della Marchesa, nessuna devastazione". La replica: "Lavori al bacino autorizzati e condotti sotto il vigile controllo di un esperto del Muse"
La replica di Roberto Alessandro Caffo: "Nessuna ruspa è entrata nello stagno, l’acqua è stata fatta defluire lentamente per evitare che eventuali “abitanti” venissero trascinati via da una corrente troppo impetuosa: l’intera operazione inoltre è stata effettuata sotto il controllo del dottor Tabarelli de Fatis del Muse, da noi preventivamente chiamato a tale scopo"

TRENTO. A Denno il Laghetto della Marchesa in questi giorni è stato prosciugato da una ruspa: un intervento che ha suscitato l'indignazione di Ivana Merlo, che ha denunciato la morte di molte rane e danni all'ecosistema, la distruzione di un habitat fondamentale per anfibi e specie protette (QUI L'ARTICOLO). La stessa Merlo ha depositato un esposto in Procura chiedendo il ripristino urgente del laghetto e contestando la gestione delle autorizzazioni.
Oggi, sabato 9 novembre, è arrivata la risposta dell'avvocato Roberto Alessandro Caffo che pubblichiamo integralmente.
"Ho letto il Vostro articolo in oggetto e, anche nell’interesse di mio figlio Lorenzo, proprietario del fondo in questione, ritengo doveroso fare alcune precisazioni e rettifiche alle affermazioni della sig.ra Merlo, spesso incomplete e inesatte, quando non contrarie al vero.
La Merlo esordisce affermando: "Questo laghetto-stagno circondato da un boschetto è situato in zona a difesa altamente paesaggistica e sottoposta a vincolo idrogeologico, su suolo privato ma di interesse pubblico". Ignoro da dove abbia ricavato che il “laghetto-stagno” (in realtà un bacino per l’irrigazione della nostra campagna creato nel 1950 e da alcuni anni in disuso) sia di “interesse pubblico”. La cosa non risulta a noi proprietari, ma neppure al Comune di Denno né alla Forestale o alla Commissione Paesaggistica, che hanno rilasciato le rispettive autorizzazioni per il lavoro. Anche i Carabinieri, intervenuti sul posto per i controlli di rito, non hanno avuto nulla da eccepire, anzi, hanno allontanato la Merlo, che si era proditoriamente introdotta nella nostra proprietà.
Prosegue la Merlo: "Una ruspa è apparsa sulle rive del laghetto ed ha cominciato a scavare” e più oltre “è reato cagionare la morte di animali senza necessità, e certo un tale atto rischia di causare il decesso di diversi animali che popolavano lo specchio d'acqua”. Premesso che lo sbancamento ha riguardato il solo argine, dopo che l’acqua era defluita dalla paratia (come si può vedere anche dalla foto da voi pubblicata), che nessuna ruspa è entrata nello stagno e che l’acqua è stata fatta defluire lentamente per evitare che eventuali “abitanti” venissero trascinati via da una corrente troppo impetuosa, va sottolineato che l’intera operazione è stata effettuata sotto il vigile controllo del Dott. Tabarelli de Fatis del Muse (da noi preventivamente chiamato a tale scopo, e NON dalla Merlo), tecnico della Sezione di Zoologia dei Vertebrati; che sul sito del Museo si definisce “amante di qualsiasi cosa nuoti, strisci, salti, corra, si arrampichi o voli su questa Terra”.
La signora continua affermando che: "I Carabinieri Forestali della Polizia Giudiziaria della Procura di Trento (…) nel recente passato erano riusciti a salvare uno degli ultimi lembi umidi della Bassa Anaunia". Effettivamente nel 2020 la Procura di Trento acquisì presso il Comune di Denno copia della documentazione allora da noi presentata per l’effettuazione di alcuni lavori in quella zona della nostra campagna (tra cui lo svuotamento del bacino), ma da allora nessun provvedimento è stato preso dalla Procura, ed anzi non risulta, a distanza di oltre 4 anni, che a seguito dell’acquisizione di tale documentazione sia mai stato aperto un procedimento giudiziario, segno evidente che non era stato riscontrato nulla che fosse contrario alla legge.
Per concludere, va segnalato che il bacino in questione è stato oggetto di ripetute ordinanze del Comune di Denno per la sua pericolosità, i cattivi odori che ne provenivano, trattandosi di acqua stagnante dentro la quale imputridivano rami caduti, foglie e carogne di animali e per le zanzare che rendevano la vita impossibile agli abitanti della zona, che a decine avevano addirittura firmato una petizione per il suo svuotamento".