"Ecco fin dove può arrivare la stupidità umana" (FOTO), cacciatori impallinano un gheppio: "Ha riportato diverse fratture ma è fuori pericolo"
Il veterinario Massimo Nicolussi: "Dovrà sottoporsi ad un'operazione chirurgica per una frattura al femore ma, fortunatamente, è fuori pericolo"

DUEVILLE (VICENZA). "La stupidità dell'essere umano". Esordisce così il veterinario Massimo Nicolussi sui suoi canali social nel raccontare una preoccupante vicenda, episodio, purtroppo, non isolato.

"Altro rapace, un gheppio maschio, specie protetta, impallinato da alcuni cacciatori giovedì scorso a Vivaro (Dueville), nel Vicentino". L'animale è stato portato nella clinica veterinaria di Nicolussi, che lo ha immediatamente preso in cura.

"E' stato visitato: dovrà sottoporsi ad un'operazione chirurgica per una frattura al femore - riferisce il veterinario, intervistato da Il Dolomiti -. Fortunatamente è fuori pericolo. Ha una frattura anche all'ala ma quella si sistemerà senza il bisogno di intervenire", fa sapere.
Oltre ad essere una specie protetta, si tratta di un rapace molto "utile" per l'ambiente (ma anche per l'uomo): "A seconda della stagione i gheppi cacciano da 4 a 6 o più arvicole o topini al giorno, più locuste e cavallette in gran quantità, contribuendo così al loro controllo numerico che altrimenti crescerebbe in maniera esponenziale, e questo a tutto vantaggio dell'agricoltura", sottolinea il veterinario.
"Per compensare queste stupide bravate - commenta, in riferimento all'uccisione del gheppio - l'uomo deve poi ricorrere a pesticidi e ratticidi il cui utilizzo, come ben sappiamo, si ripercuote negativamente a cascata su altre specie, selvatiche e domestiche, come ad esempio i rapaci notturni che vanno a cibarsi dei roditori avvelenati. Oppure cani e gatti per lo stesso motivo".
I cani possono ingerire direttamente esche e veleni, mentre per "i gatti, accanto al problema dell'ingestione del topo morente avvelenato, c'è il rischio dell'assunzione di quei pesticidi che vengono pesantemente irrorati in orti e giardini e che, dopo alcuni giorni di pioggia, si depositano sul terreno - spiega Nicolussi -. Al primo sole il nostro felino non vede l'ora di sgranchirsi un po', esce di casa e, calpestando il terreno ancora un po' umido, si imbratta le zampette di veleno".
"Alla sua prima toelettatura (i gatti sono animali estremamente puliti) - conclude amareggiato - lisciandosi il pelo direttamente con la lingua e, sulla testa, dove non ci arriva, utilizzando le zampette anteriori precedentemente ben leccate, finisce per rischiare di avvelenarsi".