Abete di Ledro, nel giorno dell'accensione in piazza San Pietro arriva un esposto delle associazioni: "Tanti dubbi su tutela ambientale e corretto uso di fondi pubblici"
Esposto alla procura di Rovereto depositato da Comitato “Quaranta e tre milioni”, Comitato per la Legalità e la Trasparenza del Trentino Alto Adige e Associazione Bearsandothers Odv: "Ci rimettiamo alla magistratura, affinché venga appurato se ciò che è stato fatto sia legittimo; restiamo convinti che eticamente la vicenda sia da condannare, perché non è possibile continuare con prassi che hanno condotto l’umanità sull’orlo di una crisi climatica imminente"

LEDRO. Il Comitato “Quaranta e tre milioni”, il Comitato per la Legalità e la Trasparenza del Trentino Alto Adige e l’Associazione Bearsandothers Odv hanno presentato un esposto alla Procura di Rovereto riguardante il taglio dell'abete rosso di 49 metri, soprannominato il "Gigante Verde di Malga Cita", in Val di Ledro.
L’albero, come noto, è stato abbattuto nei boschi trentini e trasportato in piazza San Pietro a Roma, dove sarà "acceso" con le luci di Natale proprio nella giornata di oggi, venerdì 7 dicembre.
Un'operazione ritenuta dalle associazioni eticamente inaccettabile e potenzialmente illegittima.
Certo, si tratta di un solo albero, ma la vicenda "ha un valore simbolico e rappresenta un grave errore etico".
"Il Gigante Verde di Malga Cita - recita il comunicato - è stato abbattuto per soddisfare interessi economici e di immagine che nulla hanno a che vedere con il concetto di rispetto della biodiversità, millantato sia dal sindaco Girardi, sia dal Vaticano che fa eco a tale assurda definizione. Hanno potuto millantare la foglia di fico del "naturale ricambio" fino all’ora antelucana del 18 novembre. Mentre la "sostenibilità" più volte dichiarata, crolla al solo concepire l'idea di trascinare per seicento chilometri lungo mezza Italia, un abete agonizzante che è stato vigilato da forestali e più pattuglie di carabinieri, fin dalla mezzanotte del giorno del suo taglio".
"Il Gigante Verde di Malga Cita è stato segato alla chetichella e sezionato fino a farlo rientrare nella dimensione voluta, con grande dispiegamento di mezzi. E di fronte alle falsità più volte ribadite da chi regge la cosa pubblica come un feudo privato, è evidente a tutti che tale visione sia in antitesi con il rispetto della biodiversità, nonché con il concetto del simbolo che rappresenta tale taglio assurdo. Si contesta il simbolo che rappresenta questa operazione, spregio a qualsiasi buon senso, sia per i soldi della collettività letteralmente buttati, 60.000 euro, sia per aver agito contro il rispetto di quella vita che tanto si predica ma poco si pratica!".
"A nulla sono valse - proseguono - le oltre 53.000 firme di cittadini indignati che chiedevano di fermare lo scempio; a nulla sono valsi gli avvisi preventivi che le scriventi associazioni hanno effettuato ai decisori di tale scempio, che avrebbero potuto fermarsi per dare un segnale di rispetto diverso. E quindi, l’inevitabile scelta: oggi è stato depositato un esposto che chiede alla magistratura di indagare e approfondire se siano state rispettate leggi e norme vigenti in tema di tutela ambientale e in tema di corretto uso di fondi pubblici. Ci rimettiamo alla magistratura, affinché venga appurato se ciò che è stato fatto sia legittimo; restiamo convinti che eticamente la vicenda sia da condannare, perché non è possibile continuare con prassi che hanno condotto l’umanità sull’orlo di una crisi climatica imminente; non è certo l’albero, lo sappiamo bene, ma Santa Madre Chiesa vive di simboli da millenni e poteva generare un atto simbolico forte rinunciando a questo scempio, così come i decisori tecnico-politici potevano usare diversamente i soldi pubblici, magari aiutando chi è in difficoltà, invece che abbattendo un albero che ora sta morendo".