Transumanza patrimonio dell'Unesco. Dallapiccola:"L'esecutivo provinciale ignorante in materia", anche se in Trentino la pratica è svolta da oltre 100 pastori
La pratica della transumanza è stata proclamata all'unanimità patrimonio immateriale dell'umanità. Un riconoscimento importante che conferma il valore sociale, economico, storico e ambientale di questa realtà da sempre presente nel nostro paese

TRENTO. La transumanza è stata dichiarata patrimonio culturale immateriale dell’umanità. La decisione presa all'unanimità dai 24 Stati membri del Comitato intergovernativo dell’Unesco, riunito mercoledì scorso a Bogotà, in Colombia. La proposta era stata avanzata da Italia, Grecia e Austria nel 2018, con l'intento di tutelare una realtà ricca di storia e ancora praticata. Un riconoscimento importante che conferma il valore sociale, economico, storico e ambientale di questa pratica da sempre presente nel nostro paese.
La transumanza è la tradizionale pratica pastorale di migrazione stagionale del bestiame, e racconta la storia di chi, con passione e amore per la natura, con il proprio gregge, durante i mesi più freddi, scende dalle alte quote fino a valle, dove le temperature sono più miti.
“Sono davvero soddisfatto della proclamazione da parte dell'Unesco, per la quale, negli ultimi quattro anni, mi sono battuto attivamente – dice Alberto Pattini, poeta, scrittore e capogruppo in consiglio comunale del Patt- . E' una concreta occasione per permettere di far conoscere un mondo ormai sommerso, non visibile, ma che ha tantissimo da raccontare e da insegnare. Ora mi aspetto che questa ricca dimensione riceva maggiore sostegno e, soprattutto, più riconoscimento”.
In Trenino è proprio Alberto Pattini a raccontare e ad aver raccontato la tradizione e il valore culturale della transumanza, realtà di cui ha scoperto la magnificenza dopo aver seguito per mesi i giovani e i loro greggi. “Sono rimasto completamente affascinato dal loro modo di vivere in uno stato di perenne contemplazione. Ho percepito in questi giovani tutta la tranquillità, serenità e voglia di vivere che solo la natura è in grado di trasmettere”. Ed è grazie a questo stupore e fascino, che Pattini, al ritorno dai suoi periodi al seguito della transumanza, ha prodotto numerose poesie, due film documentari, allestito mostre fotografiche e, ora, pubblicato anche un libro dal titolo “Fiume che cammina”.
Una pratica importante per mantenere viva la tradizione del nostro territorio, ma che ha anche un importantissimo impatto dal punto di vista ambientale. I greggi, infatti, aiutano a contenere zone che, se non venissero pascolate, verrebbero lasciate a loro stesse e per questo invase da boschi.
Se quindi da un lato c'è chi festeggia, da un altro c'è chi ne approfitta per sottolineare come la tematica del pascolo ovino venga, in provincia, poco incentivato e raccontato, nonostante quella Trentina sia una delle province italiane con più giovani che praticano la transumanza insieme ai loro greggi, stiamo parlando infatti di circa 100 ragazzi e ragazze sotto i 35 anni. Michele Dallapiccola, consigliere provinciale ed ex assessore all'agricoltura della Provincia Autonoma di Trento, solleva l'attenzione su quelli che sono dei dati che conoscono ben in pochi. Sono infatti 30 mila i capi ovini presenti in provincia di Trento, di cui 25 mila vivono in transumanza. Questi sono in grado di generare dai 5 ai 10 mila capi, poi interamente acquistati e consumati dai mussulmani del Trentino. “E' buona la carne ovina? Se di animale transuamante sì, perché sono animali allevati all'aperto (poco odore) magri (camminano sempre) ma soprattutto superano in qualità il biologico certificato, perché sono allevati con una prerogativa unica: sono grass feed al 100%, animali cioè che si nutrono solo dell'erba che trovano nell'ambiente naturale dove vivono. Inoltre sono animali molto rustici e dunque hanno un fabbisogno di farmaci pressoché nullo. Eppure, Nessuno cerca la loro carne. Ma se è vero che il mercato della carne è in caduta, perché non cercare di far in modo che, quella poca che comperiamo, sia almeno di qualità? Chiediamola al nostro macellaio di fiducia la prossima volta che andremo in macelleria. Trasformeremo l'allevamento della pecora da qualcosa di patinato e buono solo per le manifestazioni, in qualcosa di utile innanzitutto per la nostra salute alimentare e interessante per le giovani imprese ovinicole trentine”.
"Ovviamente data l'estrema ignoranza da parte del nostro esecutivo Provinciale rispetto a questa materia, su questo argomento non è uscita una sola parola. Ma si sa, le pecore non votano e di pastori (che invece votano eccome) ne basta uno ogni 1000 pecore", conclude Dallapiccola.
Inoltre, è importante citare come, due anni fa, sia nata l'associazione Bollait – gente della lana, un'associazione trentina che si occupa di recuperare la lana raccolta durante i mesi di transumanza. Fino a qualche anno fa, infatti, tutta la lana accumulata durante questi mesi di spostamento, non veniva utilizzata e bisognava addirittura pagare una quota per il suo smaltimento, visto che era considerato come rifiuto. Oggi, invece, viene recuperata, pulita e successivamente utilizzata da queste signore per farne gomitoli, gilet, materassi, pantofole e quant'altro.