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Il comitato lancia un referendum per un distretto biologico provinciale. Serviranno 8000 firme

Il quesito referendario è stato depositato venerdì ora si aspetta il parere della commissione sulla sua ammissibilità. Giuliani portavoce del comitato: “Progetto ambizioso per un modello di sviluppo diverso che tenga conto delle criticità del nostro territorio”

Di Tiziano Grottolo - 29 luglio 2019 - 06:01

TRENTO. “Volete che il distretto agricolo della Provincia Autonoma di Trento diventi un distretto biologico, per tutelare la salute, l’ambiente e la biodiversità, indirizzando la coltivazione, l’allevamento, la trasformazione, la preparazione alimentare e industriale dei prodotti con i sistemi di produzione biologici?” è questo il quesito depositato venerdì scorso dal comitato promotore del distretto biologico del Trentino.

 

L’intero territorio provinciale dunque, trasformato in un distretto biologico, è questo l’obbiettivo dei promotori del quesito referendario che ora è in attesa dell’approvazione di una commissione nominata ad hoc.

 

Del comitato fanno parte svariate persone provenienti dagli ambiti più disparati – spiega Fabio Giuliani, portavoce del comitato – il nostro progetto ha una valenza trasversale è un’idea che va oltre i partiti”.

Si tratta evidentemente di un progetto ambizioso ammette Giuliani e che per giunta rappresenta una prima volta a livello nazionale. Infatti non esistono precedenti di una simile iniziativa referendaria che si pone l’obbiettivo di trasformare un’intera provincia in un distretto biologico.

 

Il problema secondo i promotori del referendum nasce a monte: “Perché vogliamo questo distretto? – si domanda Giuliani – nel corso del tempo il tessuto agricolo e il tessuto urbano si sono contaminati l’uno con l’altro, intrecciandosi. Ora serve una ripartenza che tenga conto delle criticità del nostro territorio e che punti a risolvere i problemi lasciati in eredità dal vecchio modello”.

 

Il riferimento è certamente rivolto al tipo di coltivazione intensiva che viene effettuata in Trentino “Non più sostenibile in un territorio così fortemente antropizzato, abbiamo trovato pesticidi nei fiumi e persino nei ghiacciai – denuncia il portavoce del comitato – la tossicità ha raggiunto livelli critici”.

 

Inoltre, sempre stando a quanto afferma Giuliani, l’agricoltura è entrata in crisi e non rappresenta più un settore trainante: “Serve una ripartenza con un modello nuovo che ci permetta di spingere nuovamente verso un futuro di crescita sostenibile, e che punti alla diminuzione della tossicità”.

 

Ma la riduzione della tossicità, con il conseguente miglioramento della qualità della vita, non è l’unico obiettivo del Distretto, il biologico appunto porterebbe alla nascita di un comparto agroalimentare più forte in grado di aumentare l’offerta di lavoro con importanti benefici per lo sviluppo economico della provincia.

 

“Il distretto non deve far paura perché c’è spazio per tutti – affermano i promotori – sicuramente ci sarà da lavorare sulla mentalità degli agricoltori e degli allevatori trentini, per raggiungere un cambiamento culturale ma ognuno avrà il tempo di adattarsi a questo cambiamento che non avverrà da un giorno all’altro ma nel giro di alcuni anni”.

 

Costruire culturalmente l’immagine del distretto biologico sarà un passaggio fondamentale, non solo per convincere i dubbiosi, ma anche per produrre una sinergia fra agricoltura, allevamento e turismo: “Il Trentino potrebbe diventare un modello a livello europeo di crescita sostenibile – conclude Giuliani – sapendo che stiamo costruendo un futuro migliore per i nostri figli, gli esperti ci dicono che entro 15 anni il clima, al di sotto dei 2000 metri, subirà dei mutamenti con un incremento delle temperature, dobbiamo essere pronti e distretto biologico può essere la chiave per reagire a questi cambiamenti”. 

 

Come dicevamo, ora una commissione dovrà esprimersi sull’ammissibilità del quesito, il parere dovrebbe arrivare entro la fine di luglio, ma da questo lato i promotori si sentono ottimisti. Il vero scoglio saranno le 8000 firme da raccogliere in soli tre mesi e il quorum, fissato al 50% più uno degli aventi diritto. Dopodiché, in caso di esito positivo del referendum, la giunta e consiglio provinciale saranno tenuti ad adottare entro tre mesi le iniziative e i provvedimenti per consentire l'attuazione del risultato.

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