A Trento per 38 giorni superati i limiti di ozono, Bolzano fa meglio. Il report di Legambiente ''bastona'' Brescia e Monza
Il report del dossier "Mal'aria" che analizza i dati riguardanti polveri sottili e ozono troposferico, cioè l'inquinamento nell'aria. Nel 2018 sono stati superati i limiti giornalieri previsti per le polveri sottili o per l’ozono (35 giorni per il Pm10 e 25 per l’ozono) in ben 55 capoluoghi di provincia italiani

TRENTO. La qualità dell'aria a Trento si mantiene a buoni livelli, anche se per 38 giorni si è registrato il superamento del limite dell'Ozono. Bolzano fa meglio, solo 26 giorni e fanalino di coda, insieme a Enna e Agrigento, della classifica di Legambiente. Sono Brescia, Lodi e Monza a confezionare il podio delle città meno virtuose.
Questo è in estrema sintesi il report del dossier "Mal'aria" che analizza i dati riguardanti polveri sottili e ozono troposferico, cioè l'inquinamento nell'aria. Nel 2018 sono stati superati i limiti giornalieri previsti per le polveri sottili o per l’ozono (35 giorni per il Pm10 e 25 per l’ozono) in ben 55 capoluoghi di provincia italiani.

Le cause principali? "Traffico, riscaldamento domestico, industrie e alcune pratiche agricole. Troppe automobili private, se ne contano 38 milioni e coprono complessivamente il 65,3% degli spostamenti, troppe caldaie di vecchia generazione nelle città", questa la sentenza nel dossier, costituito da ben 29 pagine, targato Legambiente.
Ogni stagione ha la sua problematica, in estate l'ozono troposferico, mentre in inverno le polveri sottili. Una criticità che ha portato la Commissione europea a deferire l'Italia alla Corte di giustizia europea per il mancato rispetto dei valori limite degli inquinanti presenti nell'aria, ma soprattutto per non aver trovato le contromisure necessarie per limitare l'inquinamento.
Una classifica guidata da Brescia con 150 giorni (47 per il Pm10 e 103 per l’ozono), quindi Lodi con 149 (78 per il Pm10 e 71 per l’ozono) e Monza (140) completano il podio. A seguire ecco Venezia (139), Alessandria (136), Milano (135), Torino (134), Padova (130), Bergamo (127), Cremona (127) e Rovigo (121).

Il report mette in luce che tutte le città sono accomunate "dall’assenza, ormai non più sostenibile - si legge - di misure strutturali capaci di abbattere drasticamente le concentrazioni di inquinamento presenti e, di conseguenza, di riportare l’aria a livelli qualitativamente accettabili. Nel nostro Paese continua a pesare enormemente la mancanza di una efficace strategia antismog".
Un altro punto dolente è l'estensione in chilometri della rete infrastrutturale su binario, anche rispetto ai principali Paesi dell'Unione europea. "E così sono i bus il principale mezzo di trasporto collettivo - c'è scritto nel dossier - in Italia assorbono una quota di traffico del 64%, più che doppia rispetto a quella tedesca e inglese dove invece la mobilità nelle aree metropolitane è garantita prioritariamente dal ferro".
Secondo i dati di Ispra gli autobus con standard emissivi inferiori all’Euro4 corrispondono ancora al 55% del parco mezzi circolante totale. Nonostante sia in crescita la percentuale di mezzi con performance emissive migliori (il 13,4% del totale risponde agli standard Euro6), i Comuni stanno ancora investendo in mezzi alimentati con fonti fossili - quindi inquinanti - invece di investire in mezzi a emissioni nulle come quelli elettrici.
Inoltre il trasporto pubblico locale in Italia è in larga parte dipendente dalla contribuzione pubblica: la vendita di biglietti e abbonamenti copre appena il 30% dei costi (il 33% in meno rispetto ai livelli europei) e alle imprese nazionali servono in media 2,19 €/km di contributi per lo svolgimento del servizio, mentre in Regno Unito e Germania sono sufficienti 1,21 €/km e 1,67 €/km.
La dotazione di metropolitane nelle città italiane continua a mostrare un gap importante rispetto alle altre città europee. Nel nostro Paese sono in esercizio 250 chilometri di metropolitane, estensione paragonabile a quella di singole città europee come Madrid (291,5), Londra (464,2), Parigi (221,5) e Berlino (147,5), tutte impegnate in importanti progetti di sviluppo per aumentare il numero di persone trasportate.
Numeri e statistiche che si traducono inevitabilmente in perdita di attrattività verso i cittadini: il trasporto pubblico locale, secondo i dati Ispra, nel 2016 “ha registrato nei Comuni capoluogo di Provincia una riduzione della domanda rispetto all’anno precedente, da circa 187 passeggeri per abitante a 185, ma il trend è in atto già dal 2011 dove il valore dell’indicatore di domanda era pari a 217 passeggeri per abitante”.
Il confronto dei dati nel periodo 2011/2016 mostra come il numero di passeggeri annui sia diminuito costantemente con una riduzione di circa l’11% rispetto al 2011, cioè si è registrato un calo di 434,5 milioni di passeggeri all’anno che non hanno voluto usufruire più del trasporto pubblico.
Per colmare il gap con gli altri grandi Paesi europei in Italia si dovrebbero realizzare 35 chilometri di nuove metropolitane all’anno fino al 2030. Ed è per questa ragione che serve un progetto che da ora al 2030 consenta di realizzare linee metropolitane, tram, passanti ferroviari capaci di aumentare l’offerta di trasporto sostenibile nelle aree del Paese dove si concentra la maggiore densità di popolazione.
Il problema è che siamo ben lontani da questo obiettivo. Nel 2017 in Italia sono stati realizzati soli 3,1 nuovi chilometri di linee metropolitane grazie agli sforzi per l’apertura della nuova tratta a Catania e nessuna nuova linea di tram (fig.2). E anche il futuro è avaro di cantieri e finanziamenti a queste fondamentali infrastrutture per la mobilità collettiva.
Ma prima dei danni economici, bisogna fare i conti con quelli per la salute: "Le conseguenze per le persone esposte frequentemente alle alte concentrazioni di questi inquinanti, da un punto di vista sanitario, sono problemi di tipo cardiocircolatorio e respiratorio che, per alcuni soggetti particolarmente sensibili come anziani e bambini, possono portare anche alla morte", conclude Legambiente.