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Per battere le gelate (sempre più frequenti)? Irrigazione antibrina sovrachioma e nuove tecniche. Alla giornata frutticola l'agricoltura si racconta

Quello delle gelate tardive, assieme alla qualità dei suoli della Val di Non (a rischio per la monocultura) e alla situazione degli scopazzi del melo è stato uno degli argomenti trattati a Cles

Pubblicato il - 15 febbraio 2018 - 16:26

TRENTO. Sono aumentate le gelate nell'ultimo decennio e le conseguenze sono peggiorate rispetto al passato anche a causa dell'aumento delle temperature. Lo ha certificato anche la Fondazione Mach che ha presentato davanti a quattrocento frutticoltori a Cles la 21esima edizione della giornata frutticola organizzata in collaborazione con il Consorzio Melinda e Apot. Quello delle gelate tardive, assieme alla qualità dei suoli della Val di Non e alla situazione degli scopazzi del melo è stato uno degli argomenti trattati. 

 

Nello specifico la Fem ha osservato i dati relativi alle gelate più importanti, dal 1995 al 2017, rilevati in zona collinare, sottolineando l'avvenuto aumento della frequenza nell’ultimo decennio rispetto a quello precedente (2012 – 2016 – 2017 tre annate con danni da gelo anche se di entità diversa). Il tutto, è stato spiegato, risulta essere in linea con i cambiamenti climatici che vedono un aumento delle temperature, di circa 2 gradi nell’ultimo trentennio. Un aumento che calato nel contesto primaverile provoca un anticipo della fioritura che rappresenta la fase più a rischio.

 

La gelata del 21 aprile 2017 si è verificata quando la fioritura era già terminata da qualche giorno nelle zone situate nella bassa e media Valle, ma anche nelle fasce più alte era pressoché ultimata e in questo modo è stato compromesso non solo la quantità del raccolto, ma anche la sua qualità. I tecnici hanno spiegato che l’irrigazione antibrina sovrachioma si conferma il metodo più efficacie, ma richiedendo la disponibilità di elevate quantità di acqua, non è certo possibile proporne l’estensione su tutte le superfici soggette ad elevato rischio di gelata. Ecco allora l'attenzione della ricerca e della sperimentazione verso altre interessanti modalità di utilizzo dell’acqua, meno dispendiose, quali l’irrigazione sottochioma oppure quella sovrachioma localizzata solo sul filare delle piante, già in uso in alcune realtà. Sono stati illustrati anche metodi di difesa attiva che non utilizzano l’acqua come ventole per rimescolare l’aria, macchine che producono calore, accensione di candele.

 

Per quanto riguarda la qualità biologica dei suoli Andrea Cristoforetti ha analizzato il caso della Val di Non: questi terreni ospitano da decenni la monocoltura del melo con interventi che potrebbero influenzare la biologia del suolo, come il compattamento per il passaggio con mezzi meccanici, le lavorazioni e i trattamenti fitosanitari e diserbanti. Al fine di verificare il livello della qualità biologica dei suoli frutticoli è stata condotta un’indagine sfruttando una particolare caratteristica degli animali sotterranei, soprattutto gli invertebrati, che interagiscono continuamente con l’ambiente che li circonda “registrandone” ogni alterazione e sono quindi indicatori attendibili delle variazioni delle condizioni naturali del suolo.

 

Prelevando campioni di terreno e verificando la presenza in essi dei diversi gruppi di invertebrati, connotati da differente qualità, è possibile attribuire ad un suolo un punteggio che esprime il suo livello di biodiversità e in termini più generali la sua qualità biologica. L’indagine condotta dalla Fem, articolata su due anni, ha interessato 36 frutteti rappresentativi delle tipologie di suolo della Valle ed ha visto il prelievo e l’analisi di centinaia di campioni applicando diversi indici. I risultati ottenuti indicano nel complesso un buon livello di biodiversità e di qualità biologica dei suoli indagati; nei campioni di terreno prelevati lungo il filare sono stati rilevati in media indici di qualità del suolo migliori rispetto all’interfilare.

 

Infine vi è il tema degli scopazzi del melo. Maurizio Chini, Damiano Flaim, Mattia Zaffoni hanno illustrato i risultati dei monitoraggi eseguiti negli ultimi anni. Dai monitoraggi effettuati si rileva che la situazione nelle Valli del Noce è nel complesso stabile, tuttavia deve rimanere alta l’attenzione da parte dei frutticoltori per evitare che la malattia possa diffondersi in modo grave come successo negli anni duemila. In Val di Non i monitoraggi eseguiti negli ultimi 7- 8 anni hanno rilevato percentuali medie di piante con scopazzi che si attestano attorno allo 0,2-0,4%; le situazioni più problematiche in generale si rilevano nelle zone frutticole dell’alta Valle.

 
All’interno di questo quadro complessivamente buono, sono stati però monitorati alcuni frutteti dove le percentuali di piante malate arrivano anche oltre il 20%-30%; questo si verifica soprattutto nei vecchi impianti e dove non viene fatta una completa e costante estirpazione delle piante sintomatiche. Tutti i rilievi eseguiti negli ultimi anni hanno evidenziato l’importanza di effettuare l’ estirpo delle piante sintomatiche, intervento che non sempre viene eseguito in maniera totale e corretta.

 

I tecnici hanno ribadito che solo attraverso una gestione corretta e responsabile della problematica (lotta ai vettori ed estirpazione delle piante sintomatiche), la malattia può essere affrontata e contenuta efficacemente riducendo al minimo i danni alle aziende frutticole. Per ottenere questo obiettivo è indispensabile che tutte le componenti del mondo frutticolo Trentino affrontino in modo responsabile e coordinato la problematica.

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