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Università a secco, il rettore: "La Provincia ci deve 200 milioni a causa del patto di stabilità"

L'ateneo è in credito rispetto all'amministrazione provinciale. I soldi ci sono, ma il patto di stabilità non consente alla giunta di ottemperare. Collini: "I risultati sono stati garantiti e siamo riusciti a trovare altre soluzioni" 

Paolo Collini, rettore dell'università di Trento
Di Luca Andreazza - 27 febbraio 2017 - 07:09

TRENTO. L'università vanta un credito nei confronti della Provincia di circa 200 milioni di euro e le casse dell'Ateneo in questo momento annaspano. "Siamo fiduciosi - commenta il rettore Paolo Collini - in quanto l'amministrazione ha predisposto un piano di rientro che avrà corso dal prossimo anno". Un versamento, compreso dei debiti pregressi, di circa 30 milioni all'anno, euro più euro meno la stessa cifra non pagata nell'ultimo quinquennio, da quando di fatto la delega dell'università è diventata provinciale. La Provincia si era impegnata infatti a versare all'ateneo almeno 30 milioni, in aggiunta agli 80 milioni fino a quel momento di matrice romana.

 

Piazza Dante non è riuscita a mantenere gli obblighi della delega per il finanziamento dell’università: "L'ateneo è tranquillo - dice - in quanto queste cifre sono largamente garantite e concordate. Il meccanismo si è bloccato per il patto di stabilità: i soldi sono nelle casse della Provincia che però non può versarli per una questione puramente tecnica. Questo vincolo nel 2018 viene meno e i trasferimenti saranno onorati". L'amministrazione ha indicato di avere ingenti disponibilità liquide, oltre 600 milioni di euro, attualmente bloccate dai vincoli di cassa.

 

Gli stanziamenti a bilancio sono sempre stati regolari, seppur in diminuzione progressiva, ma i soldi non sono mai stati bonificati. Le mancate erogazioni provinciali, al netto della quota edilizia e premiali, sono state di 54 milioni e 584.392 euro nel 2011 (importo condizionato da residui di anni precedenti ex accordo di programma, ndr), di 54 milioni e 45.016 euro nel 2012, di 25 milioni e 967.188 euro nel 2013, di 33 milioni e 727.673 euro nel 2014, nel 2015 di 13 milioni e 633.369 euro nel 2015 e di 3 milioni e 509.600 euro nel 2016.  

 

"Negli ultimi 15 anni - prosegue il rettore - la Provincia ha fornito un grande sostegno, senza dimenticare la disponibilità di ingenti residui di cassa e il ricorso ad altri sistemi di autofinanziamento, come i progetti dell'Unione europea e le premialità. La regolare attività dell'ateneo è comunque sempre stata garantita esprimendosi a standard di alto livello".

 

La cassa boccheggia, ma i brillanti risultati infatti certificano l'ottimo lavoro svolto dall'ateneo, capace di posizionarsi sul gradino più alto fra le statali e strappare quattro podi nella ricerca nelle relazioni Anvur, senza dimenticare il secondo posto nel report del Sole24Ore e il rendimento sempre più vicino ai migliori istituti speciali. A questo si possono aggiungere le recenti inaugurazioni della nuova facoltà di lettere e della Buc. Insomma l'università è in apnea, ma in salute.

 

Uno stato di salute ottimo, come sottolineato nella lettera circolare inviata alla comunità universitaria, dove il rettore Paolo Collini ha preso in esame anche i dati dell’ufficio personale dell’ateneo, dove dal 2011 al 2016 ci sono state 159 nuove assunzioni, 55 delle quali nel 2016, rispetto alle 119 cessazioni. L’incremento è stato quindi di 38 unità, 29 delle quali dovute al saldo attivo 2016, con un aumento dell’organico del 7%, in controtendenza al -9% delle università statali.

 

"Il credito dell’università nei confronti della Provincia - conclude Collini - non ha influenzato i piani di reclutamento, le spese per la didattica, la ricerca o la manutenzione. Certo, la situazione è da monitorare per non farsi cogliere impreparati, ma non deve neppure creare allarmismi ingiustificati o strumentali: le relazioni con le amministrazioni comunali e provinciali sono ottime”.

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