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“Innovazione e conoscenza, la chiave dei prossimi anni”. Enrico Letta "inaugura" l’anno accademico di UniTn. Il rettore Deflorian: “La priorità è il piano edilizio”  

Dal palco del Teatro Sociale di Trento il messaggio del rettore Flavio Deflorian alla comunità trentina in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico 2024-25. La cerimonia, dedicata al tema dell’internazionalizzazione dell’Ateneo, ha visto come ospite d’onore Enrico Letta, presidente dell’Istituto Jacques Delors 

(foto Paolo Pedrotti - UniTn)
(foto Paolo Pedrotti - UniTn)
Pubblicato il - 27 novembre 2024 - 11:01

TRENTO. Ha ruotato intorno al tema dell’internazionalizzazione dell’Università di Trento e del ruolo degli atenei come promotori di conoscenza, apertura e dialogo nel difficile contesto geopolitico attuale, il discorso del rettore dell’Ateneo di Trento Flavio Deflorian pronunciato in apertura della cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico 2024/25.

 

L’evento si è svolto al Teatro Sociale di Trento. All’indomani del 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza di genere, il corteo accademico ha sfilato sulle note del Gaudeamus Igitur con un fiocco rosso sulla toga a sostegno della campagna di sensibilizzazione per l'eliminazione della violenza contro le donne.

 

All’inizio del suo intervento, il rettore ha tracciato un bilancio dei risultati ottenuti nel 2024, anno che segna metà del suo mandato. A cominciare dall’accordo raggiunto sull’adeguamento della quota base di Ateneo, frutto dell’accordo tra ministeri e Provincia. Ha ripercorso i passi decisivi compiuti per il progetto di medicina: l’istituzione a marzo della Scuola di Medicina e Chirurgia in collaborazione con l’Università di Verona; l’attivazione delle prime tre scuole di specialità a Trento; la legge provinciale in fase di discussione che istituisce l’Azienda sanitaria universitaria integrata del Trentino.

 

Poi il capitolo dedicato alla ricerca. “Ci sarebbe davvero molto da dire. Mi limiterò a riportare un dato che ci rende orgogliosi: nel 2024 Trento è tra le prime dieci università e politecnici italiani per totale di finanziamenti europei concessi nell’ambito di Horizon Europe. Ed è al nono posto per numero di Grant Erc”.

 

Il rettore ha poi rivolto uno sguardo al domani, alle altre sfide da realizzare. “La nostra priorità in questo momento – ha detto – è il piano edilizio, che la legge delega mette in capo alla Provincia autonoma di Trento. Abbiamo bisogno di un piano che ci consenta di programmare investimenti infrastrutturali per completare le opere già avviate e in questo caso penso all’ex Cte e al compendio dell’ex Manifattura Tabacchi. Abbiamo bisogno di nuovi spazi adeguati, per crescere e rafforzarci – ha aggiunto -; occorre agire con rapidità sulla nuova sede per Medicina”.

 

Il rettore ha poi approfondito il tema delle tensioni geopolitiche e della funzione delle università per contribuire al processo di integrazione e di pace tra le persone e i popoli. “I conflitti in corso, insieme alla crisi dei processi multilaterali e di integrazione internazionale, suscitano in tutti noi una profonda preoccupazione sia nella società sia all’interno della nostra comunità accademica, in particolare tra i giovani. In parallelo, osserviamo una crescente diffusione di atteggiamenti isolazionisti, nazionalisti e populisti. Questi fenomeni alimentano chiusure ideologiche e indeboliscono la coesione, sia tra gli Stati sia all'interno delle singole società. Le università hanno una responsabilità importante, che è quella di offrire un modello di rispetto e collaborazione internazionale da applicare anche in altri campi. Possono dimostrare che si può pensare e agire diversamente, perché la conoscenza, non ha confini. È un ponte che unisce culture e persone, proprio come lo sport, la musica e l'arte in generale”.

 

Un confronto, che seppur vivace e talvolta acceso, anche negli organi di governo dell’Ateneo stesso, non deve sfociare in alcuna forma di violenza: “La diversità di opinioni è la nostra forza e il dialogo il nostro metodo. E questo vale a Trento come in tutte le Università d’Europa e del mondo, con le quali condividiamo i medesimi obiettivi, strutture simili e principi comuni". Non è mancata da parte del rettore una sottolineatura: "Noi continueremo a lavorare per un futuro di cooperazione fra i popoli, utilizzando i nostri strumenti: la ricerca, lo studio e le collaborazioni accademiche. Noi non operiamo con i governi, democratici o dittatoriali che siano ma con le istituzioni universitarie. E lo facciamo perché anche nei luoghi più difficili, dove c’è la guerra o dove le libertà fondamentali sono messe in pericolo, esse rimangano presidio e seme di uno sviluppo umano per tutti. Per questo le nostre collaborazioni con università ed enti di ricerca non si interrompono. Noi abbiamo la responsabilità di contribuire a formare le nuove generazioni attraverso la costruzione di relazioni sane fra persone, poiché queste costituiscono la base dei rapporti tra i popoli e, in ultima analisi, tra le nazioni”.

 

Dopo gli interventi di Gianmarco Ruvolo, rappresentante studentesco in Senato accademico e di Grazia Callovini, responsabile della Divisione relazioni internazionali, ha preso la parola anche il nuovo presidente del Consiglio di amministrazione, Franco Bernabè, alla prima uscita pubblica nel suo nuovo incarico e alla sua prima inaugurazione di un anno accademico.

 

Aprendo il suo intervento ha rievocato gli anni in cui studiava all’Università di Torino. “Nel 1968 quando mi sono iscritto non c’era molta voglia di fare cerimonie. I professori e i rappresentanti delle istituzioni evitavano in tutti i modi di farsi vedere per non subire contestazioni. Nonostante questo, il periodo passato all’Università resta il più importante e formativo della mia vita. Nel quale ho acquisito gli strumenti intellettuali e caratteriali che mi hanno guidato nella vita”. Ripensando all’esperienza di quegli anni e ai rapporti umani e professionali che lo hanno accompagnato finora, ha ricordato l’ex rettore dell’Ateneo trentino Massimo Egidi. “Tra i professori che insegnavano al corso di laurea in Economia politica – le sue parole – c’era un giovane docente che era appena arrivato dagli Stati Uniti e aveva un incarico di insegnamento di Econometria. Il suo nome era Massimo Egidi e la materia che insegnava non era certo tra le più popolari in un periodo nel quale gli studenti rivendicavano gli esami di gruppo e il 30 politico. Ma lui dimostrò anche nel difficile contesto di allora una coerenza e un rigore che lo hanno accompagnato in tutta la sua vita”.

 

Un riferimento agli anni Sessanta e Settanta e alle proteste di allora che servono a Bernabè anche per ricollegarsi alla situazione contemporanea. “Oggi come allora c’è il rifiuto della guerra che motiva le proteste studentesche. Ieri era la guerra in Vietnam e oggi sono la guerra in Ucraina, l’attentato terroristico di Hamas e i massacri della popolazione civile nella striscia di Gaza”. Con una riflessione sulle sfide che in questo momento deve affrontare l’Università, il presidente antepone alla specializzazione orientata all’ingresso nel mondo del lavoro la creazione di una generazione di giovani abituati “alla profondità del sapere, al dubbio e al confronto”. Non è mancato un cenno alla capacità dell’Università di attrarre talenti a livello internazionale e alle risorse finanziarie per mantenere alta la qualità della ricerca. Con un paragone con gli Stati Uniti e in particolare con Harvard, che dispone di un patrimonio di 53 miliardi di dollari frutto di fondi individuali, legati e lasciti patrimoniali, l’Italia anche se “non dispone di patrimoni paragonabili a questi, può offrire un ambiente umano e intellettuale in grado di rappresentare un polo di attrazione. Occorre che anche il territorio con le sue imprese e il concorso di tutta la società civile contribuiscano al successo dell’Università”.

 

In chiusura della cerimonia il momento della prolusione di Enrico Letta, decano della School of politics, economics and global affairs della IE University di Madrid e presidente dell’Istituto Jacques Delors. Il suo discorso si è concentrato proprio sul tema dell’integrazione europea e del ruolo degli atenei italiani in questo processo. “L'università gioca un ruolo fondamentale per un motivo molto semplice: ciò che oggi ci fa essere più in ritardo rispetto agli Stati Uniti, alla Cina è l'investimento in ricerca, conoscenza, innovazione. Siamo indietro per tanti motivi, per la frammentazione del nostro sistema, perché gli investimenti privati sono troppo frammentati. Su temi come l'intelligenza artificiale, americani e cinesi vincono perché hanno grandissime capacità di investimento. Basta vedere cosa fa sullo spazio Elon Musk con investimenti privati. Noi in Europa purtroppo siamo divisi in 27 su questi temi e non siamo in grado di reggere”.

 

Quindi il tema delle risorse diventa di vitale importanza, come richiamato anche nel report sul futuro del mercato unico che gli è stato commissionato dal Consiglio europeo e dalla Commissione europea. Il documento si intitola “Molto più che un mercato”. “Gli investimenti sull'università, sull'innovazione e la conoscenza hanno fatto parte anche del cuore delle proposte del mio rapporto sul futuro del mercato unico europeo, con la proposta della cosiddetta quinta libertà. Oltre alle quattro libertà tipiche del mercato unico - beni, servizi, capitali e persone – la quinta libertà, quella dell’innovazione e della conoscenza, è la chiave dei prossimi cinque anni. Sono ottimista – sono ancora le sue parole – perché ho visto che l'ultima conclusione del Consiglio europeo di Budapest di due settimane fa ha messo la proposta della quinta libertà come una proposta che tutti i 27 Paesi europei hanno preso come tale. Spero che questa sia veramente la grande impronta che daremo a questa legislatura europea”.

 

La cerimonia è stata accompagnata dalla Corale polifonica e Orchestra UniTrento, diretta dal professor Marco Gozzi. La corale è composta da studenti e studentesse, docenti e personale dell’Università di Trento.

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