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Revenge porn, fenomeno in aumento: "Con la pandemia aumentato tra le coppie il sexting e cambiato il modo di esplorare la propria sessualità"

Il progetto Creep, condotto dall'Università di Bolzano, approfondisce il tema del Revenge porn, il reato riconosciuto nel 2019, commesso da chi condivide illecitamente immagini o video sessualmente espliciti di persone non consenzienti alla diffusione. Brighi: “Il fenomeno si è acuito nel corso della pandemia perché c’è stato un ricorso più intenso alla pratica del ‘sexting’, all'interno delle coppie e non solo”

Di Francesca Cristoforetti - 17 febbraio 2022 - 21:45

TRENTO. "Aver riconosciuto il revenge porn come reato, anche se da poco tempo, è un forte messaggio culturale”. Sostiene questo Antonella Brighi, docente di psicologia dell’educazione e dell’apprendimento per l’infanzia e l’adolescenza dell’Università di Bolzano e promotrice del progetto Creep(“Trust me, it’s only for me”. Criminalizing “Revenge Porn?”), nato nel 2019, che si propone di approfondire il tema della divulgazione non consensuale di immagini intime o sessualmente esplicite in vista di una sua eventuale criminalizzazione in forma specifica. "Il reato - aggiunge - consiste nel condividere senza consenso questo tipo di materiale che è legittimo scambiarsi all'interno di un rapporto di fiducia. È ancora lunga la strada da fare, perché ancora si parte dai pregiudizi nei confronti della vittima".

 

Il reato di revenge porn è stato riconosciuto nel 2019 con il "Codice Rosso", viene commesso da chi diffonde illecitamente immagini o video sessualmente espliciti di persone non consenzienti alla condivisione. “Il fenomeno si è acuito nel corso della pandemia – sostiene Brighi – perché c’è stato un ricorso più intenso alla pratica del ‘sexting’, all'interno delle coppie e non solo. Questo però porta con sé anche una serie di minacce legate a un uso improprio di queste immagini, che non sono più soltanto di proprietà della persona che le ha scattate”. La pandemia ha infatti portato a una “coabitazione forzata delle donne con i partner violenti. Tra le varie forme di abuso può essere aumentata la pressione per ottenere immagini intime". D'altro canto lo stesso problema si può presentare all'interno di "relazioni già avviate che sono state portate avanti anche online”.

 

Creep è un “progetto interdisciplinare tra colleghi di facoltà diverse dell’Università di Bolzano” e studiosi stranieri (delle Università di Cambridge, Innsbruck e Adelaide), ma anche attori del territorio locale come la polizia postale del Trentino-Alto Adige, il Centro antiviolenza per donne in situazione di abuso di Trento, l’Associazione Gea per la solidarietà femminile contro la violenza e l’Euregio Platform on Human Dignity and Human Rights.

 

I risultati della ricerca aspirano ad avere riflessi sul piano pratico. “Eravamo stati chiamati – prosegue Brighi – anche dalle deputate Laura Boldrini e Mara Carfagna per fare delle proposte concrete”. I membri del progetto hanno quindi già avviato un dialogo con il legislatore per contribuire all’iter legislativo di criminalizzazione della pornografia non consensuale e si propongono di attuare un’articolata opera di sensibilizzazione sul territorio.

 

Creep sta ancora raccogliendo i dati attraverso un questionario aperto a tutti e a tutte, (Qui). “Da una prima analisi descrittiva – sostiene Brighi – il campione è per la maggior parte composto da donne, che sono molto più spesso vittime, mentre hanno risposto soltanto un 20 percento di uomini, per questo stiamo cercando di ampliare il bacino”.

 

Il sexting, cioè l’invio di testi e immagini sessualmente espliciti, “avviene attraverso le nuove tecnologie in maniera più o meno disinibita, ma le donne sono più propense a subirlo”. Secondo la docente, ci sarebbe un “forte legame con la violenza domestica nelle relazioni di coppia, che si riversa quindi non solo online e nella maggior parte dei casi chi ha questi comportamenti sono partner o ex partner”. Le vittime “sono in maggioranza soggetti compresi tra i 18 e i 45-50 anni”.

 

La violenza psicologica ha delle ripercussioni pesantissime: “La vittima – sostiene l'esperta – oltre a essere colpevolizzata, a prescindere prova forti sensi di colpa e questo è sbagliatissimo. A tutto questo spesso si aggiunge anche lo stigma sociale”. La sensazione più forte è la “vergogna di essere esposti al giudizio degli altri e alla riprovazione sociale”. Questo può avere serie conseguenze, “dal sentirsi inadeguati al suicidio, oltre che esserci spesso un allontanamento”.

 

Con l’avvento di internet e delle nuove tecnologie, “è cambiato il modo di esplorare la propria sessualità, ma bisogna prendere delle precauzioni per esempio cercare di non essere riconoscibili”. È importante portare avanti iniziative di sensibilizzazione, perché “spesso soprattutto tra i più giovani divulgare questo tipo di materiale non è percepito come reato”. Anche chi lo inoltra "senza essere il primo divulgatore è reo, così come essere spettatori di un certo tipo di messaggio non significa essere neutrali”.

 

Aumenta però anche il “silenzio da parte delle famiglie che degli adolescenti che su internet trovano informazioni sul sesso - conclude - ma forme disgiunte dalla relazione affettiva. Bisogna rafforzare discorso educazione alla sessualità”.

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